Lampedusa, un fallimento annunciato
Per anni Maroni ha evocato, strumentalmente, un’invasione inesistente, producendo non solo le peggiori leggi sull’immigrazione – per questo ci avevano già pensato in maniera bipartisan tutti i governi che si sono succeduti – ma spingendo su accordi bilaterali con governi impresentabili: dalla Tunisia all’Egitto fino alla Libia dell’”amico” Gheddafi.
Accordi che, alla luce di quanto sta avvenendo in buona parte del Maghreb, di colpo non hanno più alcun significato e finiscono per contribuire a mettere a nudo la storia di un fallimento annunciato.
Da giorni il flusso delle imbarcazioni provenienti dal nord Africa verso le coste siciliane e, in particolare, Lampedusa è ininterrotto e nulla può far pensare che possa terminare.
Certo un duro colpo per un Ministro che ha fatto del pugno di ferro contro i migranti più vulnerabili (il 75% degli arrivi via mare è richiedente asilo) e di presunte leggi sulla sicurezza la sua cifra di governo; un oltraggio che ciò, oltretutto, avvenga in odor di elezioni; scontato per chi ha sempre sostenuto l’impossibilità di arrestare il flusso di persone in fuga da guerre e governi che quotidianamente calpestano qualsiasi diritto e speranza di futuro.
Non a caso la parola più gridata all’arrivo è libertà.
Per giorni, in pieno inverno, migliaia di persone sono state lasciate buttate a terra al molo Favarolo di Lampedusa con a disposizione solo 3 bagni chimici non funzionanti, pur di non “riaprire” il luogo simbolo della presunta vittoria della politica sicuritaria di Maroni: il CSPA che, però, in realtà non è mai stato chiuso seppur fosse stato ridotto il personale al suo interno, parte del quale in cassa integrazione.
Gestito dalla Cooperativa Lampedusa Accoglienza – composta dalle Organizzazioni Blu Coop e Sisifus – il Centro ha continuato a ricevere soldi in nome di una convenzione che prevede – tra l’altro – che anche con un solo “ospite” presente lo Stato eroghi una quota pari al 50% del totale ricettivo della struttura che può accogliere fino a 804 persone.
Senza contare i soldi spesi per la ristrutturazione compiuta in seguito all’ incendio di ampie proporzioni avvenuto dopo uno scontro tra i trattenuti e la polizia il 18 febbraio 2009 e che ne ha distrutto un’intera area.
Il Centro è sempre rimasto aperto anche quando, in tutti i mesi scorsi, lo stillicidio degli arrivi di piccolissimi gruppi non è salito alla ribalta mediatica e i migranti venivano prontamente rimpatriati senza passare dal CSPA.
Perché i Centri per i migranti in Italia – oltre alla funzione detentiva e repressiva per persone che non hanno commesso alcun reato – rappresentano pur sempre un bel giro di affari legato al sistema degli appalti.
E ora è davvero emergenza a Lampedusa perché le condizioni logistiche e strutturali dell’isola, l’assenza di strutture sanitarie e personale adeguati rischiano di evolvere in problematiche, anche sanitarie, serie.
4000 persone in un’isola di 20 kmq che conta 5500 abitanti, priva di acqua potabile, dove la possibilità di spostamento è esclusivamente legata alle condizioni meteo, con seri problemi di rete fognaria e di smaltimento dei rifiuti, non sono roba da poco e le condizioni che hanno determinato la fuga dei migranti, la loro provenienza, il fatto che molti di loro conoscono il territorio nel quale si muovono, non lasciano presagire la volontà di sopportare ulteriori soprusi. Per questo ci sono già state rivolte e fughe all’interno dei CIE nei quali sono stati rinchiusi i migranti in giro per la penisola, da qui l’opposizione ad entrare nel Centro di Lampedusa.
Già, perché se osservati nel loro Paese qualcuno è disposto a considerarli rivoluzionari qui da noi sono solo “clandestini”.
Maroni non sa far altro che chiamare l’Europa, in nome di un fantomatico quanto improbabile allarme terrorismo, perché invoca, ancora una volta e ancora di più, politiche repressive per i migranti, proprio mentre quelle stesse politiche continuano a dimostrare tutto il loro fallimento e la loro inutilità.