La difficile partita della sinistra greca
Il sindacato dei dipendenti pubblici Adedy ha annunciato 48 ore di sciopero a partire da domani, invece delle 24 previste per mercoledi, contro le «crudeli e brutali misure senza precedenti» annunciate ieri dal governo in cambio di 110 miliardi di aiuti Ue-Fmi. Mercoledi 5 maggio lo sciopero di Adedy confluirà in quello generale, il terzo contro il piano di austerità , cui partecipano anche il sindacato del settore privato Gsee e quello comunista Pame. Resterà paralizzato in tale occasione il traffico aereo, a causa della protesta dei controllori di volo, quello terrestre, sia urbano che nazionale, e marittimo. Saranno inoltre chiusi ospedali, scuole e uffici pubblici.
E’ un passaggio importante e delicato a cui tutta la sinistra greca formata da partiti storici come il Kke – comunisti ortodossi – dal Synaspismos e dalla sua coalizione Syriza, dai sindacati, da una parte dello stesso Pasok al governo, da una rete di attivisti sociali, guarderà con attenzione.
Yannis Almpanis, ad esempio, è stato uno dei promotori del Forum sociale greco del 2006 e ancora prima era stato al primo Fse di Firenze e a quelli di Porto alegre. Componente della Rete per i diritti politici e sociali (Diktio) è stato in prima fila nella battaglia per una Grecia, e un’Europa, più giusta, più democratica, socialmente più avanzata. Nelle sue parole si avverte una certa rassegnazione e una demoralizzazione in corso: «Le condizioni poste dalla Germania, spiega Yannis, causeranno una catastrofe sociale. La Grecia era già il paese più povero della zona euro e ora rischiano di prodursi situazioni da terzo mondo. Nessuno in Grecia avrebbe mai pensato che si potesse arrivare a una tale situazione».
Le condizioni europee del resto parlano chiaro: una riduzione di circa il 15% dei salari pubblici e privati, l’aumento dell’età pensionistica a 67 anni, la riduzione delle indennità, riduzione dei posti di lavoro nel pubblico impiego, libertà di licenziamento nel settore privato. La situazione, dice Yannis, ricorda quella dell’Argentina. «Noi saremo messi in condizioni di assoluta povertà e nel giro di pochi anni ci ritroveremo a non poter pagare di nuovo il rimborso dei titoli emessi».
Quanto alla possibilità di una rivolta sociale la risposta è che «ci si può attendere di tutto: che non succeda nulla, una rivolta di sinistra ma anche una deriva reazionaria». Anche perché il quadro politico è fortemente scosso. Il Pasok sta gestendo il peggior piano di austerità mai avuto dal paese con il sostanziale appoggio della destra di Nuova democrazia (che è la principale responsabile della situazione). La sinistra si oppone e incita alla resistenza mentre la direzione sindacale sta cercando di assorbire i colpi del piano di risanamento senza però opporsi decisamente.
Oggi, la coalizione della sinistra radicale, Syriza – imperniata sugli ex comunisti del Synaspismos e forte all’incirca del 4-5% dei voti, da non confondere con i comunisti ortoddossi del Kke che pure hanno l’8% dei voti – ha formalmente presentato la sua proposta di tenere un referendum contro un piano di austerità che «sta distruggendo la società». Il leader di Syriza, il giovane e molto popolare Alexis Tsipras, ha presentato la sua proposta di referendum durante un incontro con il presidente della repubblica Karolos Papoulias. «Il mandato ricevuto dal governo quando fu eletto sei mesi fa era di proteggere i deboli e non di distruggere la società» ha detto Tsipras. Può giovarsi dell’apporto esterno che gli arriva da un uomo come Lafontaine, leader della Linke tedesca – il partito di sinistra forte del 12% dei voti – e che ha bocciato sonoramente il piano che vede la Germania molto attiva: «Non ha alcun senso concordare un pacchetto di aiuti che non crea le necessarie condizioni affinchè crisi del genere non si ripetano all’infinito» ha detto a un’emittente tedesca. Un appello di solidarietà alla Grecia, firmato dai partiti della sinistra radicale europea, ha finora raccolto l’adesione di trentasei organizzazioni: alle proponenti, infatti, si sono aggiunti organizzazioni di Cipro, Repubblica ceca, Svezia.
Ma la crisi greca può anche far scaturire nuove situazioni come dimostra la popolarità crescente dell’imprenditore Andreas Vgenopoulos che fustiga i politici, di destra e di sinistra chiedendo di vedere la loro dichiarazione dei redditi prima e dopo il mandato elettorale e propone di farsi dare i soldi dagli arabi. Vgenopoulos è un personaggio carismatico, presiede un impero finanziario fatto della compagnia aera Olympic Air, della terza società finanziaria del paese, di due società per traghetti, del 3% di una televisione privata, Alter Channel e della presidenza della squadra di calcio di Atene il Panathinaikos. Ricorda qualcuno?
Del resto una recrudescenza nazionalistica potrebbe anche essere prodotta dall’atteggiamento internazionale, non propriamente elegante, nei confronti della Grecia. Il 3 maggio, il settimanale tedesco Focus, che già aveva esibito in copertina una Venere di Milo con il dito medio alzato, esce con una nuova fotografia: stavolta la Venere ha la mano tesa come un mendicante. Espressione di un certo disprezzo che si riscontra, tra l’altro, anche nella definizione che ormai va per la maggiore, dei paesi con più difficolà – Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna – i Pigs che in inglese vuole dire maiali (e qualcuno utilizza sempre più spesso l’acronimo Piigs, con una seconda I dedicata all’Italia). Attorno alla Grecia si gioca una partita delicatissima: le soddisfazioni dei governi e dei banchieri per il piano di austerità potrebbero dare vita a una miscela esplosiva in cui il peggio non si è ancora visto.