Germania, fine ciclo per la sinistra
Gli atteggiamenti di sufficienza della cancelliere tedesca, Angela Merkel, esprimono bene la fiducia in se se stessi dei potenti. La Bundeswehr, l’esercito dell’imperialismo tedesco si prepara a intervenire in ogni parte del globo. In dieci anni, i redditi annuali dei più ricchi sono aumentati del 50%. E, malgrado qualche scandalo di tanto in tanto, i punti di resistenza restano piuttosto circoscritti (movimento antinucleare, rifiuto della nuova stazione di Stoccarda, azioni contro i neo-nazi, Blockupy a Francoforte); niente sembra veramente in grado di perturbare il gioco della cogestione sindacale e dell’alternanza dei partiti tradizionali alla gestione degli affari governativi.
Il 12 luglio, l’ex presidente Cdu del Land Bade Wurttemberg è stato citato in giudizio per un’intesa illecita in occasione della vendita della società elettrica al gruppo francese Edf. Cinque mesi prima, il presidente della Repubblica, Christian Wulff, era costretto alle dimissioni in seguito a uno scandalo finanziario: scelto per questo incarico onorifico dai deputati del Bundestag tra personalità presunte esemplari, questo onorabile personaggio di 52 anni, che dovrebbe quanto prima trovarsi di fronte a un tribunale, ha preteso ricevere una pensione di 199 mila euro annuali alla quale ha diritto a vita per soli 20 mesi di funzione, mentre l’età per la pensione è stata portata a 67 anni e milioni di persone sopravvivono con l’Hertz IV o salari di miseria. Due esempi tra gli altri di ciò che diffonde nella società un sentimento diffuso di sfiducia e insoddisfazione, se non di collera, rispetto a dei “politici, il che rende verosimile la sconfitta della coalizione Cdu/Csu e Fdp nel settembre del 2013…e un ritorno agli affari social-liberisti della Spd e dei loro satelliti Gruenen.
Una conflittualità sorda
Il 17, 18 e 19 maggio, Francoforte, sede della Banca Centrale Europa, ha conosciuto tre giorni di tentativi di occupazione e di blocchi diversificati che sono riusciti a bloccare il quartiere delle banche mentre 5000 poliziotti erano in azione con il pretesto di assicurare la sicurezza dei beni e delle persone. “La manifestazione di sabato, finalmente autorizzata, ha riunito circa 25 mila persone venute dalla Germania, dall’Italia e dalla Francia. Le delegazioni internazionali e le reti altermondialiste aprivano il corteo seguite dalla sinistra tedesca dominata da Die Linke e, infine, da un ultimo polo, ben più giovane e più combattivo. Qui sfilavano, a ranghi serrati, circa 10 mila giovani, tedeschi e italiani essenzialmente, provenienti dalle reti della sinistra radicale, dai movimenti di “indignati” e “occupy” (…) Impressionanti nella determinazione, gridando slogan anticapitalismo e antifascisti, hanno saputo dimostrare la forza del collettivo di fronte all’onnipresenza della polizia. Più che per il loro numero, è la giovinezza e la coscienza risolutamente anticapitalismo di questa parte del corteo che ne ha fatto il polo più emblematico della manifestazione (Vedi articolo su Essf). Occorre aggiungervi una buona mobilitazione di Attac Germania, organizzazione dinamica, e il peso della ventina di gruppi della rete post-autonoma “Sinistra interventionista”, politicamente eterogena (tra l’altro anche nei rapporti con Die Linke), riconosciuta per la sua capacità di organizzare mobilitazioni militanti come il blocco al vertice G8 di Heiligendamm nel 2007 o le iniziative attorno ai trasporti di scorie nucleari.
Una tale manifestazione a Francoforte in mezzo a un lungo week-end, non è nulla. Ma la realtà dei rapporti di forza tra le classi è la liquidazione definitiva della catena di alimentari Schlecker, emessa quattro giorni più tardi dal Tribunale. Si è tradotta nella chiusura di 2800 magazzini e il licenziamento di 14 mila dipendenti, soprattutto donne. Dopo mesi di agonia, i vari poteri, cancelleria in testa, si sono rifiutati di intervenire; il sindacato Ver.di., che dopo anni di tentativi di insediamento, ha messo il freno alla mobilitazione per non ostacolare un eventuale nuovo acquirente (Articolo, qui). Rifiutando di mobilitare i salariati attorno di qualsivoglia forma di rimessa in discussione della proprietà privata (esproprio, cooperativa con garanzia pubblica, etc.) il sindacato ha creato le condizioni di una pesante sconfitta.
La realtà è data anche dalla probabile chiusura della nel 2016 (fine della produzione della Zafira), se non prima. Si tratta di una fabbrica con 3300 lavoratori che General Motors ha deciso di abbandonare, come altre in Europa, per ricostituire i suoi profitti. Con una tradizione di lotte importanti (vedi articolo su Essf), i dirigenti attuali del comitato di impresa e dell’Ig Metall stanno provando a tirarsi fuori dai guai puntando sulla qualità del sito produttivo, sulla sua capacità di sviluppare un nuovo modello, sulla forte capacità di produzione e sul costo della chiusura (un miliardo di euro).
In effetti la posizione favorevole del capitale tedesco nel gioco della concorrenza internazionale permette di fare concessioni ai lavoratori. I sindacati hanno appena ottenuto un aumento dei salari che lo stesso ministro delle Finanze Schauble aveva auspicato (1), la disoccupazione arretra, il movimento dei disoccupati è scomparso dalla scena…La potente burocrazia sindacale non deve lamentarsi di Merkel, e può accontentarsi delle grandi manovre tradizionali nelle negoziazioni annuali e ottenere dei risultati “presentabili”.
La crisi di Die Linke, segno della fine di un ciclo
I Gruenen (I Verdi tedeschi, ndt) erano nati e si erano sviluppati elettoralmente in seguito alle mobilitazioni antinucleari e pacifiste degli anni 80 (prima di farsi integrare in un tempo record). Die Linke aveva captato la collera e la rivolta suscitate dalla brutalità delle misure antisociali dell’Agenda 2010 imposta da un governo Spd-Verdi che si erano espresse, tra l’altro, nelle “manifestazioni del lunedì” del 2003-2004, ottenendo nel 2009 76 seggi al Bundestag (su 622) e poi ancora nel 2010 il 5,6% e 11 deputati in NordReno-Westfalia, il Land più popoloso. Il radicamento nei lander dell’ovest sembrava ben avviato.
Ma sulla base di una atonia sociale, mentre Die Linke non ha potuto o saputo costruirsi come “il partito di quelli che stanno in basso” su una scala di massa, questo ciclo sembra attualmente chiuso. Le due ultime sconfitte elettorali hanno riportato il partito molto indietro (vedi articolo Essf). Il ritorno in forma di Spd e Verdi, l’emergere del Partito Pirata che capta una contestazione liquida (2), hanno provocato una crisi che si è espressa in pieno al Congresso nazionale di Göttingen del 2 e 3 giugno scorsi, cinque anni dopo la creazione del partito.
Mentre i sondaggi non assegnano che la metà dell’11,9% ottenuto nel 2009 (la soglia per essere eletti è al 5%), i dibattiti sono stati di una violenza rara. Si sono focalizzati soprattutto sulla necessità di rinnovare il binomio di direzione dal bilancio unanimemente riconosciuto come insoddisfacente (3). Oskar Lafontaine, propugnatore, soprattutto a ovest, della speranza di ricominciare dai successi iniziali, era pronto a tornare, due anni dopo le sue dimissioni per ragioni di salute, se non ci fosse stato un candidato contro di lui. Ma i “baroni dell’Est” hanno mantenuto la candidatura di Dietmar Bartsch, un apparatchick e deputato federale, un “pragmatico” difensore degli accordi di governo con la Spd.
L’evento chiave è stata la netta rottura tra i due uomini che hanno portato al successo Die Linke: Oskar Lafontaine, già presidente del Land della Sarre, presidente della Spd tra il 1990 e i 1995, ministro delle Finanze del governo Schroeder per breve tempo e dimissionario dalla Spd nel 2005 e Gregor Gysi, presidente della Pds dalla sua fondazione nel 1990 (il Partito democratico del socialismo, erede del vecchio partito-Stato della Germania dell’Est, la Sed), presidente del gruppo al Bunfestag. Quest’ultimo ha violentemente messo in discussione i rappresentanti dell’Ovest: “Io non posso accettare tutta questa arroganza nei confronti degli orientali. Mi ricorda l’arroganza dell’Ovest verso l’Est durante la riunificazione. Perché non riconoscete che noi siamo una forza politica rilevante a Est e solo un piccolo partito a Ovest?” (4). Klaus Ernst, co-presidente uscente, ha parlato alla tribuna di “segni di disintegrazione” aggiungendo malgrado tutto: “l’avvenire del nostro partito non è solo a Ovest o solo a Est. L’avvenire del nostro partito è nell’unione”. Molti commentatori hanno evocato il rischio di una scissione.
Mentre l’elezione di Katja Kipping, di Dresda (della corrente “emancipatrice”, satellite dei “pragmatici”) era scontata (5), l’opposizione a Barsch è riuscita alla fine a presentare una candidatura inattesa che ha vinto con 297 voti contro 251, quella di Bernd Riexinger, 56 anni, sconosciuto al grande pubblico ma figura rispettata della sinistra sindacale, responsabile del Ver.Di. di Stoccarda, impegnato anche nel movimento Stoccarda21 (che rifiuta la mega-stazione).
I “pragmatici” alla fine non hanno potuto approfittare della situazione quanto avrebbero voluto (6).
L’orientamento del partito resta aperto. Ma non bisogna sottovalutare il fatto che in virtù delle regole in vigore i membri orientali sono per il momento ancora sotto rappresentati. Il peso reale dei diversi “sostenitori dell’adattamento”, come il Forum del Socialismo Democratico (Fds), gli eletti municipali, i sindaci, i “Fraktionen” (gruppo di eletti-e che beneficiano di diritti non indifferenti) nei comuni, nei “Kreise” (dipartimenti-circoscrizioni), nelle regioni, i loro collaboratori retribuiti, l’apparato dei funzionari, tutto questo ha assunto ancora più peso dopo la sconfitta elettorale in NordReno-Westfalia. Questa svolta, peraltro, è stata seguita da un rivolgimento nel congresso della federazione regionale, a fine giugno, con la perdita della maggioranza della sinistra radicale. Nella risoluzione adottata, i passaggi che tracciavano una chiara delimitazione con i partiti istituzionali e con chiari riferimenti all’anticapitalismo sono stati soppressi, così come la critica esplicita alle direzioni sindacali; è scritto anche che si possono trovare nella Spd e nei Verdi dei partner per una coalizione. Ma parallelamente, sia sul piano federale che nei Lander, non c’è spazio per un’alleanza di governo con la Spd che non ha bisogno di imbarcare un partner comunque presentato come “estremista” visto che l’aritmetica elettorale non glielo impone.
E’ possibile una ripartenza?
Senza movimenti di protesta importanti, senza esperienze di auto-organizzazione che sfuggano al controllo degli apparati, senza una lotta di classe a più forte intensità, non ci saranno cambiamenti importanti nei rapporti di forza. Supponendo che ne abbia la volontà, Die Linke non ha la capacità di prendere l’iniziativa di tali movimenti (e sfortunatamente le correnti politiche alla sua sinistra ancor meno). Le correnti di sinistra del partito, in particolare l’Antikapitalistische Linke [7], si sforzano di condurre il partito verso questa priorità. Si appoggiano per questo sul nuovo programma, nel quale è esplicitamente specificato che Die Linke vuole superare il capitalismo. Si tratta, da parte loro, di dimostrare che il successo delle lotte quotidiane, su piccola e grande scala, richiede la necessità di risposte solidali e del superamento di questa società di classe. Questa questione del legame concreto tra le prospettive strategiche e le lotte di resistenza di tutti i giorni agisce sempre come un rivelatore. Lo verificheremo ancora nei dibattiti attorno alla preparazione delle elezioni per il Bundestag del 2013
(…)
Versione completa su www.europe-solidaire.org
[1] L’accordo firmato a fine maggio nella chimica per i prossimi 19 mesi prevede il 4,5% di aumenti con la possibilità di negoziare ulteriori aumenti in azienda
[2] I Pirati sono contemporaneamente per la gratuità dei trasporti pubblici e per la “regola d’oro”, cioè il pareggio di bilancio
[3] Si tratta di scegliere sia un uomo che una donna, l’uno-a originario-a dell’est e l’altro-a dell’ovest.
[4] L’Humanité, 1 giugno 2012
[5] Deputata al Bundestag, 34 anni, è sia una “pragmatica” che lavora per un riavvicinamento con Spd e Verdi e allo stesso tempo animatrice di diverse mobilitazioni come Blockupy ma anche come le manifestazioni organizzate ogni anno nella sua città, Dresda, contro i raduni nazionali dei neo-nazisti. E’ favorevole al sionismo in nome della lotta all’antisemitismo.
[6] Ci si basa su un testo non pubblicato di Manuel Kellner.
[7] Questo raggruppamento, in cui giocano un ruolo militanti da sempre impegnati nei movimenti sociali, si è costituito come corrente formale, con i relativi diritti, cosa che finora aveva cercato di evitare per non fissare i rapporti interni. E’ stato abbandonato dalla “Piattaforma comunista” e raggiunto, invece, dalla sezione tedesca del Comitato per un’internazionale operaia, Cio/Cwi. Ha perso la maggioranza nella direzione dell’organizzazione regionale in Nord-Reno-Westfalia. Per una descrizione più precisa, cfr. Oliver Nachtwey, rivista Contretemps n° 2 : http://www.contretemps.eu/node/56
* Pierre Vandevoorde, membro del Npa e della IV Internazionale