La Sardegna distante dalla politica
In Sardegna si sono tenute domenica scorsa le elezioni di tutti i consigli provinciali e di circa metà dei consigli comunali. Per le provinciali ha votato il 56% dell’elettorato, con una frana di 12 punti rispetto alle regionali di un anno fa e di 20 punti rispetto a cinque anni fa.
Il dato delle comunali invece tiene (71%), e ciò indica che buona parte dell’elettorato va a votare selettivamente, prendendo la scheda delle comunali e rifiutando invece la scheda (anche se più significativa politicamente) su cui ritiene inutile o insensata l’espressione del voto.
La provincia principale (Cagliari) presenta una astensione del 53%; dunque solo il 47% degli elettori vi ha votato, ma con 8,5% di bianche+nulle: i voti validi sono dunque meno del 39%. A Cagliari città ha votato il 34%, cioè 1 elettore su 3.
Quale parte politica è stata più fortemente colpita dall’astensione? Si arriva alla risposta a questa domanda attraverso un piccolo rebus:
Complessivamente i due poli si sono spartiti la posta attestandosi entrambi intorno al 45%; ma la locomotiva del polo di centro destra, cioè il Pdl, ha preso solo un terzo dei voti della coalizione: il partito di Berlusconi, trionfatore un anno fa nelle regionali ad effetto Soru, si trova oggi in Sardegna al 16% (in verità, il 16% del 56% del totale degli elettori, e cioè sotto al 10). Questo dato è interessante non tanto perchè contraddice la paranoia di Berlusconi sul suo millantato 62% di popolarità, quanto per il fatto che il centro destra comincia a stare in sella a prescindere dal Pdl; l’Udc è sopra il 10% e altre formazioni di centro (riformatori, mpa ecc.) hanno beneficiato fortemente del travaso. Non tanto però quanto il Pdl ha perso, ed ecco quindi dove è una parte della frana dell’astensione.
Il centro sinistra ha presentato una locomotiva un pò più pimpante: il Pd supera il 20%, ma si tratta di meno della metà dei voti della coalizione; non ha perciò da rallegrarsi: mentre l’Italia dei Valori sta al palo regge imprevedibilmente la coppia (Fds + Sel) della sinistra: questa si spartisce in parti pressochè uguali quello che era a suo tempo il serbatoio più fortunato delle annate migliori del fu Prc. Sul totale dei voti ottenuti dai gruppi (722.800) la Fed + la Sel hanno preso (sommate) 51.500 voti, cioè il 7,1%. A Cagliari e Sassari, Fds+Sel vanno all’8%; sostanzialmente ribadiscono i dati delle precedenti provinciali e ritrovano lo zoccolo duro. A Sassari erano addirittura uniti Prc e Sel (5%), mentre il Pdci si è presentato da solo (ottenendo 4.800 voti, oltre il 3%). Per la cronaca è interessante notare anche che a Nuoro l’area Soru si è presentata con una sua coalizione contro quella del Pd, e di conseguenza la locale Sel si è accodata all’area Soru mentre la locale Fds si è accodata al PD, l’una contro l’altra armate (alle comunali in città invece erano contemporaneamente alleate).
L’area radicale esterna ai poli registra sia un fiasco (il Pcl a 0,5) che un vero brindisi: Irs, che è la formazione indipendentista ormai più importante, va al 5%, prendendo alcuni seggi e bucando lo schermo. E’ un fenomeno in crescita, alimentato negli anni da ex prc ed ora da giovani di varia estrazione sociale; è ideologicamente indipendentista ma non nazionalista, radicale ma interclassista, antiimperialista ma europeista: è insomma una cosa molto abile, capace di continua organizzazione al suo interno e di continuo camaleontismo all’esterno. Credo che crescerà in quanto fruisce di un occhio di riguardo da parte dei media (anche di destra) e di aspettative ribellistiche di area giovanile (soprattutto di sinistra), sapendo investire spregiudicatamente su fattori così contraddittori. E’ un vero problema, in quanto riesce a calamitare con molta spontaneità a sinistra aree di simpatia e quindi reti attive di militanza.
Un’ultima osservazione: considerando i due poli, in linea di massima l’elettorato ha premiato i candidati (o le formazioni) che hanno mostrato capacità di tutela reale di un ambito concreto di interessi; ha bocciato i venditori di fumo similveltroni ecc. Vi è però una asimmetria: mentre per essere eletti i favoriti nel centro destra devono saper amministrare ed essere capaci di provata disonestà, i favoriti di centro sinistra devono saper amministrare ed essere necessariamente delle brave persone. Ma in genere questi ultimi sono scarsi nella prima dote ed ancor più nella seconda, per cui vengono eletti con sicurezza solo quando sono delle eccezioni.