La “rivoluzione” di Cantona
“Ritiriamo i nostri soldi dalle banche” e poi vediamo se ci ascolteranno. “La rivoluzione si può fare così”. L’ha buttata giù così il mitico ex giocatore del Manchester Utd in una intervista tra le tante. Una sorta di provocazione, mentre le strade della Francia erano invase di manifestanti contro la riforma delle pensioni. Un modo per dire che le manifestazioni non bastano e che bisogna colpire gli interessi economici del capitalismo se si vuole provare a vincere davvero.
L’intervista ha fatto il giro di internet, è diventata un sito HYPERLINK “http://www.bankrun2010.com/”www.bankrun2010.com e un appello che invita per il 7 dicembre a ritirare contemporaneamente i propri soldi dalle banche. Su Facebook circa 20mila persone, principalmente francesi, belghe e inglesi, hanno già annunciato la propria corsa agli sportelli. L’appello ha provocato ironia lentamente trasformatasi in nervosismo. La ministra francese Lagarde ha gentilmente invitato Cantona ad occuparsi di calcio, mentre la federazione belga del settore finanziario si appella al senso di responsabilità in un momento difficile per l’economia. Il 2 dicembre è intervenuto il direttore generale del colosso bancario Bnp Paribas stigmatizzando l’idea come pericolosa ecc ecc.
L’attenzione si moltiplica, le pagine visitate sul sito superano il milione e anche in Italia Sabato 4 dicembre Il Sole24ore ha dedicato un articolo alla vicenda.
La domanda è, ma perché non prendere sul serio questa iniziativa? Molte sono state anche la critiche a sinistra e le perplessità, ma le obiezioni non ci convincono moltissimo. Scorriamo le principali
– L’iniziativa non produrrà nessun effetto. Probabilmente per il 7 dicembre le cose stanno effettivamente così, ma non dobbiamo sovrastimare la potenza del sistema bancario. Le banche, infatti, devono detenere in portafoglio l’8% del capitale attivo. In realtà grazie ai meccanismi di leva finanziaria questa percentuale è molto minore. Basterebbe effettivamente ritirare una parte dei depositi per creare una perturbazione non piccola all’intero sistema.
– L’iniziativa assomiglia a quei boicottaggi che faticano a divenire di massa e a produrre effetti reali. E’ vero c’è questo rischio. Viene però da chiedersi se una pratica simile fosse stata effettivamente sostenuta o minacciata, ad esempio, durante i giorni degli scioperi generali francesi da organizzazioni sindacali e politiche strutturate. Non avrebbe aiutato nella costruzione di differenti rapporti di forza? Scioperi, picchetti e sciopero finanziario… interessante.
– Dove mettere i soldi ritirati? Non si rischia un effetto a catena pericoloso? Basterebbe tenerne il più possibile a casa o in cassette di sicurezza, o molto meglio, in istituti creati appositamente con il vincolo di non riprestare soldi alle banche private fino a quando una contrattazione con il sistema bancario non abbia avuto successo.
Un effetto a catena pericoloso? Certo, pericoloso per il capitale. Un effetto a catena fatto di scioperi, consapevolezza della forza dei lavoratori e delle lavoratrici, e della fragilità dei meccanismi di mercato. In fondo l’abbiamo già sentita la favola che lo sciopero è una pratica rischiosa per i lavoratori e per l’intera economia. Sappiamo come è finita.
L’importante è darsi degli obiettivi chiari e un certo coordinamento che li persegua. A questo proposito l’appello propone:
– Banche che devono prestare soldi a un tasso d’interesse nullo, e quindi aggiungiamo noi, obbligatoriamente pubbliche.
– Di annullare i debiti pubblici e di far pagare la crisi a chi l’ha generata.
Ci sembrano due primi obiettivi assai condivisibili, a cui aggiungerne altri, come la difesa e il rilancio dei diritti del lavoro e la difesa dei servizi pubblici e dei beni comuni. Una contrattazione sociale e finanziaria allargata. Troppo complicato? Forse… ma da anni si sono sprecati fiumi di inchiostro per dimostrare come l’attuale capitalismo sia intoccabile, magari ingiusto ma intoccabile, come fosse impossibile intaccare i meccanismi di accumulazione e di sfruttamento, in realtà il nervosismo emerso per l’iniziativa di Cantona ci fa pensare che forme inedite e internazionali di lotta costruite insieme (e non in alternativa) a quelle tradizionali possano rappresentare una strada percorribile. Lo sciopero generale e finanziario europeo è quello che servirebbe, altro che “qualche soldo per lo sviluppo” del Bersani pensiero. Nelle conclusioni dell’appello si legge:
“Se il progresso fosse stato messo al servizio dei cittadini, piuttosto che al servizio del mercato, avremmo potuto già effettuare un vero e proprio salto quantico nello sviluppo di tecnologie, oggi paralizzate da quei gruppi d’interesse che sono i primi beneficiari di questo sistema.
(…) La povertà non esiste sul nostro pianeta, se non a causa di una mancanza di volontà politica dei paesi industrializzati, sottomessi alle leggi di mercato. L’inquinamento e lo sperpero delle risorse non sono che la triste conseguenza di questo sistema obsoleto, cui bisogna porre fine urgentemente.”
Come non condividere.