La guerra ad Emergency
L’operazione di sabato scorso con la quale militari afgani e dell’Isaf (coalizione militare della Nato che conduce l’operazione di guerra in Afghanistan e di cui fanno parte anche le Forze armate italiane) hanno arrestato 9 membri dello staff internazionale di Emergency nell’ospedale di Lashkar-gah, tra i quali gli italiani Matteo Dell’Aira, Marco Garatti e Matteo Pagani appare chiaramente come un’operazione di guerra contro Emergency e l’ospedale della regione di Helmand.
Si tratta della regione dove si trova il principale fronte di guerra tra le forze della Nato e i gruppi armati talebani.
Che si tratti di una “montatura” ci pare evidente dalle modalità con cui è stata svolta l’operazione e per le stesse bugie che la caratterizzano: il ritrovamento delle armi “in diretta” Tv; la presenza (malamente smentita) di militari inglesi dell’Isaf (e inglesi saranno le prime veline sulla presunta “confessione” dei collaboratori italiani, oggi già derubricata a “collaborazione”, cioè al fatto che… rispondono alle domande); le pesantissime e improbabili accuse (preparazione di attentati e collaborazione con Talebani e Al Qaeda); le immediate prese di distanza delle autorità italiane.
Il governo italiano ha colto l’occasione per attaccare l’organizzazione di Gino Strada con le dichiarazione dei suoi vari esponenti: da Frattini che, ipocritamente “moderato”, parla di “vergogna se le accuse fossero provate”, al sottosegretario, secondo il quale gli arresti devono “far riflettere Gino Strada e la sua organizzazione, che forse da umanitario fa un po’ troppa politica”, al ministro della guerra LaRussa che avverte Gino Strada di stare attento e di “evitare di accusare il governo afghano, di gridare al complotto della Nato e di tirare dentro il governo italiano”.
Una grande occasione per il governo italiano per ribadire la sua menzogna di un’operazione di pace, nella quale solo le Forze armate e le Ong “embedded” stanno dalla parte del bene, mentre chi critica l’operazione in realtà o è colluso con il terrorismo oppure è ambiguamente ingenuo.
Ma perché questo attacco a Emergency? Ovviamente ha poco senso fare congetture: d’altra parte la “guerra sporca” contro chiunque non sia allineato (informazione indipendente, associazioni che lavorano per la promozione dei diritti, organizzazioni pacifiste e democratiche) fa parte degli “effetti collaterali” – ben organizzati – di qualsiasi operazione di guerra.
La preoccupazione più forte è che si cerchi di eliminare la presenza di Emergency dalla regione – e magari anche di PeaceReporter che in questi mesi ha puntualmente denunciato i morti civili e le violenze della Nato durante la sua offensiva – magari in vista di una prossima e più pesante offensiva.
Perché la strategia di Stati uniti e Nato – come vuole il Nobel per la pace Barack Obama e il suo generale McChrystal – prevede, come già in Iraq, un aumento delle truppe nei prossimi mesi e un conseguente aumento delle operazioni di combattimento e dell’offensiva contro i gruppi armati, con l’obiettivo di colpire duramente questi e convincere i settori “moderati” dei talebani ad arrivare ad un accordo per la stabilizzazione del paese.
Questa strategia mette naturalmente nel conto che cresceranno le vittime civili durante queste operazioni e per questo – dato che i responsabili delle pubbliche relazioni statunitensi e Nato sanno bene che il loro punto debole è che l’opinione pubblica internazionale possa venire a conoscenza di questi “effetti collaterali” – cercano di eliminare la presenza di “testimoni scomodi” (come ha dichiarato lo stesso Gino Strada).
Una strategia che cerca di parlare anche all’opinione pubblica afgana: particolarmente infamante è l’accusa ai collaboratori di Emergency di essere coinvolti nella morte del traduttore di Daniele Mastrogiacomo, Adjmal Nashkbandi, durante il rapimento del giornalista italiano nel marzo 2007: gli afgani sono infatti, giustamente, sensibili a queste vicende (mentre spesso in occidente si tende a dimenticare i morti locali, perché sappiamo bene che le vite umane – e le morti – non hanno lo stesso peso sulla bilancia politica e dell’informazione).
Rientra in questa strategia la manifestazione “spontanea” organizzata domenica contro l’ospedale di Emergency, giudicato dai manifestanti afgani “un pericolo per la sicurezza della regione”.
I collaboratori arrestati, in particolare gli italiani, rischiano così di essere gli ostaggi di un vero e proprio ricatto nei confronti di Emergency – ricatto a cui collabora l’Isaf e, direttamente e indirettamente, anche il governo italiano (ci fanno naturalmente piacere le dichiarazioni di Fassino ed esponenti del PD in difesa dell’onorabilità di Emergency, anche se suonano abbastanza ipocrite se fatte da chi a suo tempo criticava Gino Strada per la stessa “ingenuità” mentre faceva la sua parte nella guerra della Nato).
Oggi naturalmente la priorità è la liberazione di tutti e 9 i collaboratori e il ristabilimento delle condizioni di sicurezza per il lavoro di Emergency e dell’ospedale di Lashkar-gah, e per questo vanno sostenute le iniziative e gli appelli di Emergency . Il movimento pacifista deve quindi mostrare in tutti i modi la sua solidarietà a questa organizzazione e allo stesso tempo deve tornare a manifestare la sua opposizione alla guerra della Nato – chiedendo ancora una volta che siano rispettati i diritti di tutte/i i in Afghanistan: i diritti delle donne e delle forze progressiste, il diritto di chi opera davvero per la pace e la convivenza.