La frenata del Front de Gauche
(da Parigi)
A qualche giorno di distanza dall’ultimo turno delle elezioni legislative, quella che sembrava ed era stata salutata da molti come la grande promessa della sinistra radicale francese, il processo di ricomposizione avviato con il Front de Gauche, non appare in grande salute. Il secondo turno delle elezioni ha regalato al Partito socialista la maggioranza assoluta, il più grande trionfo dei socialisti dai tempi di Mitterand. È andata meno bene per il Front de Gauche, che riesce a ottenere solo 10 seggi parlamentari, di cui solo uno del Parti de Gauche, perdendone in questo modo 9 dei 19 che aveva. Quattro deputati comunisti sono stati persi solo nella banlieue rossa parigina. Come dichiarato dal segretario del Pcf, Pierre Laurent, all’indomani del voto, “questo non è stato un buon risultato per il Front de Gauche”. Tra i 10 eletti non c’è Melenchon, battuto al primo turno nel distretto elettorale del Pas de Calais da Marine Lepen (a sua volta battuta al secondo turno dal candidato socialista): la sfida lanciata alla leader del Front National da Melenchon, che si era catapultato per l’occasione in un distretto elettorale in cui il Fn era particolarmente forte, era finita, infatti, con un 42% dei voti a Marine Lepen.
Nonostante il Partito socialista non abbia bisogno della partecipazione del Front de Gauche per formare un governo, il Pcf ha tenuto una prima riunione lunedì per decidere il da farsi. In questa occasione Pierre Laurent ha dichiarato che, nonostante il Pcf abbia una vocazione al governo, il fatto che il Partito socialista non sia disponible a rinegoziare il suo programma presidenziale, fa sì che non ci siano le condizioni per una partecipazione governamentale dei comunisti. Tuttavia, ha dichiarato, “la porta non è definitivamente chiusa, perché noi siamo disponibili nel caso queste condizioni evolvano” (Vedi qui). La decisione definitiva in merito alla partecipazione del Pcf al governo verrà presa da un’assemblea generale di 500 delegati chiamati a votare mercoledì, per quanto il risultato sembri già scontato: il Pcf non occuperà posti ministeriali. Quello che rimane meno chiaro, invece, è se il Pcf abbia intenzione di fare opposizione parlamentare al governo socialista oppure no. Diversi leader del partito, inclusa Marie-George Buffet, candidata presidenziale nel 2007, hanno affermato di considerarsi parte della maggioranza di sinistra. In maniera più esplicita Buffet ha detto che “Noi non pensiamo che questo programma (le 60 proposte di François Hollande) sia adeguato nella sua totalità a farci uscire dalla crisi, dunque saremo nella maggioranza di sinistra, ma autonomi e costruttivi”, e ancora: “Noi non siamo all’opposizione, ma nella maggioranza di sinistra in maniera costruttiva, per ottenere dei risultati’” (qui).
La questione, come è evidente, non è per nulla irrilevante, dal momento che il progressivo aggravarsi della crisi economica e dell’Unione Europea continuerà a esercitare forti pressioni sui governi europeri per l’applicazione di misure di austerità. In questo scenario, non è ancora ben chiaro se ci sarà una forte opposizione parlamentare di sinistra alle politiche di austerità del governo Hollande-Ayrault oppure no.
Mentre tutti i riflettori sono puntati sul Pcf, quale sia la posizione del Front de Gauche in quanto tale, se ce n’è una, rimane un enigma: il sito del Front de Gauche, infatti, non è aggiornato dal 12 giugno e le dichiarazioni di stampa rilasciate dopo il secondo turno sono per lo più del Pcf, che sta attirando su di sé e sulla sua assemblea generale di mercoledì 20 giugno tutta l’attenzione mediatica. Mélenchon si era ripetutamente impegnato a non prendere parte a un governo socialista e aveva definito rinnegato chiunque decidesse di entrare al governo dopo le elezioni. Ma anche nel caso di Mélenchon, la questione della maggioranza parlamentare risultava non del tutto chiara: pochi giorni prima del primo turno, aveva infatti dichiarato che non avrebbe mai causato la caduta di un governo di sinistra. La posizione del Parti de Gauche sembrava quindi un ‘né… né’, né in maggioranza né all’opposizione, o, secondo una formulazione più poetica di Melenchon, riportata da Libération, una posizione di ‘autonomie conquérante’. Difficile capire cosa voglia dire precisamente.
Nei fatti, in questo dopo elezioni, la palla sembra essere passata piuttosto al Pcf. È da notare anche il fatto che il Pcf sta decidendo la propria partecipazione (o non partecipazione) al governo in maniera del tutto autonoma dal Front de Gauche. Certamente, la sconfitta di Mélenchon nel distretto di Pas de Calais non ha favorito i rapporti di forza tra Parti de Gauche e Pcf. E in generale, il magro risultato delle elezioni legislative e il fatto che solo un deputato su 10 sia del Parti de Gauche potrebbero spingere in direzione di una progressiva autonomizzazione del Pcf dal Front de Gauche, che non ha portato ai comunisti quella rinascita politica che si sperava. In questo contesto, la tenuta dell’esperienza unitaria del Front de Gauche rimane un’incognita. Gli ultimi sviluppi mostrano almeno due elementi. Il primo è la fragilità del FdG, al di là della spinta elettoralista legata in particolar modo al carisma di Mélenchon e alla tornata presidenziale. Il secondo è che non è del tutto scontato che a questa dinamica elettorale corrisponda una reale dinamica sociale e militante in grado di dare gambe e futuro a questa esperienza. I primi mesi di governo socialista, con tutte le contraddizioni che comporteranno, saranno probabilmente un test importante.