Indignados a New York
Il ponte di Brooklyn è lungo quasi due chilometri. Due chilometri sospesi tra cavi di acciaio sull’acqua dell’East River, che il 1 ottobre si sono riempiti di una folla diversa da quella dei soliti turisti a caccia di un tramonto romantico sullo sfondo dello skyline di Manhattan: una folla composta da migliaia di persone, rumorose e gioiose, in una manifestazione non autorizzata partita da Zuccotti Park e destinata a terminare a Brooklyn, dall’altro lato dell’East River. Il 1ottobre è il quindicesimo giorno dall’inizio di Occupy Wall Street, un’occupazione permanente del Zuccotti Park, rinominato Liberty Plaza, vicinissimo a Wall Street, iniziata il 17 settembre scorso. Promossa da vari gruppi e individui di orientamento prevalentemente anarchico (per quanto “anarchico” negli Stati Uniti sia una sorta di etichetta ombrello piuttosto vaga), la prima manifestazione e occupazione non contava più di qualche centinaio di persone. Ispirandosi esplicitamente all’esperienza di piazza Tahrir e delle acampadas spagnole, l’accampamento newyorkese si è dato da subito due parole d’ordine fondamentali: democrazia e condanna della corruzione degli speculatori finanziari. Il primo documento ufficiale dell’occupazione è stato approvato dall’assemblea generale del 29 settembre. Si tratta di un atto di accusa senza mezzi termini, rivolto ai governi, alle banche, alle multinazionali, a tutti responsabili dell’attuale crisi economica ed ecologica. Il documento non si conclude con una lista di rivendicazioni, forse a sottolineare che i manifestanti non riconoscono nessuna legittimità a governi e capitalisti, e anche che l’unica rivendicazione condivisa è un cambiamento radicale del sistema.
Nel corso delle scorse settimane l’occupazione ha iniziato ad organizzarsi, dando vita a decine di gruppi di discussione, assemblee generali, iniziative, allestendo una biblioteca e garantendo la distribuzione di cibo. Il metodo usato per le comunicazioni durante l’assemblea generale (che si riunisce ogni giorni e prende le decisioni) e in situazioni di piazza è singolare: al posto di megafoni e microfoni, un gigantesco megafono umano. Le frasi di chi parla vengono ripetute in coro da tutti coloro che riescono a sentirle e in questo modo vengono amplificate. Per quanto strano possa sembrare, questo metodo ha il merito di ridurre di parecchio retorica e leaderismo, e funziona perfettamente anche in caso di emergenza, ad esempio quando si è trattato di comunicare con i manifestanti arrestati.
Fino a questo momento la composizione della protesta è stata prevalentemente giovanile. Tuttavia, oggi una rete di sindacati radicali e organizzazioni di lavoratori, tra cui New York Communities for Change, ha deciso di aderire alla protesta e di dar vita a una manifestazione il prossimo mercoledì pomeriggio.
Il momento di svolta decisivo nella dinamica della protesta si è avuto la settimana scorsa, quando la polizia ha brutalmente caricato e malmenato senza motivo una manifestazione non autorizzata di qualche centinaio di occupanti diretta a Union Square. A partire da quel momento la voce dell’occupazione del Zuccotti Park e l’indignazione per l’arroganza e la violenza delle forze dell’ordine, hanno iniziato a diffondersi attraverso internet e nei campus universitari newyorkesi. Risultato: le occupazioni si sono estese ad altre città statunitensi, da Boston a Los Angeles, e centinaia di newyorkesi hanno iniziato ad affollare le numerose iniziative che riempiono le giornate di Occupy Wall Street. Alla manifestazione non autorizzata del 1, convocata alle 15 per marciare verso Brooklyn, hanno partecipato poco meno di 10.000 persone, per lo più giovani, in stragrande maggioranza bianchi. Anche questa volta la polizia di New York ha deciso di andarci con la mano pesante. Arrivati al ponte, una parte della manifestazione ha iniziato a marciare senza problemi nell’area pedonale; un’altra parte, invece, è caduta nel vero e proprio trappolone escogitato dalla polizia e ha imboccato il percorso stradale del ponte, bloccando il traffico. Come testimoniato da molti manifestanti, la polizia non soltanto non ha dato nessun segno che il blocco del traffico fosse proibito, ma ha anzi fatto credere ai manifestanti che non ci fosse nessun problema. Invece, giunti all’incirca a metà del ponte i manifestanti sono stati circondati dalla polizia, e dunque bloccati senza nessuna via di fuga. A quel punto sono iniziati gli arresti di massa: oltre 700 persone sono state ammanettate, caricate sui pullman, e portate al posto di polizia. Al momento si attendono notizie delle accuse che verranno loro mosse e del loro rilascio. Nonostante gli arresti di massa, tuttavia, il movimento non ha dato nessun segno di voler retrocedere. Al contrario, centinaia di manifestanti hanno cercato di marciare in direzione della centrale di polizia, in solidarietà con i compagni arrestati. Se la polizia voleva spaventare la manifestazione, di certo non ci è riuscita, al contrario, sembra che gli occupanti di Wall Street non abbiano proprio nessuna paura. Finita la manifestazione, duemila persone si sono dirette verso Liberty Plaza, dove hanno continuato a ballare e festeggiare per ore, nonostante la pioggia. E domani si ricomincia.
Per chi non ha familiarità con la politica americana questa giornata potrebbe sembrare una delle tante giornate di protesta. Non lo è. Se si prendono in considerazione lo stato di sfacelo della sinistra americana, il livello di repressione poliziesca e controllo sociale, difficilmente paragonabili a quello di un qualsiasi paese europeo, la durezza del capitalismo americano, l’assenza sostanziale di diritti del lavoro e di diritti civili che non siano quelli meramente individuali, quello che sta accadendo in questi giorni a New York ha dello straordinario. Occupy Wall Street ha tutte le potenzialità per crescere e allargarsi. Naturalmente ci sono delle incognite e alcuni problemi di fondo. In primo luogo bisognerà verificare la capacità del movimento di estendersi ai campus newyorkesi e di includere almeno parte della comunità afro-americana e latina. In secondo luogo, bisognerà che la lista di accuse si trasformi anche in una lista di rivendicazioni, attorno a cui attrarre e organizzare il movimento. Infine, bisognerà vedere se il supporto dei sindacati si rivelerà qualcosa in più di una mera formalità. A partire da mercoledì prossimo.