Contro il sistema Penati, al di là del penale…
La notizia dell’indagine in corso nei confronti di Filippo Penati per corruzione/concussione non mi ha fatto brindare.
Intendiamoci, pur avendo fatto parte per qualche anno della “sua” maggioranza in Provincia (o forse proprio per quello), considero Penati un avversario politico. Non per questo mi auguro venga condannato penalmente e davvero spero possa uscire assolto da ogni accusa sul piano penale.
La vicenda potrebbe però rappresentare un’occasione per un utile riflessione a sinistra (non intendo quindi nel PD, ma almeno in quella “sinistra del centrosinistra” sempre pronta ad alleanze “necessarie” con lo stesso PD dei penati e dintorni…).
Non so e non posso sapere se le accuse di corruzione siano vere (anche se penso che Penati dovrebbe avere la dignità e il coraggio di dimettersi dal suo attuale ruolo in Consiglio regionale), ma sono certo che lo stile e la sostanza della concezione di potere di Penati e del suo entourage è profondamente negativa e totalmente da rigettare per la sinistra.
Quella di Penati è una concezione “autoritaria” e “finanziaria” della politica: autoritaria perché le decisioni importanti sono sempre state frutto della volontà sua e del suo team (ovviamente non eletto), con conseguente svilimento del ruolo dei consigli rappresentativi e di qualsiasi forma di partecipazione democratica; finanziaria perché gran parte della sua attività di governo/amministrazione era dedicata alla costruzione di scatole e strutture finanziarie e imprenditoriali che permettessero a lui e al suo giro di avere accesso ai vari livelli del potere economico sul territorio. Questo è quello che si intende per “PD del nord”, il partito degli affari e del “abbiamo una banca”.
Penati forse non “aveva una banca”, ma con le banche intratteneva rapporti stretti e ben oltre la normale attività amministrativa – pensiamo al ruolo di Banca Intesa nella costituzione della holding personale Asam Spa, o al tentativo di assegnare alla stessa banca la ristrutturazione dell’intera area Alfa Romeo (poi fallito). e le banche sono state essenziali nello sfruuttamento territoriale e nella speculazione immobiliare.
Allo stesso modo intratteneva stetti rapporti con il solito giro di costruttori e immobiliaristi, necessari per lo scambio tra speculazione territoriale (concedendo a questi un rilancio dei loro profitti) e partecipazione “extra” politica alla stessa ristrutturazione territoriale e produttiva – inserendo uomini (nel senso stretto del termine, in genere) di provata fiducia penatiana nei vari CdA e quindi nel giro degli affari che si creavano. Attraverso queste “partecipazioni” non più pubbliche ma partitiche o, più spesso, correntizie o “familiari” si è costruito un potere politico e una partecipazione al sistema economico territoriale.
Questo sistema non so se sia “corrotto” nel senso penale del termine, ma lo è certamente in senso politico: è la politica (e l’amministrazione) che si consegna mani e piedi all’impresa e alla finanza, diventandone parte. E’ la politca che accetta di cedere sovranità al meracto attraverso privatizzazioni ed esternalizzazioni, alle quali partecipare attraverso diversi accordi – che rendono il sistema profondamente esclusivo, escludente la partecipazione e il controllo dal basso e quindi antidemocratico
Purtroppo la vicenda dei piani per Expo è la dimostrazione che questa politica domina l’intero centrosinistra e non è solamente l’ex presidente Penati ad esserne protagonista.
Da tempo pensiamo che vada costruita una concreta alternativa a sinistra del Pd, un’alternativa che rompa con questi meccanismi di potere “bipartisan” e con la subordinazione del “bene pubblico” al mercato e alle consorterie politico-imprenditoriali (per fortuna nel referendum per la difesa dell’acqua pubblica è stata la maggioranza delle/degli italiane/i a pensarla in questo modo). Questa vicenda ce lo conferma.
* Portavoce di Sinistra Critica