Fiat, prove di sindacato globale
Si terrà domani, domenica 5 dicembre, dalle ore 9,30 alle 17 presso il circolo “Anatra Zoppa” dell’ARCI in via Courmayeur n. 5 il convegno “La guerra dell’auto: la Fiat-Chrysler nel mondo della globalizzazione capitalista: crisi, ristrutturazioni, riconversioni”, organizzato da Sinistra Critica di Torino. Un appuntamento che avrà due ospiti di eccezione Franciszek GIEROT e Krzysztof MORDASIEWICZ presidente e vicepresidente del sindacato “Agosto 80” alla Fiat Auto Poland di Tychy, lo stabilimento indicato come modello dall’azienda. Saranno presenti esponenti della FIOM-CGIL e dei Sindacati di Base e quindi l’appuntamento costituisce un’occasione davvero unica di confronto internazionale tra lavoratori del gruppo.
«E’ in corso in questi giorni – si legge nel comunicato di presentazione del convegno – una difficilissima trattativa tra i sindacati e la direzione Fiat sul futuro di Mirafiori. Marchionne punta più che mai a piegare le resistenze dei lavoratori e a dividerli, utilizzando i sindacati complici e un largo schieramento di forze politiche di destra e di centro sinistra, che lo appoggiano, per distruggere il contratto nazionale di lavoro e imporre orari, ritmi e forme di sfruttamento da ottocento. E’ necessario costruire un vasto fronte di sostegno ai lavoratori della Fiat, alla Fiom e ai sindacati di base che si oppongono a questo disegno reazionario.
Per fronteggiare l’attacco padronale serve un’ottica inevitabilmente internazionalista. Non si può rinunciare all’obiettivo di favorire il coordinamento delle le lotte degli operai Fiat su scala europea. Per questo abbiamo organizzato una esperienza delimitata, ma significativa, un incontro tra delegati e militanti sindacali della Fiat e due militanti sindacalisti della Fiat Tychy in Polonia. Più che mai, nella crisi attuale del capitalismo, le lotte e la resistenze devono essere costruite sormontando le frontiere di ciascuno stato. Compito arduo, lungo e faticoso senza il quale è, tuttavia, impensabile, anche a Torino, città dove lo scontro di classe si presenta sempre più feroce, un futuro di giustizia sociale.
Un incontro di lavoro per conoscere i problemi delle due fabbriche, per capire e discutere insieme come resistere all’offensiva e ai ricatti della Fiat e di Marchionne, per contrastare le divisioni e lavorare alla costruzione dell’unità del movimento delle lavoratrici e dei lavoratori al di sopra delle frontiere.
Un incontro per non dimenticare che 160 anni fa K. Marx in un libro famoso scrisse:
Proletari di tutto il mondo unitevi!».
La Fiat non vuole il contratto
Salvatore Cannavò (da Il Fatto quotidiano)
Quando sembrava che le distanze si stessero accorciando e l’accordo fosse imminente, la Fiat ha interrotto il tavolo di trattativa per Mirafiori perché «non esistono le condizioni per raggiungere un’intesa sul piano di rilancio dello stabilimento». Punto dirimente della rottura, che non riguarda solo la Fiom ma anche Fim e Uilm mentre Fismic e Ugl sono pronte a firmare, è il nodo del Contratto nazionale di lavoro (Ccnl): i sindacati hanno chiesto che nell’accordo, che vedrà impegnata non più la Fiat ma una nuova società (New.Co) frutto della joint-venture con la Chrysler, si faccia riferimento al Ccnl mentre la Fiat intende superarlo del tutto. In realtà, la sera prima l’azienda si era presentata con una bozza in cui proponeva una “forma mista”: il Ccnl per quanto riguarda il fondo pensioni Cometa, l’inquadramento, i provvedimenti disciplinari, le ferie, i permessi retribuiti e le festività; il contratto aziendale per gli orari, straordinari, pause, recuperi di produttività, prestazione lavorativa. Di fronte al “non interesse” dei sindacati per la mediazione proposta, ieri mattina la Fiat si è presentata con una nuova bozza priva di alcun riferimento. E questo ha creato l’irrigidimento di Fim e Uilm, oltre a quello scontato della Fiom.
Quest’ultima, con il segretario Landini, ha buon gioco a far notare che su questo ha condotto una battaglia fin dall’accordo di Pomigliano. E su questo punto ora misura una convergenza importante con la Cgil che punta il dito contro Marchionne: «Non è più la Fiom che non firma gli accordi ma è la Fiat che non riconosce più il contratto nazionale e vuole uscire da Confindustria» spiega infatti Susanna Camusso. In difficoltà vanno invece Cisl e Uil che finora si erano spese per sancire le “deroghe” a un contratto che però era nazionale, siglando a settembre un accordo ad hoc con Federmeccanica. Ora, invece, si trovano “scavalcate” dalla Fiat che, non a caso, quell’accordo sulle deroghe lo aveva snobbato puntando più decisamente al contratto specifico per l’auto. Al Lingotto vogliono infatti uno strumento normativo che consenta di “pianificare” la produzione senza sorprese e senza “rigidità” pericolose (ad esempio sugli straordinari) in tempi di globalizzazione. L’obiettivo della Fiat è così netto che provoca delle frizioni con la stessa Confindustria che teme che l’esempio torinese sia seguito da altre aziende con un indebolimento drastico dell’organizzazione. Al tavolo per Mirafiori, ad esempio, l’Unione industriali di Torino non ha gradito la rottura e ieri ha diramato un comunicato in cui invita tutti, anche la Fiat, a un maggiore senso di responsabilità.
Difficile dire cosa succederà ora. La Fiom punta tutto sulle assemblee con i lavoratori ma, non avendo la maggioranza delle Rsu per convocarle – Fim e Uilm hanno detto no alla richiesta – dovrà indire lo sciopero per poterle tenere. Fim e Uilm, invece, tengono a sottolineare che la rottura è solo una «pausa fisiologica» come avviene spesso in trattative di questo tipo. Al Fatto il segretario della Fim, Beppe Farina, si dice «fiducioso» dell’esito del negoziato e fa capire che, fatte le verifiche interne, la Fim chiederà un appuntamento alla Fiat per arrivare «all’affondo decisivo». Appuntamento che sarà senz’altro concesso, come confermano dal Lingotto. Anche perché la Fiat si è ben guardata, finora, dal mettere in discussione l’investimento che “non è di competenza di quel tavolo di trattativa”. Del resto, come confermano tutti, le rispettive posizioni sugli altri punti dell’accordo non sono così distanti.
Come a Pomigliano, Fim e Uilm sono d’accordo nell’accettare la “clausola di responsabilità” per cui ogni lavoratore, firmando il contratto, si impegna a rispettarlo. Il che, fa notare la Fiom, significa firmare per rinunciare a un diritto costituzionale come lo sciopero. Sulla questione delle malattie, si era arrivati a definire una Commissione di controllo che monitorerà la situazione per sei mesi con l’obiettivo di tenere l’assenteismo sotto al 3%. Sui turni, la Fiat propone tre moduli diversi, secondo le esigenze produttive: 18 turni, 15 turni ma anche i 12 turni con giornate di 10 ore. Solo per quest’ultimo modulo la pausa-mensa resta all’interno della giornata lavorativa, e non a fine turno come per gli altri turni, e le pause rimangono a 40 minuti e non a 30. Inflessibile la Fiat sulla richiesta di avere 120 ore di straordinari, invece delle 40 indicate nel Contratto nazionale.
L’intero mondo politico fa ovviamente un invito alla responsabilità di tutti ma soprattutto del sindacato giudicando il contratto “ad hoc” un prezzo da pagare al rilancio produttivo di Mirafiori che senza questo accordo rischierebbe la chiusura (la produzione della monovolume è stata già promessa alla Serbia e senza la Jeep e la nuova Alfa lo stabilimento rimarrebbe senza produzione). Dal canto suo la Fiat si dispone all’attesa sapendo che l’obiettivo della rottura del contratto nazionale è ormai a un passo dall’essere ottenuto. Contestualmente viene fatta filtrare anche la notizia dell’imminente fusione con Chrysler dove Fiat potrebbe salire al 51% prima della data prevista nel caso l’azienda statunitense rimborsi tutti i prestiti ricevuti dai governi di Usa e Canada. Marchionne sta lavorando per questo e le cessioni di cui si è parlato nei giorni scorsi (Ferrari, Alfa Romeo , Magneti Marelli) sarebbero funzionali all’operazione. A quel punto potrebbe realizzarsi la fusione tra Fiat e Chrysler già nel 2012. E il Lingotto parlerebbe la lingua di Detroit.