La Milano contro l’Expo
Tre giorni di dibattiti, tavole rotonde, workshop. Ma anche musica, spettacoli, momenti di puro divertimento. Tutto questo è stato il Festival No Expo che da venerdì a domenica scorsa ha riempito, di gente e di contenuti, gli spazi del centro sociale Fornace di Rho. In una città sempre più vetrina, e sempre più vuota, utile solo agli speculatori e scenario solo di speculazioni, centinaia di cittadini hanno sentito il bisogno di ritrovarsi per discutere di come organizzare la resistenza al Grande Evento. «Chi sostiene l’Expo del 2015» spiegano dal Comitato No Expo «continua a parlarci di posti di lavoro, lustro per la città, benessere, ricchezza, innovazione. Intanto, però, spuntano come funghi alberghi utili per sei mesi e che dal 2016 diventeranno autentiche cattedrali nel deserto, circondate da grandi autostrade. Le zone industriali, come quella di Mazzo, verranno trasformate in aree residenziali e commerciali». Altri esempi: «da Rho centrale scompariranno trenta treni, dirottati sulla fiera, con conseguenze devastanti per la vita dei pendolari». Non solo. Tutto, a Milano e nell’hinterland, è sacrificabile, e si sta sacrificando, in nome di Expo. Diritti, cultura, territorio, spazi.
Per questo il Festival No Expo, boicottato da tutti gli organi di stampa, anche quelli cosiddetti “liberi”, che si battono contro la legge bavaglio ma poi il bavaglio lo mettono loro, è stato un vero successo. Venerdì si è iniziato discutendo di controinformazione, mediattivismo e free press con la presentazione del Giornale No Expo. Quindi, centinaia di persone hanno inondato lo spazio della Fornace per la presentazione del Referendum per l’Acqua Pubblica bene comune universale e diritto inalienabile. Quindi, sabato, si è iniziato con i workshop. Mentre, da un lato del Fornace, una decina di realtà dalla vicina Brianza alla lontana Campania discuteva di Energia e Rifiuti – sottotitolo: il business per pochi, la salute di tutti – nella sala “conferenze” l’attenzione dei presenti era tutta per la tavola rotonda sul Piano di Governo del Territorio ed Expo 2015 tra gli urbanisti Edoardo Salzano (in videoconferenza da Venezia) e Sergio Brenna, l’imprenditore-intellettuale Luca Beltrami Gadola e il sociologo Salvatore Palidda. Nel pomeriggio di sabato, invece, realtà in lotta da Napoli, Roma, Val di Susa, Lombardia si sono confrontate discutendo di movimenti e lotte territoriali partendo da “Emergenze, grandi opere e grandi eventi” fino ad arrivare all’autogoverno dei territori e dei beni comuni. Domenica, invece, la discussione è tornata a livello “locale”: da una parte si è discusso di agricoltura di prossimità, dall’altra di mobilità sostenibile e trasporto pubblico. Fino ad arrivare, nel pomeriggio, a un confronto sui “saperi e la cultura nella città vetrina”, con ospiti di eccezione i Musicisti del Teatro alla Scala, e a un dibattito, sull’asse Milano-Roma, su “Città e territorio al tempo della crisi: come uscirne”.
Alla fine, sono tanti i punti di congiunzione trovati tra le due grandi metropoli italiane, Roma, in corsa verso le Olimpiadi del 2020, e Milano in piena (dis)organizzazione per Expo 2015. Stessi interessi speculativi. Stessi giochi politici. In molti casi, stessi protagonisti, da Ligresti a Caltagirone. Da oggi, stesse resistenze. Appuntamento, quindi, in autunno. Da una parte, per gli Stati Generali (dal Basso) di Roma, in contrapposizione a quelli di Alemanno. Dall’altra, per gli Stati Generali (dal Basso) su Expo 2015, in contrapposizione a quelli di Formigoni.
3 giorni contro Expo2015 e le speculazioni territoriali
di Piero Maestri
Quando è nato due anni fa – appena annunciata la candidatura di Milano per l’organizzazione di Expo 2015 – il Comitato “NO Expo” ha dovuto sorbirsi la solita lezioncina da parte di esponenti della sinistra già radicale sul fatto che sarebbe stato un errore partire con un “No” e che la corretta impostazione avrebbe dovuto chiedere un “altra Expo” possibile (tralasciamo di commentare il fatto che quella stessa sinistra ex-radicale è quasi sparita dalle istituzioni locali e nazionali anche per questa sua incapacità a dire qualche NO in maniera chiara e conseguente alle sue presunte analisi…).
La tre giorni del “Festival NoExpo” organizzata dal Comitato e ospitata dal centro sociale di Rho Sos Fornace (che del Comitato è uno dei principali animatori, anche perché è in quel comune che si costruirà il grosso dello spazio dell’esposizione) ha mostrato come sia stata invece una scelta giusta e che conferma oggi tutta la sua validità.
I workshop e la discussione di quelle giornate hanno chiarito che non solo non è mai stata possibile alcuna “altra Expo”, ma che l’unica Expo che si annuncia sarà un disastro per l’intera regione intorno alla metropoli milanese. In questa consapevolezza il Comitato NoExpo ha dimostrato di non essere assolutamente isolato, almeno sul piano culturale e intellettuale. Le parole di Edoardo Salzano, Luca Beltrami Gadola, Salvatore Palidda e così via hanno reso tangibile che sono molti gli urbanisti, i sociologi, gli architetti ecc. che rifiutano un loro ruolo “embedded” e esplicitano chiaramente la loro critica all’Expo, alla sua caratteristica di “occasione” d’oro per la speculazione territoriale (e finanziaria) e alle grandi e piccole opere che stravolgeranno il territorio di un’area larga intorno al luogo dell’evento.
Una critica che riprende anche quelle già mosse al “modello Bertolaso”, che viene applicato anche in questo caso anche senza la diretta partecipazione del capo della protezione civile – perché a Milano sono già troppi i poteri che si scontrano per la gestione dell’Expo e della sua bonanza (politici come Moratti, Formigoni, Maroni, varie anime della Confindustria, banche, costruttori edili ecc.).
La capacità di essere pienamente nel dibattito politico-intellettuale non ha però ancora prodotto un’alleanza sociale più ampia, che riesca a coinvolgere i diversi soggetti sociali che saranno colpiti dalle realizzazioni dell’Expo e di ciò che ci sta intorno, aggravati dalla crisi economica che ancora più ridurrà la spesa pubblica per servizi e lascerà solamente i poteri forti a dividersi la torta.
Un’alleanza che dovrà riuscire non solo a connettere e coordinare le lotte territoriali che anche nella regione sono attive (contro discariche e inceneritori; contro nuove autostrade e la morte del trasporto pubblico; contro gli F35 a Cameri e così via), ma che deve provare a mettere insieme anche le lavoratrici e i lavoratori in lotta per la difesa del posto di lavoro, spesso in imprese che chiudono solamente perché guadagnano di più con la speculazione sulle aree; i/le precari/e e le lavoratrici e lavoratori migranti che andranno a ingrossare le fila del lavoro sommerso e semi-legale che sarà necessario per la gestione dell’evento; le famiglie e le/i singole/i alla ricerca di una casa e di un abitare dignitoso in quartieri dove ci sia ancora socialità, eccetera.
Il Comitato NoExpo ha dimostrato di essere capace di chiamare questi soggetti al confronto, per il momento: sta alla capacità delle diverse reti sociali e dei vari collettivi e forze politiche percorrere questa strada e riuscire a costruire mobilitazioni crescenti con l’avvicinarsi del 2015.
Perché “un’altra Expo” non è possibile, ma “un’altra Milano contro l’Expo” è necessaria.