Centrosinistra Cgil
La Cgil, con il suo “Piano del lavoro”, ispirato a Giuseppe Di Vittorio del ‘49, ha ottenuto un primo risultato: compattare il centrosinistra attorno alle proprie proposte, aumentare il proprio peso contrattuale dentro l’alleanza che, si pensa, potrebbe governare l’Italia dal mese di marzo.
Il Palalottomati-ca di Roma venerdì e sabato scorso, infatti, sede della Conferenza programmatica consacrata al progetto di rilancio dell’economia reale, è diventato il palcoscenico di un dibattito sulla politica economica che ha visto i protagonisti, Pierluigi Bersani, Nichi Vendola, Giuliano Amato, Bruno Tabacci e, in parte, il ministro Barca, su una linea distante dal presidente del Consiglio, Mario Monti con un centrosinistra che, almeno per un giorno, ha spostato il timone verso sinistra. La Conferenza inizialmente era prevista per marzo-aprile ma Susanna Camusso ha deciso di anticiparla prima delle elezioni. “In parte per ragioni di obiettive”, spiega un dirigente di Corso Italia, “in parte perché è evidente che la Cgil punta molto sul cambio di fase politica per provare a ottenere dalla politica quei risultati che finora non le sono venuti dalla lotta sindacale”. Sintomatico, quindi, che tutti gli interventi politici siano stati fatti da uomini (neanche una donna…) titolari di possibili ruoli di primo piano nella fase post-elettorale: un capo del governo (Bersani), un possibile capo dello Stato (Amato), alcuni ministri (Vendola e Tabacci, ma anche Epifani), un minustro sicuro che però vuole fare il segretario del Pd (Fabrizio Barca). Un pacchetto (da cui è stato escluso, volutamente, Antonio Ingroia il quale, però, nel dolersene, ha ribadito la propria vocazione “di governo”) su cui la Cgil punta a un’influenza diretta.
La Cgil, dunque, in questa fase sceglie un profilo “bersanian-vendoliano” in cui la parola d’ordine principale è la Patrimoniale, l’Imposta sulle Grandi Ricchezze, sul modello francese fulcro di una riforma fiscale dalla quale il sindacato punta a ottenere 40 miliardi di euro da investire nel “piano”. Altre risorse vengono individuate nella “riduzione degli sprechi”, in un prelievo dalle Fondazioni bancarie e dalla stessa Cassa Depositi e Prestiti, il tutto per creare nuovo lavoro con la bonifica dei territori, dell’ambiente, investendo sulla cultura, l’istruzione e l’innovazione tecnologica. La Cgil pensa a progetti “pubblico-pubblico” e “pubblico-privato” da finanziare, tramite Enti locali e Cassa depositi e prestiti, ma anche a un piano di assunzioni dirette nella Pubblica amministrazione. E si spinge anche fino a una proposta di “mutualizzazione” europea, da parte della Bce, del 20% del debito pubblico dei paesi dell’Eurogruppo. Una proposta non chiarita ma che prevederebbe la revisione dei trattati europei.
Insomma, un piano di stampo “keynesiano” che, al momento, costituisce l’unica proposta compiuta nel campo del centrosinistra e per il quale si spende in primo luogo Nichi Vendola le cui carte dipendono dalla sconfitta di Mario Monti alle elezioni per evitare l’abbraccio tra questi e il Pd. Ma il “piano” e il modo in cui è stato salutato dalle presenze politiche alla Conferenza Cgil, prevedono anche un lato realista basato su una prospettiva di compromesso sociale. Lo ha ben detto Fabrizio Barca quando ha costruito una linea di continuità tra il “piano del Lavoro” di Di Vittorio del ’49 e la Nota aggiuntiva al bilancio pubblico del repubblicano Ugo La Malfa del 1962, asse ambizioso di una prospettiva riformista del centrosinistra italiano. La “conflittualità ragionevole” di cui ha parlato il ministro, citando Amartya Sen, è una buona sintesi di questa opzione che si basa, per la Cgil, sulla progressiva accettazione della contrattazione territoriale – come del resto ha iniziato a discutere l’organizzazione in un seminario interno dello scorso dicembre – e in maggiori aperture sul pubblico impiego. Nello stesso senso è andato Pierluigi Bersani quando ha invitato a mettere insieme “coesione e cambiamento” e quando, il giorno prima, intervenendo in tv alla trasmissione Agorà, ha definito un “errore” la scelta della Cgil di non firmare l’accordo sulla produttività.
In ogni caso, per il momento la Cgil mette a segno un punto e si compatta anche all’interno. La divaricazione tra il blocco del Pd e i “vendoliani” del sindacato diretto da Susanna Camusso, si addolcisce e l’organizzazione appare più compatta che in passato. Anche Maurizio Landini, nel suo intervento, non ha individuato toni polemici con la segreteria attuale preferendo insistere sulla necessità di “autonomia” come ha fatto anche Carla Cantone, segretario dei Pensionati. Le uniche critiche alla segreteria sono provenute dalla sinistra di Giorgio Cremaschi cui non è stato consentito di intervenire. Una sinistra, la Rete 28 aprile, che già si prepara, con l’assemblea nazionale del 1 febbraio a Milano, al prossimo congresso nazionale, che si aprirà dopo l’estate, e in cui potrebbe essere l’unica area a presentare un documento alternativo.
@scannavo