Il ricordo di Fausto e Iaio
Milano, via Mancinelli, sabato 18 marzo 1978, è buio. A pochi metri dal Centro Sociale Leoncavallo tre killer sparano 8 colpi di pistola. Per terra rimangono due corpi, sono quelli di Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci: Fausto e Iaio. Avevano 18 anni.
Da allora tanto, tantissimo è stato detto, scritto, dichiarato, rivendicato e smentito su questo episodio. Un “regolamento di conti fra spacciatori” fu la prima pista seguita dagli inquirenti, “una faida all’interno della sinistra” dichiarò la questura; poi la morte fortemente sospetta del giornalista dell’Unità Mauro Brutto che indagava appunto sull’omicidio dei due ragazzi e quindi rivendicazioni da parte dei Nar (Nuclei Armati Rivoluzionari), intrecci tra criminalità organizzata, terrorismo nero, P2, Banda della Magliana, servizi segreti deviati, spaccio di eroina, collegamenti con il rapimento di Aldo Moro avvenuto due giorni prima. Ventidue anni di indagini che sono terminate nel 2000 con l’archiviazione dell’inchiesta da parte del Giudice delle Udienze preliminari del Tribunale di Milano Clementina Forleo. La conclusione: “Pur in presenza dei significativi elementi indiziari a carico della destra eversiva ed in particolare degli attuali indagati (Massimo Carminati, Mario Corsi e Claudio Bracci), appare evidente allo stato la non superabilità in giudizio del limite appunto indiziario di questi elementi, e ciò soprattutto per la natura de relato delle pur rilevanti dichiarazioni”. Tradotto in termini comprensibili non solo agli addetti ai lavori: i possibili autori dell’assassinio si conoscono bene ma non si hanno le prove.
Il 16 marzo scorso, trentaduesimo anniversario del rapimento di Aldo Moro, tutti i telegiornali hanno giustamente voluto richiamare alla memoria quel pezzo di storia italiana. Oggi, 18 marzo, nessun TG ritiene altrettanto importante ricordare che è il trentaduesimo anniversario dell’assassinio di Fausto e Iaio. Noi vogliamo farlo con Daniele Biacchessi – giornalista, Vicecapodirettore di Radio24, regista e interprete di teatro di narrazione, autore di molti libri d’inchiesta su terrorismo, mafia, ambiente, stragi e politica italiana fra cui “Fausto e Iaio, la speranza muore a 18 anni” (Baldini Castoldi Dalai – 1995) da cui è stato tratto “Perché Fausto e Iaio”, spettacolo teatrale che vede la partecipazione di Stefano Paiusco, Raja Marazzini e Marino e Sandro Severini dei Gang. Biacchessi, milanese, racconta: “Quella sera stavo andando con la mia ragazza al Leoncavallo per un concerto della Treves Blues Band. Erano circa le otto e venti quando, entrato in Via Mancinelli, ecco questa scena drammatica che mi ritrovo davanti. I due ragazzi morti per terra a duecento metri l’uno dall’altro. Gli amici comuni a cui chiesi cos’era successo mi risposero che erano morti Fausto e Iaio e io mi misi a piangere per almeno mezz’ora. Poi però mi ricordai che facevo il giornalista, lavoravo a Radio Regione quindi presi un gettone telefonico e con il massimo della freddezza che riuscii a mettere insieme diedi questa notizia drammatica, in diretta, a Radio Regione”.
Biacchessi, che ha dedicato molto del suo lavoro ai più foschi intrighi della storia della nostra repubblica, spiega che questo omicidio “deve essere inquadrato come uno dei tanti snodi della strategia della tensione che ha insanguinato il paese” ed è convinto che in Italia “Non esistono più misteri, solo fatti, inchieste, interviste”. Su questo come su molti altri episodi “oggi conosciamo una verità storica ma non abbiamo ancora giustizia”.
In una testimonianza raccolta dai Gang nel libro “Banditi senza tempo” (Selene edizioni – 2003), la signora Danila Angeli in Tinelli, mamma di Fausto, scrive: “Fausto e Iaio sono stati trattati come fossero dei fantasmi, invece erano persone in carne ed ossa. Noi chiedevamo giustizia e abbiamo ottenuto solo silenzio. E’ lo stesso silenzio che anticipa la volontà di insabbiare, di dimenticare, come per tutte le stragi che hanno insanguinato il nostro paese”. Biacchessi conclude: “Quello di Fausto e Iaio è stato l’omicidio più vissuto a Milano e anche lo specchio della negazione della verità che si vede in tutte queste storie. Un filo di ingiustizia che alla fine lascia l’amaro in bocca”.