La Fiom cambia idea
Alla ex Bertone di Grugliasco, storica carrozzeria di qualità recentemente acquistata dalla Fiat, dove la Fiom ha la stragrande maggioranza dei delegati, le Rsu hanno deciso che voteranno sì all’accordo chiesto dall’azienda. Diranno sì, cioè, a quello che è stato rifiutato a Pomigliano e poi a Mirafiori: riduzione delle pause, non pagamento di alcuni giorni di malattia, limitazione del diritto di sciopero tramite la “clausola di responsabilità”. Una scelta destinata a imprimere alla vertenza Fiat un volto nuovo con una Fiom che cambia posizione rispetto alle precedenti consultazioni, anche se comunque si tiene le mani libere e con un’azienda che non dovrebbe avere più alibi per non fare l’investimento promesso.
La decisione si è materializzata ieri mattina dopo un’affollata assemblea dei lavoratori indetta dalle Rsu e a cui hanno partecipato il segretario Fiom, Maurizio Landini, il responsabile dell’auto della Uilm, Eros Panicali e il segretario della Fim torinese, Claudio Chiarle. Il senso di questa scelta è stato spiegato dal leader degli operai Cgil in azienda, Pino Viola: “Abbiamo detto sì perchè questo referendum non è libero, è un ricatto e sarebbe stato troppo facile scaricare sui lavoratori la responsabilità di un eventuale vittoria del no. Questo non vuol dire che siamo d’accordo”. In Fiom spiegano che si tratta di una scelta in parte obbligata: la fabbrica è chiusa da sei anni e quando la Fiat l’ha acquistata ai circa 1100 operai è sembrato che finalmente si potesse tornare a lavorare. Tra l’altro su una produzione di qualità, la Maserati, che richiede una certa cura e una certa professionalità. E’ a quel punto che è arrivata la doccia fredda della Fiat: se volete l’investimento di 550 milioni necessario a far ripartire la fabbrica, ha detto Marchionne, allora dovete accettare le condizioni già avviate a Pomigliano e Mirafiori. Un “ricatto” hanno subito detto le Rsu dove la Fiom ha il 65% dei consensi. Ma Marchionne ha tenuto il punto fino a minacciare il trasferimento della Maserati in un’altra località, anche fuori dall’Italia. Da qui la decisione di ieri che ha una forte componente “tattica”. Lo confermano le parole dello stesso Landini che, riferendosi alla decisione delle Rsu, parla di “azione di legittima difesa”. “Il fatto che le Rsu – osserva il segretario della Fiom – abbiano detto che nonostante il sì non sono d’accordo per niente ma che non sono loro che devono decidere la chiusura della loro fabbrica è un atto di responsabilità e di intelligenza tanto che, non avendo rispettato si sono detti disponibili a una verifica tramite una rielezione.”
Il passaggio si spiega, in effetti, con la particolare situazione della ex Bertone, fabbrica chiusa da anni con gli operai in cassa integrazione a talmente timorosi di non riuscire a riottenerla che uno di loro qualche giorno fa ha anche tentato di togliersi la vita gettandosi da un cavalcavia. Ora è ricoverato in gravi condizioni.
Ma la tattica non sarà facile da spiegare e la “mossa” della Fiom non mancherà di avere effetti tra i lavoratori e all’interno della stessa organizzazione. Se infatti da Cisl e Uil vengono apprezzamenti convinti, dall’interno della Fiom si sentono già diverse critiche. Il segretario nazionale Fiom, Sergio Bellavita, espressione di quella parte di Cgil che fa riferimento alla sinistra di Giorgio Cremaschi, parla di decisione “grave e al di fuori dei deliberati del Comitato centrale”. Bellavita sostiene che con tale legittimazione si vanifica la via legale scelta finora e che, in ogni caso, “neppure la Rsu eletta nelle liste Fiom, può sottoscrivere un’intesa che cancella le libertà sindacali e accetta quello che si è rifiutato a Pomigliano e a Mirafiori” Da qui, la richiesta di convocazione urgente del Comitato centrale. Un “chiarimento” lo chiede anche Augustin Breda della componente Cgil di Lavoro e Società.
Un primo scontro interno, del resto, si era avuto già sabato scorso, durante il Coordinamento nazionale dei lavoratori Fiat in cui sono volate parole grosse tra il segretario Landini e lo stesso Cremaschi che di fatto aveva accusato la segreteria nazionale di “arrendersi” al ricatto della Fiat. Ne è seguita una riunione drammatica con delegati in lacrime e con una sensazione diffusa di amarezza. Ieri, un certo disagio lo si percepiva anche tra i delegati Fiom di Mirafiori, che solo lo scorso gennaio hanno condotto una difficile battaglia per il “no” al referendum voluto da Marchionne. “Io onestamente non me l’aspettavo” dice Pasquale Lojacono delle Carrozzerie di Mirafiori venuto davanti ai cancelli della Bertone a parlare con i suoi colleghi. “Pensavo che ci si sarebbe limitati a non dare indicazioni di voto perché anche io capisco la difficoltà di chi non lavora da sei anni. Ma votare a favore di un accordo che supera il contratto nazionale non va bene, rischiamo di uscirne a pezzi”. Ora la parola, ancora una volta, passa ai lavoratori Bertone che finiranno di votare oggi nel loro referendum. La partecipazione di ieri è stata massiccia e il risultato dovrebbe essere in linea con le aspettative.