Cronache da piazza Tahrir
Da domenica scorsa ininterrottamente una guerra di strada si sta susseguendo in tutte le vie che portano a Tahrir Square.
I giovani si stanno scagliando contro i militari e i principali partiti politici, poiché li accusano di aver tradito la rivoluzione per ottenere un seggio in Parlamento, in vista delle elezioni previste per questo fine settimana.
Il governo si è dimesso solo qualche ora fa, ma al momento il Consiglio Supremo delle Forze Armate (SCAF) ha rifiutato di accettare le sue dimissioni. Subito dopo lo SCAF ha invitato tutti i partiti politici e rappresentanti dei movimenti sociali ad un incontro, ma nessuno dei movimenti e partiti hanno risposto e di conseguenza partecipato.
La rivolta non è presente solo in piazza Tahrir. Alessandria è in fiamme e la polizia sta utilizzando munizioni ovunque in città. Vi è una situazione molto grave a Suez, dove la gioventù rivoluzionaria ha sta tentando di organizzare comitati pubblici.
E’ in atto una vera e propria terza ondata della rivoluzione egiziana. L’Egitto oggi pone una netta rivendicazione – così come l’aveva posta durante i primi giorni della rivoluzione di gennaio: quella della rimozione dello SCAF, a partire dal Maresciallo in capo al Consiglio supremo delle forze armate.
Il movimento ha ricominciato ad essere protagonista venerdì scorso con una grande manifestazione che si è scagliata contro un documento rilasciato dal vice primo ministro, che conteneva la proposta di individuare nell’Esercito il garante della nuova Costituzione.
Inizialmente i Fratelli Musulmani e altre forze islamiche sono state il motore trainante di questa dimostrazione, alla quale si sono aggiunti subito dopo molti movimenti politici, scagliatesi contro anche i partiti politici, che avevano rivendicato una minima modifica del documento con alcuni emendamenti.
Alla fine della giornata tutte le organizzazioni si sono ritirate da piazza Tahrir, lasciando solo 200 persone, la maggior parte delle famiglie delle vittime martiri e feriti della rivoluzione. Queste hanno deciso di avviare un aperto sit-in soprattutto chiedendo una data ai militari per le loro dimissioni.
Sabato scorso molti movimenti giovanili hanno deciso di aderire al sit-in. Le forze di sicurezza e di polizia militare hanno tentato di evacuare la piazza, che ha portato all’uccisione immediata di 24 manifestanti e di 1300 feriti, tra cui anche donne e bambini, secondo le stime del Ministero della Salute. Le cause del decesso sono attribuibili all’asfissia a causa dell’inalazione di un particolare gas (CS) utilizzato dall’esercito durante gli scontri.