Francia, le elezioni senza contenuti
Non si può dire che a Parigi ci sia una guerra di manifesti ed un’inflazione di comizi. I tabelloni elettorali sono poco usati e le campagne dei partiti per le prossime elezioni legislative passano soprattutto attraverso i media mainstream, i siti web e i social network. In Francia per eleggere i 577 deputati, nelle 577 circoscrizioni, all’Assemblea Nazionale si vota in due turni il 10 e 17 giugno. Passano al secondo turno i candidati di quei partiti che hanno ottenuto almeno il 12.5% dei voti , degli elettori registrati, nelle singole circoscrizioni in cui si presentano. Un sistema maggioritario su due turni che, è quasi inutile dirlo, che non rappresenta lontanamente la società francese. Infatti lo sbarramento a livello circoscrizionale è altissimo. E non è detto che il partito, o la coalizione, che ottiene il maggior numero di voti a livello nazionale abbia anche il maggior numero di deputati all’Assemblea Nazionale. Ma ormai, come si sa, anche le regole basilari della democrazia liberale (ogni testa vale e conta per un voto) non sono più compatibili con l’organizzazione e la gestione degli Stati a capitalismo avanzato, per di più in profonda crisi economica e istituzionale. Gli ultimi sondaggi danno la coalizione di centrodestra in leggero vantaggio sul partito socialista ed i suoi piccoli alleati.
Le percentuali oscillano attorno al 34% per il centrodestra e al 32.5% per il partito socialista ed alleati. Tutto questo però prescinde dalle dimensioni che assumerà l’astensione che, dopo la figuraccia fatta nelle elezioni presidenziali, gli istituti di rilevamento delle intenzioni di voto si guardano bene dal quantificare. Ciò che tuttavia emerge è la polarizzazione in atto tra partito socialista e centrodestra a spese del Front de Gauche di Melenchon e del Front National di Le Pen, entrambi dati in sensibile calo rispetto alle elezioni presidenziali di un mese e mezzo fa. Francois Hollande e tutto il gruppo dirigente socialista puntano sul cosiddetto voto utile per scongiurare una possibile coabitazione, cioè una presidenza socialista con una maggioranza parlamentare di centrodestra, con lo slogan “Diamo una forza e una maggioranza al cambiamento”.
Al contrario il centrodestra cerca di conquistare i voti dell’estrema destra presentandosi come unico soggetto in grado di contenere la svolta presidenziale socialista. In questa partita, per la verità piuttosto astratta, non si fa cenno – da parte di entrambi gli schieramenti- ai costi della crisi che stanno pagando duramente i lavoratori, gli studenti, i migranti. Come se fosse una questione esclusivamente di aritmetica parlamentare e non di contenuti, di provvedimenti concreti per salvaguardare salari, servizi sociali ed elementari diritti democratici. Da un paio di mesi sembra che la Francia viva, per usare un neologismo, uno “stato di eccezione elettorale” in cui vige la sospensione della realtà sociale che vivono milioni di cittadini. In questo contesto Marine Le Pen ha accentuato i toni razzisti, mescolati con una propaganda antiliberista, per consolidare i voti delle presidenziali e dare poi l’attacco al Ump, il partito di Sarkozy. Il Front de Gauche, dal suo canto, non pare particolarmente attrezzato a contrastare questa deriva. La mezza delusione per il mancato sorpasso del Front National alle elezioni presidenziali, l’ imposizione di più del 70% dei candidati da parte del Partito Comunista Francese, le ultime dichiarazioni di Melenchon “sull’impossibilità” di votare la sfiducia a un eventuale governo socialista hanno disorientato un elettorato che aveva creduto in un vero cambiamento politico e organizzativo della sinistra radicale francese. A ciò si aggiunga un preoccupante tasso di “nazionalismo di sinistra”, con immancabile sventolio di bandiere francesi ad ogni iniziativa, in cui non si fanno tante distinzioni tra il governo di Angela Merkel, la borghesia tedesca, il popolo tedesco e i lavoratori tedeschi.
Quasi come se il nemico principale fosse la Germania in quanto tale senza vedere null’altro. Ne ha avuto conferma perfino Alexis Tsipras, leader di Syriza, sbarcato un paio di settimane fa a Parigi in cerca di sostegno presso il Front de Gauche e tornato in Grecia con tante belle parole e un pugno di mosche. Purtroppo le cose non vanno meglio a sinistra del Front de Gauche. L’ Npa attraversa una crisi di prospettiva in cui deve scegliere se rinnovarsi profondamente o continuare ad essere una coalizione di correnti politiche. Lutte Ouvriere continua a riprodurre gli stessi schemi politici e teorici da decenni, riducendo progressivamente il proprio bacino di influenza e il numero dei militanti. La situazione in Francia è piuttosto confusa e per nulla eccellente. Se ne riparlerà il 18 giugno, il giorno dopo le elezioni, in cui torneranno prepotentemente a galla tutti i problemi sociali che sono generati da una profonda crisi di sistema che gran parte del ceto politico francese pensa e si comporta, per ora, come se non ci fosse.