La sfida perduta di Mélenchon
Articolo tratto da Micromega online
Due immagini fotografano immediatamente l’esito del primo turno delle elezioni legislative francesi che si sono svolte domenica.
Primo flash. Sotto il cielo plumbeo di Hénin-Beaumont, il piccolo comune al centro della circoscrizione elettorale del Pas de Calais, nell’estremo nord del paese, il leader del Front de gauche Jean Luc Mélenchon, impermeabile nero e umore, se si può ancor più tetro, spiega a una piccola folla di sostenitori che “l’importante è aver tenuto alta la bandiera dei valori repubblicani e, ora, continuare a guardare agli appuntamenti importanti che ci attendono”. Per il momento però, l’ex ministro del governo Jospin divenuto il simbolo del risveglio della sinistra radicale francese, la sua sfida personale l’ha persa: si era candidato in questa zona, divenuta il simbolo del radicamento sociale dell’estrema destra, per battere Marine Le Pen ma l’esito è stato disastroso. La presidente del Front National ha raccolto il doppio dei voti di Mélenchon, 42,36 per cento – con punte superiori al 48 in alcune località – contro 21,48 per cento. Con il risultato che al ballottaggio del 17 giugno sarà il socialista Philippe Kemel a cercare di sbarrare la strada al Fn: per Mélenchon la corsa si ferma qui.
Secondo flash. Nadine Morano, fino a poche settimane fa ministro dell’apprendistato nel governo di centrodestra di François Fillon e fedelissima di Sarkozy – il giorno della sconfitta di Sarko aveva notato come a festeggiare il nuovo presidente Hollande in piazza della Bastiglia vi fossero “troppe bandiere straniere”, alludendo a quelle algerine e tunisine portate dagli “immigrati” di seconda e terza generazione -, conclude la giornata elettorale arrivando al secondo posto nella circoscrizione della Meurthe et Moselle, nel nord est della Francia, dietro alla candidata socialista. A dividerle, un pugno di voti. Così, la prima dichiarazione televisiva di Morano, a poche ore dalla chiusura delle urne, è già un appello. “Mi rivolgo – scandisce l’ex ministro – agli elettori del Front National (che da queste parti ha raccolto circa il 15 per cento dei voti) – che condividono i nostri e i miei stessi valori, perché mi aiutino domenica prossima a battere la sinistra”.
A un mese dall’ingresso di François Hollande all’Eliseo, il Partito socialista e i suoi più stretti alleati, in particolare gli ecologisti, vincono senza fatica le elezioni politiche e vanno verso una maggioranza certa in parlamento. Il centrodestra dell’Ump resta a galla a fatica, e subisce alcune sonore batoste che costeranno il posto ad alcuni notabili del partito e trasformeranno in minoranza la forza fin qui più influente del panorama politico transalpino. Quanto ai centristi di François Bayrou, rischiano perfino di non eleggere alcun deputato. Tutto si deciderà però domenica 17 nei ballottaggi. E proprio guardando al “secondo tempo” di queste elezioni viene da pensare che una delle chiavi più importanti del voto sia stata lo scontro a distanza – e diretto a Hénin Beaumont – tra il Front de gauche e il Front National, tra la sinistra radicale e l’estrema destra.
Nel decidere di candidarsi contro Marine Le Pen, Jean Luc Mélenchon sembra non aver considerato che il voto per il Front National si sta trasformando sempre più in una forma di adesione, e sempre meno nell’espressione di una protesta. “Paracadutato”, come lo aveva definito una parte della stampa francese, in una zona fortemente toccata dalla crisi che gli era del tutto sconosciuta, Mélenchon ha puntato tutto sul fatto che la sua sola presenza trasformasse quello scontro in una sfida di valore nazionale. Dal canto suo Marine Le Pen – non senza ricorrere a qualche provocazione velenosa come i (falsi) volantini scritti in arabo per sostenere l’avversario e distribuiti nei mercati del dipartimento -, ha invece giocato la carta del “sindacato del territorio”, della vicinanza e della prossimità in una paradossale campagna da “buon razzista della porta accanto”.
Non solo. Il Front de gauche si è mostrato competitivo verso i socialisti di Hollande, ma ha moderato i toni polemici, finendo per perdere quasi la metà dei voti tra l’11 per cento raccolto da Mélenchon nelle presidenziali e il 6,5 di domenica. Anche il Front National ha perso voti, complice anche un astensione superiore al 42 per cento, passando da oltre il 17 per cento al 13,6 per cento, ma continuerà ad incalzare il centrodestra fin dai ballottaggi, mantenendo i suoi candidati in oltre 30 circoscrizioni dove si assisterà perciò a uno scontro a tre tra Ps, Ump e estrema destra.
Escluso dal parlamento da quasi vent’anni grazie a una legge maggioritaria decisamente poco sensibile al voto dei cittadini, il partito di Marine Le Pen procede verso un ulteriore radicamento sociale e territoriale. In gioco per il momento c’è solo la conquista di un pugno di parlamentari, dai due ai cinque secondo le previsioni più favorevoli, anche se la posta potrebbe essere ben più elevata: di fronte alla deriva del centrodestra – che già oggi fa appello esplicitamente ai voti frontisti – e a un governo socialista che potrebbe finire per fare anche qualche scelta impopolare in nome delle compatibilità finanziarie europee, il Front National potrebbe finire per trasformarsi nel partito della crisi per tanti “piccoli francesi”. Esattamente la scommessa che ha fatto Marine Le Pen, facendo della ex zona mineraria e industriale del paese la sua nuova casa.