I cantieri mobili di Marx
Un cantiere può essere fisso o mobile, a seconda se si vuol costruire un edificio o una strada. Una differenza che implica anche una diversa articolazione del cantiere riferita agli spazi, ai tempi e agli “strumenti”. L’immagine di un cantiere mobile ci viene restituita da Sandro Mezzadra con Nei cantieri marxiani. Il soggetto e la sua produzione (manifestolibri, Roma, 2014). Un approccio che si discosta dalla gran parte dei tanti marxismi edificati nell’ultimo secolo e mezzo. Mezzadra non è alla ricerca di supposte interpretazioni “autentiche ” del pensiero di Marx e nemmeno si adopera nell’ennesima opera di manutenzione, più o meno ordinaria, per declinarne al presente le categorie analitiche. La sfida è al tempo stesso più alta e complessa, riguarda la possibilità di misurarsi con la contemporaneità del pensiero di Marx. Non è il “qui e ora” dell’attualizzazione e della politicizzazione delle analisi sul modo di produzione capitalistico, è la necessità – per riprendere alcune suggestioni di Nietzsche – di vedere quanto Marx ci sia contemporaneo. Quanto cioè non coincida perfettamente con il nostro tempo ma proprio per questo sia in grado di percepirne meglio di altri il senso e le dinamiche. Una contemporaneità costituita simultaneamente di adesione e distanza. Daniel Bensaid avrebbe detto di “intempestività”.
Un’operazione che Mezzadra compie – assumendosi qualche rischio parlando di marxismo e non di marxismi – disattivando quelle che definisce “le regole di enunciazione e le procedure del marxismo” lasciando trasparire (sicuramente al di là delle intenzioni) una sorta di uniformità nei dispositivi di canonizzazione del pensiero di Marx a prescindere dalle situazioni storico-politiche che si sono determinate. Quindi un Marx oltre il marxismo. Per fare ciò Mezzadra legge Marx attraverso il filo aggrovigliato della produzione della soggettività facendolo interagire con un Foucault scrostato dai tanti “foucaultismi”. Una soggettività dunque che si produce nel campo di tensione tra l’assoggettamento ai meccanismi di dominio e sfruttamento capitalistici e le pratiche di soggettivazione che ne contestano la legittimità e la “naturalità”. Figure soggettive che non sono date una volta per tutte: devono essere prodotte e riprodotte nel processo di valorizzazione del capitale. In ultima analisi il capitale è un rapporto sociale tra persone mediato da cose. Di spunti acuti e interessanti – nel libro – sulla classe, la lotta di classe, i soggetti nella storia, da Marx a Algeri ce ne sono molti. Più che sufficienti per aprire dibattiti che finora sono mancati nella sinistra radicale, antagonista, anticapitalista (l’incertezza della definizione è sintomo dello stato poco brillante) di questo paese. Tuttavia riteniamo che si possano aprire ben più produttivi spazi di riflessione indagando i passaggi impliciti, le ipotesi abbozzate, i “sentieri interrotti” che Mezzadra, pur senza dare forma a un cantiere nel cantiere che non può non avere un carattere collettivo, comunque evoca e propone.
Andando a fondo del processo di soggettivazione, cercando di coglierne – ci si passi il termine – la determinazione interna tra assoggettamento e soggettivazione appare come double blind, doppiamente cieco, il riferimento alla costruzione teorica di Negri, citata da Mezzadra, di “una società della sussunzione reale che si caratterizza come tentativo diretto della produzione di soggettività”. Si presume un’evoluzione quasi lineare dalla sussunzione reale del lavoro al capitale alla sussunzione reale dell’intera società al capitale. Al tempo stesso si sostiene che dentro questa fase di sussunzione reale si costruiscono non solo le condizioni della riproduzione sociale ma anche i soggetti, gli attori, i portatori di questa produzione di soggettività. In questo modo, ci pare, venga meno uno dei capisaldi del metodo che Mezzadra usa proficuamente in altre parti del testo per analizzare le forme della soggettivazione: i soggetti sono allo stesso tempo il presupposto e il risultato di un processo sociale.
In termini diversi un procedimento simile si nota quando Mezzadra affronta la questione del lavoro astratto. Dopo una ricostruzione accurata delle oscillazioni di questo concetto presenti in Marx, che a nostro avviso, non possono che rimandare alla legge del valore (a prescindere che si giudichi attuale o superata) Mezzadra propone la categoria di “forme del lavoro” per connettere la produzione di plusvalore alla determinazione del valore di scambio delle merci. Un passaggio teorico che poi lo vede costretto ad accentuare il processo di estraniazione dei soggetti sociali e di spossessamento degli stessi di risorse “comuni” come la conoscenza prodotta e depositata nelle reti, la natura, il welfare rispetto (contrapposti?) al dominio e allo sfruttamento della forza-lavoro per estrarre il lavoro vivo necessario alla valorizzazione del capitale. Infatti nelle conclusioni Mezzadra evoca un concetto di sfruttamento che pone al centro l’estraniazione e lo spossessamento come obiettivo fondamentale su cui lavorare oggi.
Due questioni, quelle appena citate, che pur nella loro importanza non fanno venire meno la necessità di approfondire i temi che Mezzadra ha sollevato aprendo una breccia che merita solo di essere allargata. I cantieri, in questo caso, servono e ci servono a delineare percorsi non a costruire palazzi.
Fonte originale dell’articolo: http://www.communianet.org/content/i-cantieri-mobili-di-marx