Fini fa la sua svolta
Non si può dire che non sia stato chiaro Fini con il suo intervento conclusivo della convention di Futuro e Libertà. La svolta di Perugia c’è stata. Per il governo si è aperta la crisi. Non è stata formalizzata ufficialmente in Parlamento ma politicamente è confermata dala richiesta di dimissioni rivolta a Silvio Berlusconi nell’obiettivo di un nuovo governo per una nuova agenda e un nuovo programma. Senza le dimissioni del presidente del Consiglio, con apertura formale della crisi, il ministro e i sottosegretari di Futuro e Libertà usciranno dal governo. E a quel punto la crisi sarà dichiarata di fatto anche se non di diritto perché potrebbe essere evitato un voto di fiducia.
La palla viene dunque ributtata nel campo di Berlusconi e viene fatto con un gesto di grande nettezza politica, in parte inatteso nella sua radicalità. Un gesto che consente anche di delineare la rotta di Futuro e Libertà, il suo progetto di fondo.
Fini ha detto di volerla finire con il “gioco del cerino” e la scelta di oggi in effetti mette un punto alla contesa. L’annuncio del ritiro della delegazione dal governo taglia i ponti alle spalle di Futuro e Libertà. Perché se Berlusconi non accetterà questa soluzione la strada segnata è quella delle elezioni anticipate o di quel governo tecnico di cui si parla da mesi ma che non sembra davvero realizzabile.
La mossa molto audace lanciata dal palco del Centro Fiere di Bastia Umbria, si può spiegare in larga parte con il clima che si è respirato in questa due giorni. Una grande partecipazione di popolo, migliaia di persone animate dalla volontà di cambiare pagina, animate anche da un forte antiberlusconismo che si è scatenato festoso quando Fini ha chiesto le dimissioni del premier. La due giorni ha inciso molto sulle scelte perché il movimento finiano ha colto un varco e una disponibilità nel popolo del centrodestra che fa pensare al presidente della Camera che, davvero, può puntare a una crescita politica ed elettorale.
E qui si precisa meglio il progetto di Futuro e Libertà: non il terzo polo, non il partitino che gioca su diversi tavoli ma un movimento che punta a raccogliere l’eredità del centrodestra post-berlusconiano. Non a caso, nell’intervista rilasciata ieri a un quotidiano tedesco, si è candidato alla premiership nel 2013, posto che la legislatura arrivi fino a quella data. “Non siamo contro Berlusconi, noi siamo oltre” ha scandito Fini nel suo discorso, oltre la realtà attuale di un Pdl definito come il partito “più arretrato culturalmente in Europa”. Giudizi secchissimi e senza possibilità di ritorno così come sferzanti sono stati i giudizi su Berlusconi. Fini non ha fatto il discorso di Mirabello, è stato più freddo, ragionatore, con poche concessioni alla demagogia e alla retorica. E’ quindi è stato più concreto. Il vero problema del centrodestra italiano è Berlusconi, la sua uscita di scena costiturebbe la vera svolta capace di far risorgere un nuovo centrodestra. Che Fini immagina allargato anche all’Udc di cui ha chiesto esplicitamente l’ingresso nel nuovo governo. Una posizione che gela molte delle aspettative maturate all’interno del Pd e che spiegano il gelo, e un po’ di stizza, con cui Bersani ha accolto e commentato l’intervento del presidente della Camera.
Ma quanto è fattibile la proposta delle dimissioni e del nuovo governo? intanto non è chiaro se il nuovo esecutivo proposto da Fini possa essere guidato ancora da Berlusconi; Fini non l’ha detto ma non l’ha nemmeno escluso. In tal caso, l’allargamento all’Udc consentirebbe altri margini di manovra, soprattutto nel contenimento della Lega, e spazi nuovi per il progetto finiano. Berlusconi ovviamente ha già fatto sapere che a dimettersi non ci pensa proprio e che se Fini vuole la crisi deve votare la sfiducia in Parlamento.
Ma le linee guida indicate dal leader di Futuro e Libertà fanno pensare anche a un governo di “responsabilità nazionale”, cioè un governo ampio e di transizione dalle caratteristiche traversali. Lo si capisce dalle due coordinate che il presidente della Camera ha indicato come essenziali: la crisi economica, che Fini vorrebbe affrontare facendo perna sul Patto sociale cui hanno dato vita Confindustria e sindacati – si è dilungato molto su questo punto – vera sponda forte alla sua ipotesi; e poi le riforme istituzionali a cominciare dalla cancellazione dell’attuale legge elettorale. Un programma che andrebbe bene anche al Pd, oltre che all’Udc e ad altri settori centristi come l’Api di Rutelli. E in tal caso questo governo potrebbe essere guidato proprio da Fini. Passaggio molto difficile, impervio, tutto in salita ma non impossibile.
In ogni caso ora tocca a Berlusconi decidere. Non sarà il “gioco del cerino” ma certamente qualcuno ne uscirà con le dita più che bruciate.