A Parigi l’addio a Daniel
C’erano più di 2000 persone, ieri pomeriggio, a salutare Daniel Bensaid in una sala della Mutualité riempita di militanti di ogni generazione, latitudine e percorso politico. Sala della Mutualité, luogo particolarmente appropriato per ricordare un compagno e un amico che da quella tribuna ha spiegato Marx e spinto all’impegno politico in un’infinità di occasioni, dal ’68 in poi.
Ad aprire il fiume dei ricordi e delle promesse di continuer le combat un Alain Krivine commosso che ha disegnato il percorso politico del compagno di una vita militante, dalle barricate della Rue Guy Lussac alla lunga traversata degli anni ’80 e dell’apologia della fine della storia, dalla costruzione paziente di un’organizzazione politica che ha segnato la storia della sinistra francese (la Jcr prima, la Lcr poi fino al Npa di oggi) all’istancabile impegno internazionalista che lo ha portato fino a Porto Alegre o al Forum sociale di Firenze. E la combinazione, in Daniel, della ricerca teorica e filosofica con l’impegno militante e l’internità ad un collettivo politico che non ha mai abbandonato, ha tracciato un filo comune tra la maggior parte degli interventi che si sono susseguiti per l’intero pomeriggio, inframezzati dalle poesie di Serge Pey, dalla musica di una giovane studentessa di Paris VIII e dalla proiezione di un filmintervista con Daniel.
L’internazionalismo di Bensaid, praticato anche con un impegno costante nelle istanze di direzione della IV internazionale (come ha ricordato Francois Sabado) ha portato sul palco il racconto struggente dell’accoglienza e del sostegno, in primo luogo umano, dato ai rifugiati cileni fatto da Carmen Castillo, oggi cineasta, all’epoca militante del Mir e compagna di uno dei suoi massimi dirigenti, Miguel Enriquez, morto sotto i colpi dei carabineros. Lo stesso internazionalismo militante che ha contraddistinto l’impegno di Daniel nel sostegno alla costruzione della Lcr spagnola nella clandestinità della lotta antifranchista, come ha ricordato Miguel Romero, storico dirigente di quella organizzazione. Romero, però, ha anche sottolineato come “el Bénsa” (come lo chiamano gli amici spagnoli) ha rappresentato, straordinariamente, un punto di riferimento tanto per la sua generazione militante quanto per i giovani che, oggi nello Stato Spagnolo, stanno ricostruendo faticosamente una sinistra anticapitalista nuova. Daniel e i giovani, quindi, è stato un passaggio dei ricordi messi in comune ieri pomeriggio e che ha ripreso anche Flavia D’Angeli (di Sinistra Critica), ricordando la voglia e la passione che metteva Daniel nei suoi, innumerevoli, interventi ai campi della IV quando si presentava, seduto sul prato, con le sue scarpe da tennis e il sorriso aperto, a discussioni infinite sugli argomenti più vari.
E poi, certo, Daniel filosofo e ricercatore instancabile, comunista eretico, come ha detto Michael Lowy, più figlio della Comune di Parigi che dell’inverno russo, che ha dedicato tanta parte della sua intelligenza alla riscoperta, affatto dogmatica ma viva e feconda, di Marx e della sua critica irriducibile del sistema capitalistico. Un Edwy Plenel – già direttore di Le Monde, oggi presidente di Mediapart, giornale online – quasi in lacrime ha tracciato l’ennesimo “paradosso bensaidiano” notando come proprio con l’avanzare della malattia, Daniel abbia ingaggiato una sorta di corsa contro il tempo inondandoci di libri e di riflessioni teoriche, lasciandoci almeno alcune chiavi con cui provare ad aprire le porte chiuse che sbarrano la strada della costruzione di un altra società, della rivoluzione.
Daniel rivoluzionario, quindi, che ha sempre pensato e detto che l’impegno politico nasce in prima istanza alla rivolta, da un moto dell’anima più che dalla lucidità della mente, dall’insopportabilità delle ingiustizie, e che solo dopo la teoria e l’analisi, puntuale, lenta, radicale, giunge e sostanziare e sostenere la rivolta. Per questo, in fondo, Daniel non solo non è mai passato dall’altra parte della barricata, come tanti (anche in Italia) hanno fatto, ma non ha neanche mai smesso di partecipare alla costruzione di un percorso politico collettivo che lo ha portato, tra i più convinti, a prender parte con entusiasmo alla nascita del Npa. Il suo impegno politico non è mai stato un vezzo intellettuale né una vocazione monastica e triste, tutt’altro. Nato alla politica in un bistrot frequentato dagli operai comunisti di Tolosa e dai rifugiati della guerra di Spagna, ha sempre detto e scritto che il suo partito è quello “des fleus et des rossignols” (dei fiori e degli usignoli). “Per Daniel – concluso la serata Olivier Besancenot – “militare è il contrario di una passione triste ma un’esperienza gioiosa, malgrado i suoi brutti momenti”.
Bensaid mancherà molto e a molti. Mancherà la sua intelligenza, la sua capacità di far capire, con una battuta, le argomentazioni più complesse. Mancherà il suo sorriso e la sua allegria contagiosa. Mancherà la fermezza delle sue convinzioni e la disponibilità a discutere con tutti di tutto. Ma la sala della Mutualité ieri ha anche detto che possiamo solo continuare quello che, insieme, abbiamo sempre fatto. Lottare per l’emancipazione del genere umano.