«A Riace l’assemblea nazionale antirazzista»
Le compagne e i compagni della Rete Migranti di Reggio Calabria, alla luce di quanto accaduto e continua ad accadere, chiedono alla Rete Antirazzista di dare un forte segnale di solidarietà a questo territorio ed a quanti in questi anni si sono battuti, e continuano a farlo, contro l’arroganza mafiosa, xenofoba e fascista.
Dopo le pesanti giornate di Rosarno la situazione non è migliorata. Quella che è stata definita la “deportazione degli africani” è stata da noi intesa come estrema e necessaria soluzione, al fine di tutelare i nostri fratelli africani che hanno rischiato, fino al momento della loro presenza, il linciaggio a causa della violenta “caccia al negro” scatenatasi.
La questione dei migranti nel nostro Paese, e non solo in Calabria, diviene oggi ancora più grave e pericolosa, alla luce soprattutto delle ultime prese di posizione del Ministro Maroni che annuncia, senza mezzi termini, vere e proprie esportazioni di massa.
Temiamo fortemente il rischio che il “metodo Rosarno” diventi un precedente per consentire, o peggio ancora legittimare, ulteriori derive populiste con altre provocazioni e conseguenti “ripristini della normalità con ogni mezzo”.
Questa circostanza, inoltre, sta costituendo un’apertura per le culture e le forze xenofobe e fasciste che si stanno facendo spazio tentando di cavalcare l’ondata di malessere e panico che si è creata.
Oggi che la “caccia al negro” è finita, considerato che gli unici stranieri rimasti a Rosarno sono di “razza bianca”, si è aperta una nuova ondata di “caccia all’amico dei negri”. La posizione della cittadinanza, dichiarata anche con l’ultima manifestazione spontanea, non è altro che un ribadire il NO all’etichettamento di Rosarno città mafiosa e fascista. Cosa ben diversa dal prendere posizione in favore di una politica dell’accoglienza, della tolleranza e dell’integrazione.
Siamo certi, purtroppo, che in questo momento non ci siano le condizioni per effettuare qualunque tipo di iniziativa pubblica a Rosarno che non sia, invece, vissuta dalla popolazione come un intervento estraneo al territorio ed alla sua cittadinanza. Anzi, siamo convinti che una qualunque forzatura in questo senso possa seriamente compromettere una ripresa del lavoro in questo territorio.
Non senza rabbia, ma dopo una seria riflessione su quanto vissuto, siamo arrivati alla conclusione che sia giunto il momento di mettere da parte le “nostre esigenze” in favore di quelle dei migranti africani e del territorio stesso.
È per tutti questi motivi che chiediamo alla Rete Antirazzista lo sforzo di dare un segnale forte e, consapevoli delle grandi difficoltà logistiche che si incontrano nel raggiungere il nostro territorio, di spostare l’assemblea nazionale del 24 gennaio da Roma a Riace. Data la disponibilità del Sindaco Lucano ma, soprattutto, dato il grande significato che questa esperienza rappresenta per tutto il movimento antirazzista. Ricordiamo che proprio qui sono stati accolti, o lo saranno non appena dimessi, i pochi superstiti della mattanza di Rosarno.
Scegliere la Calabria, in questo momento di seria difficoltà per le nostre realtà, consentirebbe oltretutto un’occasione per partecipare in modo ampio ad un confronto e ad una riflessione collettiva.
Reggio Calabria 11.01.2010
Coordinamento per lo sciopero del lavoro migrante in Italia
Qualche giorno fa noi, migranti e italiani, uomini e donne appartenenti ai coordinamenti, collettivi e reti di Bari, Bologna, Brescia, Mantova e basso mantovano, Milano, Padova, Roma, Torino abbiamo dichiarato di sostenere nei prossimi mesi la campagna politica per l’organizzazione anche in Italia dello sciopero delle migranti e dei migranti.
Negli stessi giorni nella Piana di Gioia Tauro è diventato realtà il sogno del leghista Gentilini di fare dei migranti “lepri a cui sparare”. La strage di Castel Volturno del settembre 2008 ci ricorda che non è la prima volta. Allora come oggi i migranti non hanno ceduto al ricatto e alla minaccia, ma di fronte alla violenza armata è stata loro offerta solo la fuga. Chi ha invocato l’intervento dello Stato ha avuto una risposta pronta: i migranti di Rosarno sono stati deportati in massa, mentre un ministro razzista, “cattivo” e coerente ora organizza l’espulsione degli sfruttati.
Nell’era del “pacchetto sicurezza”, in Italia si è aperta la caccia al migrante che alza la voce. Rosarno non è un puro frutto della criminalità: la violenza della ‘ndrangheta si è nutrita negli anni della legge Bossi-Fini e delle connivenze dello Stato. A tutto questo, il razzismo ormai diffuso ha fatto da perfetta cornice. Un razzismo istituzionale coltivato nel tempo e che oggi esplode di fronte alla crisi. Ma non dovrebbero essere necessari i morti ammazzati di Castel Volturno e i feriti di Rosarno per vedere che in Italia vige una forma di sfruttamento totale del lavoro favorita dalla legge Bossi-Fini, che autorizza a espellere i lavoratori quando non servono più o alzano la voce. La “fabbrica verde” del sud d’Italia, quella dove sono rifluiti i lavoratori espulsi dalle fabbriche in crisi del nord, non potrebbe funzionare senza quelli che accettano qualsiasi lavoro per mantenere il permesso e sono regolari persino secondo le leggi di questo Stato, senza quelli che aspettano per mesi un rinnovo, senza quelli che un permesso di soggiorno lo perdono o non lo avranno mai perché vige l’assurdo sistema delle quote, senza quelli che attendono il diritto d’asilo, senza quelli che sono criminalizzati e bollati dell’infamia (reale o meno, poco importa, purché giustifichi le “misure di sicurezza”) della clandestinità.
Diciamolo chiaro: Rosarno è l’Italia. Non solo l’Italia della Lega, ma quella delle leggi di uno Stato razzista e quella dei padroni che, nel sud come al nord, che siano o meno affiliati alla criminalità organizzata, sono disposti a tutto pur di pagare il salario più basso possibile.
La misura è colma da parecchio tempo. Ben vengano le testimonianze di civiltà, ma è necessario decidere davvero da che parte stare. La risposta a ciò che è successo non può risolversi in un presidio e in una festa. È necessario che la solidarietà vada oltre se stessa e si esprima dentro ai percorsi organizzativi che coinvolgono lavoratori e lavoratrici, migranti e italiani, nella preparazione dello sciopero del lavoro migrante in Italia, che non sarà solo lo sciopero dei migranti, ma di tutti coloro che si oppongono al modo in cui vengono trattati. Il ministro Calderoli ha deriso il progetto di uno sciopero affermando che i regolari non lo faranno mai, e che gli irregolari saranno espulsi. È necessario mostrare a tutti quelli come lui la forza che i migranti sono in grado di mettere in campo come protagonisti delle loro lotte. Protagonisti insieme a quegli uomini e a quelle donne che rifiutano il razzismo come pratica quotidiana di sfruttamento. Lo sciopero è la vera forza che oggi l’antirazzismo può mettere in campo.
Coordinamento per lo sciopero del lavoro migrante in Italia
Per partecipare, sostenere, diffondere la campagna per lo sciopero del
lavoro migrante in Italia: coordinamentosciopero@gmail.com