La Grecia in piazza cantando Bella Ciao
I sindacati e la sinistra greca sono scesi di nuovo in piazza al suono di Bella ciao, preparandosi al quarto sciopero generale del 20 maggio e a uno scontro frontale con il premier Giorgio Papandreou. Mentre la Banca di Grecia ha ricevuto la prima tranche di aiuti dal Fmi per 5,5 miliardi di euro, duemila persone hanno marciato senza incidenti fino al Parlamento per dire «no al disastro delle misure» contro salari e pensioni e urlare «Via Ue e Fmi». I manifestanti sono partiti dal centro di Atene al suono della canzone partigiana italiana Bella ciao, poi interrotta quando il corteo è passato davanti alla banca dove la settima scorsa tre impiegati hanno perso la vita in seguito ad un attentato incendiario compiuto da estremisti ai margini della manifestazione durante lo sciopero generale. Il corteo, organizzato dal sindacato pubblico Adedy, e del settore privato Gsee con la partecipazione della sinistra radicale, era partito con le parole e la musica di ‘Bella ciao, o partigiano portami vià, ma davanti alla banca è giunto l’ordine del silenzio e per alcuni minuti tutti si sono raccolti davanti al luogo della tragedia coperto di fiori, biglietti, oggetti simbolici. E poi di nuovo avanti fino al Parlamento. Adedy e Gsee hanno annunciato un nuovo sciopero generale il 20 maggio contro il piano di austerità, e in particolare contro la riforma varata dal governo che gradualmente a partire dal 2013 ridurrà le pensioni ed eleverà l’eta e il numero dei contributi necessari per lasciare il lavoro. Lo sciopero, che paralizzerà di nuovo il Paese bloccando aerei, navi, treni, trasporti urbani e chiudendo ospedali, scuole e uffici pubblici, sarà il quarto sciopero generale dopo l’inizio della crisi. Malgrado Papandreou affermi che «non c’è alternativa» al piano, i sindacati si sentono incoraggiati dai sondaggi secondo cui, in mezzo a una quasi totale sfiducia verso la classe politica, la maggioranza dei Greci è contro le misure di austerità e a favore di nuove proteste di piazza, anche se pochi credono che serviranno davvero. Secondo uno dei sondaggi di opinione, la percentuale a favore della continuazione delle proteste sfiora l’80% tra i dipendenti pubblici e ciò potrebbe provocare nel medio termine la paralisi dell’amministrazione statale.
La Spagna e il Portogallo
Intanto la crisi miete altre vittime anche in Spagna. Dopo avere escluso ancora pochi giorni fa qualsiasi taglio drastico del deficit pubblico, il premier socialista spagnolo Josè Luis Zapatero è stato costretto sotto la pressione dei partner europei e degli Usa ad annunciare un nuovo giro di vite, con fra l’altro tagli del 5% agli stipendi dei funzionari, per accelerare il risanamento delle finanze pubbliche e riportare il deficit sotto il 3% per il 2013. Le nuove misure annunciate in parlamento devono consentire alla Spagna di risparmiare ulteriori 15 miliardi di euro nel 2010 e nel 2011, in aggiunta ai 50 miliardi su tre anni previsti dal governo a gennaio.
Zapatero ha annunciato che ridurrà già nel 2010 gli stipendi degli statali del 5% – e li congelerà nel 2011 – che abolirà gli “assegni-bebé” di 2500 euro previsti per ogni nuova nascita in Spagna. L’anno prossimo verrà inoltre sospesa la rivalutazione delle pensioni, gli aiuti allo sviluppo saranno tagliati di 600 milioni, gli investimenti pubblici di 6 miliardi e i comuni dovranno risparmiare altri 1,2 miliardi.
I sindacati, che hanno subito contestato le nuove misure, saranno ricevuti oggi dal premier. Bruxelles ha reagito con prudenza e ha detto che le nuove misure »vanno nella buona direzione«, mentre la Francia le ha definite »coraggiose«. Secondo la stampa spagnola sulla svolta del premier spagnolo hanno influito le telefonate ieri anche del presidente americano Barak Obama e del premier cinese Wen Jiabao, che hanno insistito sulla necessità di ridare fiducia ai mercati. Più consensuale invece la manovra aggiuntiva del Portogallo che il premier socialista Josè Socrates sta concordando con il capo dell’opposizione di centrodestra Pedro Passos Coelho. Il leader del Psd ha dato un via libera di massima alle nuove misure previste dal governo Ps – aumento dell’Iva e trattenuta sulle tredicesime – ma ha anche chiesto una ulteriore riduzione della spesa pubblica e tagli agli stipendi di politici e dirigenti delle imprese pubbliche. L’opposizione di sinistra all’esecutivo socialista annuncia però battaglia, e promette di scendere in piazza contro le misure.