Haiti, un paese occupato da forze straniere e distrutto dalla povertà
È il titolo di un commento della Redacción de Correspondencia de Prensa del Colectivo Militante di Montevideo, che riporta anche una dura denuncia di Conlutas (Coordenacão Nacional de Lutas).
Accanto e subito dopo la solidarietà, la denuncia delle responsabilità: prima di tutto del governo brasiliano che nel 2004 si è offerto per legittimare la nuova invasione di Haiti decisa dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Infatti una parte notevole dei 7.031 caschi azzurri e 2.034 poliziotti (più 488 funzionari internazionali) che controllano o dovrebbero controllare il paese sono brasiliani (seguono Uruguay, Cile, Argentina, ecc.). Il capo della polizia è invece un guineano, Mamadou Moutanga Djallo.
La denuncia riguarda non solo la funzione generale dell’intervento (garantire tranquillità alle multinazionali che istallano fabbriche maquiladoras nelle zone franche, e sfruttano le risorse del paese, senza preoccuparsi delle condizioni di vita della maggior parte della popolazione sprofondata nella miseria, senza assistenza medica, senza scuole), ma anche la sua incapacità di fermare le bande criminali. Proprio mentre arrivavano le notizie del terremoto, “Resumen Latinoamericano” informava su un ennesimo assassinio politico: lo scrittore Jn. Anil Louis-Juste, autore di numerose denuncie sull’occupazione del paese da parte della Minustah, era stato assassinato mentre usciva dall’Università.
Il comunicato del Colectivo militante ironizzava su una “notizia incoraggiante” fornita dalla CNN in spagnolo: il governo Obama ha deciso la “sospensione temporanea” della deportazione nell’isola di “clandestini” haitiani scoperti negli Stati Uniti. Dove li avrebbe messi, se continuava a mandarli lì? Le carceri sono crollate!
Una radiografia desolante
Il Colectivo militante forniva anche qualche dato da non dimenticare: Su circa 9 milioni di abitanti (stima approssimativa, date le condizioni dei servizi pubblici, e degli strumenti di rilevamento), l’80% sopravvive sotto la linea di povertà, con meno di un dollaro al giorno. Il 47% della popolazione con più di 15 anni è analfabeta.
Non solo il PIL procapite è il più basso dell’Amerca Latina, ma anche del mondo (è più basso solo in Nepal e in alcuni paesi dell’Africa), ed è mal distribuito: il 10% della popolazione più povera riceve solo lo 0,7% delle entrate, mentre il 10% superiore si accaparra il 47,7% della torta. Il 40 del PIL è per giunta costituito dalle rimesse degli emigrati negli Stati Uniti, e quindi è in brusca diminuzione perché in tempo di crisi gli immigrati, clandestini o no, sono i primi a essere licenziati.
Quasi il 75% delle case sono di latta, legno e cartone, e non hanno impianti igienici. Inutile dire che nei quartieri poveri (la quasi totalità) non esiste raccolta delle immondizie. In tutto esistevano 108.000 telefoni fissi e un numero imprecisato di cellulari, presumibilmente non alto.
Solo un quarto dei parti sono seguiti da personale medico. Ovviamente il tasso di mortalità infantile è il più alto delle Americhe ed è superato solo da alcuni paesi dell’Africa, e da Bangladesh, Afghanistan e Laos. Relativamente alto anche il tasso di infettati dall’AIDS accertati (120.000 pari al 2,2% della popolazione), ma naturalmente in assenza di assistenza medica adeguata i casi sfuggiti al controllo possono essere molti di più.
La denuncia di Conlutas
Il Colectivo militante ha riportato poi un comunicato del coordinamento brasiliano di lotta Conlutas che non si è limitato a esprimere una totale solidarietà alle vittime, stabilendo un collegamento con Batay Ouvriye e altre organizzazioni rivoluzionarie di Haiti, ma ha chiesto al governo di Lula di cancellare immediatamente le spese militari sostenute per partecipare e dirigere il corpo di interposizione (cioè di occupazione) di Haiti, destinandole all’aiuto umanitario.