Il popolo di Grillo
da Repubblica.it
L’uomo dietro Grillo, più manager che politica
Gianroberto Casaleggio, messo sotto accusa da Favia, non ama i riflettori. Guida una società di comunicazione e marketing, ha una forte influenza sulle scelte del Movimento 5 Stelle
di MATTEO PUCCIARELLI
“Ce n’è abbastanza per rinchiuderlo. È un individuo oggettivamente pericoloso e socialmente utile”. Il ritratto di Gianroberto Casaleggio è del fratello acquisito, cioè Beppe Grillo. Si incontrarono per la prima volta in una sera d’aprile a Livorno, dopo uno spettacolo del comico. Grillo era ancora quello che spaccava i computer durante le sue performance, ma da quel giorno cambiò tutto. “Venne in camerino – scriveva Grillo nella postfazione di Web Ergo Sum – e cominciò a parlarmi di Rete. Di come potesse cambiare il mondo. Non conoscendolo lo assecondai. Gli sorrisi. Cercai di non contrariarlo. Temevo di ritrovarmi una chiocciola o un puntocom in qualche posto sensibile. Era molto convinto di quello che diceva. Pensai che fosse un genio del male o una sorta di San Francesco che invece che ai lupi e agli uccellini parlasse a Internet. (…) Ebbi, lo confesso, un attimo di esitazione. Strinsi gli occhi. Casaleggio ne approfittò. Mi parlò allora, per spiegarsi meglio, di Calimero il pulcino nero, Gurdjieff, Giorgio Gaber, Galileo Galilei, Anna di York, Kipling, Jacques Carelman e degli adoratori del banano. Tutto fu chiaro, era un pazzo. Pazzo di una pazzia nuova, in cui ogni cosa cambia in meglio grazie alla Rete. Aziende democratiche, persone al centro di ogni processo, intermediazioni economiche e politiche soppresse, libera circolazione di idee, abolizione della proprietà intellettuale”.
Classe 1954, milanese, un’espressione da primo della classe, occhialini e capelloni ricci brizzolati. “Un tizio che sembra Angelo Branduardi ingrassato”, lo canzonò Filippo Facci. Dopo la puntata di “Piazzapulita” è diventato improvvisamente famoso.
Ma è soprattutto un manager di successo, proprietario della Casaleggio Associati, società specializzata – ovviamente – in comunicazione e marketing. È la Casaleggio Associati che cura direttamente il blog di Grillo, la rete dei meetup, le strategie sulla rete, la casa editrice che cura tutte le pubblicazioni del comico e che organizza i suoi tour. Siano essi spettacoli o comizi. Gianroberto però preferisce le retrovie rispetto alla luce dei riflettori. Beppe è il megafono, è il volto, è l’umore di un intero popolo. Casaleggio è la mente, lo stratega, il tecnico, il fidato consigliere. Una specie di Gianni Letta del movimento. Un uomo-macchina: coordina, dà seguito e sostanza a idee e progetti.
Fino a pochi anni fa l’azienda gestiva anche il sito-blog di Antonio Di Pietro. Poi la fine dei rapporti, sia di lavoro che politici con l’ex pm. Nel 2007 la società ha chiuso il bilancio con un fatturato di 2,4 milioni e un utile di 668 mila euro. Nel 2008 l’attivo è salito a 807 mila, per flettere nel 2009 e nel 2010 (rispettivamente a 584 mila e 447 mila). La nascita del M5S non ha portato più guadagni, ma certamente un peso politico inimmaginabile solo tre anni fa.
Casaleggio non ama le interviste e quando ha avuto qualcosa da dire ha preso carta e penna e inviato una lettera al Corriere della Sera: “Mi hanno attribuito dei legami con i cosiddetti poteri forti, dalla massoneria, al Bilderberg, alla Goldman Sachs con cui non ho mai avuto nessun rapporto, neppure casuale. Dietro Gianroberto Casaleggio c’è solo Gianroberto Casaleggio. Un comune cittadino che con il suo lavoro e i suoi (pochi) mezzi cerca, senza alcun contributo pubblico o privato, forse illudendosi, talvolta forse anche sbagliando, di migliorare la società in cui vive. Sono stato definito il “piccolo fratello” di Beppe Grillo, con riferimento al Grande fratello del romanzo 1984 di George Orwell. È evidente che non lo sono. La definizione contiene però una parte di verità. Grillo per me è come un fratello, un uomo perbene che da questa avventura ha tutto da perdere a livello personale“.
Le voci sui suoi presunti collegamenti con i “poteri forti” da dove nascono? Il presidente della Casaleggio Associati è Enrico Sassoon. Giornalista, dal 1977 al 2003 nel gruppo Il Sole-24 Ore, già direttore responsabile di L’Impresa-Rivista Italiana di Management, della rivista Impresa Ambiente e del settimanale Mondo Economico, attualmente direttore responsabile del mensile di management Harvard Business Review Italia (rivista edita da StrategiQs Edizioni, di cui è co-fondatore e amministratore delegato), Presidente di Leading Events (The Ruling Companies Association) e Presidente di Global Trends, società di studi, ricerche e comunicazione.
Nel 1998 Sassoon è amministratore delegato dell’American Chamber of Commerce in Italy, di fatto una lobby “con lo scopo – si legge nel sito – di sviluppare e favorire le relazioni economiche, culturali e politiche tra gli Stati Uniti d’America e l’Italia, di promuovere e tutelare gli interessi dei propri associati nell’ambito dell’attività di business tra i due Paesi e di diffondere tra i propri associati le informazioni relative alla propria attività”. E risiede ancora nel board of directors della società.
Lì è affiancato da personaggi che contano: il presidente onorario David Thorne, ambasciatore in Italia degli Stati Uniti d’America; il vicepresidente Eugenio Sidoli, presidente e amministratore delegato di Philip Morris Italia; e poi, tra gli altri, Cesare Romiti, presidente onorario Rcs; Veronica Squinzi della Mapei, figlia di Giorgio presidente di Confindustria; Giuseppe Cattaneo, senior advisor to the chairman Aspen Institute Italia; Nicola Ciniero, presidente e amministratore delegato Ibm Italia; Carlo D’Asaro Biondo, presidente per l’Europa Meridionale e Orientale, Medio Oriente e Africa di Google; Stefano Lucchini, direttore relazioni istituzionali e comunicazione Eni; Alessandro Minuto Rizzo, senior strategic advisor Enel; Carlo Persico, responsabile servizio international network, direzione internazionale IntesaSanpaolo; Giancarlo Villa, presidente e ad Esso Italia. Traduzione basica: banchieri, petrolieri e industriali di livello internazionale.
Ma anche lo stesso Gianroberto ha un curriculum di tutto rispetto. Inizia la sua carriera in Olivetti, poi la Webegg Spa e infine la Casaleggio Associati. Nel mezzo – come raccontava nei dettagli Pietro Orsatti su MicroMega due anni fa – una joint-venture, rapporti e contatti ai massimi livelli con Telecom – la stessa presa di mira con preveggenza, per anni, da Beppe Grillo. Ma la scoperta del web, per Casaleggio, va di pari passo con la riproposizioni di termini internettiani del concetto di opinion leader: la presunta capacità persuasoria dei (vecchi) media non sarebbe diretta, ma mediata da individui riconosciuti appunto come opinion leaders, cioè persone ritenute punti di riferimento relativamente a questioni specifiche (per fare un esempio, i sacerdoti nel campo della morale). In internet questi soggetti vengono chiamati influencer: “Online il 90 per cento dei contenuti è creato dal 10 per cento degli utenti, queste persone sono gli influencer – scriveva in un articolo Casaleggio – quando si accede alla Rete per avere un’informazione, si accede a un’informazione che di solito è integrata dall’influencer o è creata direttamente dall’influencer. Un prodotto, un servizio online è fortemente influenzato dall’opinione dei cosiddetti influencer, molto più per esempio dalla promozione diretta o dalla ricerca che viene creata dalle società con forti investimenti, se pensiamo per esempio a un prodotto di elettronica, il 60 per cento degli acquisti on line viene orientato dagli influencer, quindi se per esempio il prodotto di elettronica viene osteggiato dall’influencer non viene venduto on line”.
La strategia comunicativa e aziendale di Casaleggio tiene conto di questo fattore ed è per questo che risulta vincente. Se il blog di Beppe Grillo è diventato praticamente un fenomeno di massa, il merito è sì del messaggio, ma anche del modo con cui viene veicolato. E visto che il verbo grillino impera nella rete, con frotte di militanti pronti a commentare in decine ogni contenuto critico verso il movimento, è per caso grazie ad un controllo continuo e sistematico di ciò che viene pubblicato con successivo “pronto intervento”? Il dubbio sorge spontaneo e non sono in pochi a evocare scenari da “gabinetto di guerra”: cioè un’attenta regia che scannerizza il web, pronta a sguinzagliare decine di nickname in difesa del M5S.
La (nuova) visione del mondo di Casaleggio è sintetizzabile in tre frasi, l’insegnamento principe del libro Tu sei rete: “Fino a qualche anno fa, le relazioni tra persone, oggetti ed eventi erano attribuite al caso. L’unico modo per ipotizzare il funzionamento dei sistemi complessi era attribuirne le ragioni ad avvenimenti casuali. La vita e l’evoluzione delle reti seguono invece leggi precise e la conoscenza di queste regole ci permette di utilizzare le reti a nostro vantaggio”. Utilizzare le reti a nostro vantaggio, quindi: un vantaggio economico, quindi. Ma pure, perché no, politico.
Solo strategia commerciale e di marketing? Secondo la visione di Casaleggio le potenzialità del mezzo – internet – stravolgeranno il mondo. Gaia, il futuro della politica è un video postato da YouTube su casaleggio. it che, partendo dai grandi (nel bene e nel male) personaggi dell’antichità, capaci di sfruttare a proprio favore i nuovi mezzi di comunicazione che via via venivano inventati, finisce per ipotizzare l’immediato futuro: nel 2018 il mondo sarà diviso sarà diviso in due blocchi, quello con il web libero e quello con la rete controllata dai governi (Russia, Cina, e una bella fetta dell’Asia); nel 2020 scoppierà una terza guerra mondiale, durante la quale verranno distrutti i monumenti simbolo dell’occidente e verranno utilizzate armi batteriologiche; la popolazione sulla terra si ridurrà ad un miliardo, causa anche i cambiamenti climatici; nel 2046 tutti avranno un’identità su un nuovo social network creato da Google e tutti saranno collegati a internet per ogni tipo di bisogno; nel 2051 verrà abolita la pena di morte nel mondo attraverso un referendum votato dal proprio pc; infine, nel 2054, nasce Gaia, un nuovo governo mondiale: “Ogni essere umano può diventare presidente e controllare il governo attraverso la Rete. In Gaia i partiti, la politica, le ideologie e le religioni scompaiono”.
Favia, da magazziniere a candidato sindaco
Vita e parole di un politico “flessibile”
Un ragazzo con un piccolo grande sogno nel cassetto: Roma. Magari da candidato premier grillino.Spesso in rotta di collisione con il leader del Movimento Cinque Stelle che non gli ha risparmiato mai “tirate d’orecchio”
“Stasera a La7 puntata sul Movimento 5 Stelle. Ho un brutto presentimento. Stiamo a vedere”. Queste le parole su Facebook di Giovanni Favia, pochi minuti prima che scoppiasse il caos. Un terremoto che rischia davvero di rompere il giocattolo di Beppe Grillo e di Gianroberto Casaleggio. Ma tutto quanto era in un qualche modo prevedibile. Le parole di Favia stupiscono non per il contenuto in sé, visto che lo stesso consigliere regionale le aveva fatte intendere in passato; stupisce più che altro la “chiarezza espositiva” e il fatto che il solitamente abbottonato Favia si sia lasciato andare così facilmente e così pesantemente con un giornalista.
Trentadue anni, Favia è un grillino degli albori. Prima della fatwa primaverile del comico genovese contro le trasmissioni in tv, non disdegnava di parteciparvi. Viso pulito, look apolitico, gioviale e sbarazzino, educato ma deciso sui contenuti. A volte esitante di fronte ai vecchi volponi catodici, ma perlomeno una faccia fresca e dei concetti chiari da esprimere. Anche un po’ sfrontato: uno capace di collegarsi su Facebook durante un talk su La7 e scrivere: “Ragazzi, hanno un alito che non potete immaginare….”.
All’inizio candidato sindaco a Bologna, poi candidato presidente in Emilia Romagna. In entrambi i casi un successo. Prima di fare politica a tempo pieno aveva provato con i più svariati lavori. Senza particolare fortuna: magazziniere, cameriere, manovale edile, apprendista elettricista, rappresentante di commercio, fotografo, poi mise su una ditta individuale per la produzione di materiali audio-visivi.
Politicamente può vantare la propria partecipazione alle manifestazione no-global di Genova del 2001, ma riuscire a stanarlo adesso è impossibile: neanche sotto tortura dirà mai che sì, dopotutto ha un background di sinistra. Si avvicina al blog e poi al primo meetup nel capoluogo emiliano, storicamente il più attivo di tutti. Ci crede, si impegna anima e corpo nella nuova avventura e riesce a farla diventare un lavoro vero e proprio. A Roma, durante la manifestazione a piazza Navona dell’Idv (28 gennaio 2009) venne strigliato dalle forze dell’ordine per uno striscione che recitava “Napolitano dorme, il popolo insorge”. Per la prima volta i giornali parlarono di lui.
L’esordio pubblico ufficiale – dicevamo – è da candidato primo cittadino sotto l’insegna della lista beppegrillo.it. Anno 2009. Presenta un programma semplice (più raccolta differenziata, energia pulita, uso della rete per divulgare le sedute del consiglio comunale, aree verdi al posto delle ex caserme, no alla privatizzazione dell’azienda di trasporti pubblica, stop ai privilegi di sindaco e assessori) porta a casa il 5 per cento e viene eletto a Palazzo d’Accursio. Impegno massimo, intransigenza istituzionale pure, ma allo stesso tempo un ragazzo capace di parlare con tutti, dai tranvieri ai dirigenti d’azienda. Poi però il sindaco Flavio Delbono si dimette dopo uno scandalo a tinte rosa e lui scalda i motori per le regionali. Un altro successo: alle Regionali nel 2010 conquista un 7 per cento clamoroso.
Durante quella campagna elettorale spiegò che, in caso di elezione, con 1400 euro al mese avrebbe vissuto benissimo. Una volta eletto, il movimento – magnanimo – decise in assemblea che poteva pure tenersi 2500 euro al mese, per 13 mensilità. Cifra poi di nuovo ritoccata a 2700 euro.
Ma è, soprattutto, un grillino “flessibile”: “Resta anche per lei il limite dei due mandati?”, gli chiese perfido il giornalista del Corriere della Sera, subito dopo la seconda elezione nel 2010. Risposta: “Sono cose che valuteremo collettivamente. Noi non siamo dei talebani, ma posso dire che non ci sposteremo dal limite dei dieci anni. Del resto, De Gasperi ha governato per otto”. Detto da uno appena eletto per la seconda volta, rendeva bene l’ambizione del personaggio.
Già, l’ambizione. A sentire i suoi detrattori, tutti nessuno escluso, la vanità e l’arrivismo di Favia sarebbero il vero motore delle sue imprese politiche. Un ragazzo con un piccolo grande sogno nel cassetto: Roma. Magari da candidato premier dei 5 Stelle. O se fosse andata male perché no, in lista con l’Italia dei Valori. Questo però lo dicono i maligni. Chi gli sta accanto, invece, parla di “legittime aspirazioni” e ne loda le capacità: instancabile lavoratore, sempre sul territorio, abile nell’uso dei social network e con un certo fiuto politico.
Però era evidente che con Grillo qualcosa si fosse rotto. O anzi, con Casaleggio. Pochi mesi fa venne punzecchiato sul blog di Grillo proprio sulla questione Tavolazzi. “So che un consigliere regionale appoggia la sua candidatura…”, diceva il post. Il riferimento era diretto proprio a lui. Che rispose per le rime: “Prego chi ha fornito questa falsa informazione allo staff del blog di dichiararsi e chiedere scusa. Ed allo staff di verificare prima le informazioni che pubblica”. E quando Tavolazzi venne espulso Favia dichiarò: “Non so, ma io stimo molto Tavolazzi”. Da notare che Favia, nonostante il post fosse firmato da Beppe Grillo in persona, parlò due volte di “staff del blog”. Cioè la Casaleggio Associati. E sui suoi rapporti con Tavolazzi andrebbe aggiunta una postilla: il famoso incontro di Rimini, quello per cui l’ex manager è stato fatto fuori, aveva un punto all’ordine del giorno un po’ particolare. Cioè la candidatura di Favia a premier, nel 2013. Incontro cui Favia avrebbe dovuto partecipare, ma avuto il sentore delle ire di Beppe avrebbe disdetto all’ultimo secondo. Appena in tempo. E quell’ordine del giorno? “Ma no, era stato presentato da una ragazzo di non ricordo neanche dove, una cosa isolata”, garantisce Tavolazzi.
Seconda tirata di orecchi pubblica di Grillo a Favia è quella avvenuta poche settimane fa. In Regione ad agosto scoppia lo scandalo: tutti i consiglieri regionali, tranne quelli di Italia dei Valori e Federazione della Sinistra, pagavano le emittenti locali per farsi intervistare. Favia incluso. Per i giornali una notizia sensazionale: ma come, il fustigatore della Casta che fa politica sul web sgancia soldi pubblici per farsi vedere in tv? Lui all’inizio si difende, spiega che è un modo per far conoscere la voce dei 5 Stelle, della quale altrimenti i media non darebbero conto. Ma Grillo lo sgrida sempre attraverso il blog: “È come pagare per il proprio funerale”, con relativa accusa implicita di ‘intelligenza col nemico’.
Favia prima prova a minimizzare. “Beppe non mi ha scomunicato – dice a Repubblica in quei giorni – Avrei preferito che spiegasse meglio la questione. Capisco che si senta attaccato, ma non ho fatto un utilizzo illegale dei finanziamenti della Regione”. Poi il giorno dopo fa retromarcia su tutta la linea e si scusa. Sul suo profilo Facebook aggiunge: “Con Grillo ci siamo sentiti sia prima che dopo il suo post. Continui da battitore libero a scrivere ciò che pensa e quelle che sono le sue opinioni, che nella stragrande maggioranza dei casi condivido. Lo faccia anche senza troppe carezze o giustificazioni se coinvolti degli eletti M5S, e poi è il suo stile”.
Ora le sue parole a Piazzapulita. Un fendente che può far male ad un movimento finora in costante crescita. La sua carriera politica finisce qui? Di certo con Grillo sarebbe finita lo stesso: il non-statuto parla chiaro, due mandati e poi a casa.
L’immagine di copertina della pagina Fb di Favia – ha diecimila e passa fan – è una foto: lui insieme al comico genovese, braccia al cielo e urla di gioia. Un grande amore politico. Ma anche gli amori, molto spesso, finiscono.