Giappone, crisi e solidarietà
Il Giappone non è in alcun modo uscito dalla crisi. Per la maggiorparte, i rifugiati dallo tsunami vivono ancora in una condizione di precarietà. Le conseguenze sociali della devastazione saranno pesanti e durevoli. La riforma così necessaria e tanto attesa del regime politica è in panne. La centrale nucleare di Fukushima continua a riversare la sua radioattività nell’atmosfera e nell’oceano.
Nucleare
E’ il tempo delle confessioni forzate. Apprendiamo infatti a che punto la lobbie “nucleocratica” – industria e ammnistrazione – ha mentito per aggirare i regolamenti sulla sicurezza. Apprendiamo inoltre che altre centrali, come quelle di Hamaoka, a sud-ovest di Tokyo, presentano esattamente gli stessi rischi di Fukushima. Le popolazioni locali si mobilitano contro la rimessa in moto del reattore attualmente bloccato. Gli appuntamenti antinucleari si moltiplicano con a volte 1000-1500 persone (cosa molto significativa in Giappone); una grande manifestazione è prevista per il 16 aprile a Tokyo. Nel mezzo della tempesta il comitato di Fukushima ha lanciato un appello affinché la mobilitazione si estenda in tutto il paese e nel mondo perché una tale catastrofe non possa riprodursi.
Sociale
La sorte dei “liquidatori” sul fronte nucleare la dice lunga sull’inumanità del capitalismo. Dipendenti di imprese subappaltanti, sono divenuti in realtà della “carne da rem”, cioè moderna carne da cannone – il rem è un’unità di misura dell’effetto biologico delle radiazioni – inviati al combattimento senza dosimetri, senza abiti di protezione efficaci, dormendo in locali radioattivi sotto una lastra di piombo, talmente disprezzati da essere anche mal nutriti: una magra colazione al mattino e un piccolo pasto la sera senza pranzo…Questo disprezzo sociale, degno di un sistema feudale e particolarmente scandaloso in queste circostanze, deve essere preso come un avvertimento: nella crisi, i possidenti non fanno concessioni a meno di non esservi costretti da una difesa organizzata dei lavoratori.
Solidarietà
Di fronte a una tale catastrofe, la solidarietà si manifesta sotto diverse forme. Attraverso il rilancio, su scala internazionale, delle mobilitazioni per uscire dal nucleare. Ma è anche assolutamente urgente aiutare i movimenti che, in Giappone, possono portare aiuto ai più svantaggiati, difendere i diritti dei lavoratori e mobilitare per delle vere alternative energetiche e sociali. Senza di loro, la crisi sarà utilizzata come un pretesto per accrescere ancora le ineguaglianze. Così, l’aiuto finanziario raccolto da Europe-Solidaire Sans Frontiere (Essf) è destinato a un coordinamento sindacale indipendente basato nelle regioni colpite dal disastro, il Ntuc.
L’essenziale dell’aiuto è raccolto nello stesso Giappone ma i bisogni sul posto sono immensi e i rapporti di forza sociali molto sfavorevoli. Tutto l’aiuto addizionale è fortemente benvenuto. Per ora, l’Essf ha raccolto circa 8500 euro in provenienza di cinque paese: Germania, Francia, Gran Bretagna, Honk Kong, Sri Lanka. Ha inoltre contattato, per allargare la solidarietà, organizzazioni come Attac (in Francia e in Giappone), Solidaires, Focus on the Global South… Un’informazione regolare sulle iniziative è fornita dal sito europe-solidaire.org.
*Per inviare assegni l’indirizzo è: ESSF, 2 rue Richard-Lenoir, 93100 Montreuil, France. Per bonifici: vai su Japon: Un appel urgent à la solidarité financière.