L’arte degli incontri
Letteraria (poi diventata, per vicende editoriali che non vale la pena di ricordare, Nuova Rivista Letteraria) è uno degli ultimi progetti di Stefano Tassinari. Come sempre, Stefano ci mise la capacità di sognare, e quella di pensare in grande: a chi mai poteva venire in mente l’idea di una rivista culturale cartacea, di quelle che si sfogliano, si comprano in libreria o si ricevono per posta, in un’epoca in cui si diceva che la carta era “storia”, e il mondo era del digitale, dell’immateriale, dell’on line? Chi poteva pensare, nell’estate del 2008 – quando cominciarono le telefonate agli amici scrittori e critici – che ci fosse ancora spazio per la letteratura impegnata, per le battaglie delle idee? Che fosse ancora attuale il monito di Brecht che in certi momenti anche parlare di alberi è un delitto, perché su troppi delitti comporta il silenzio?
Eppure, con impegno e testardaggine, la rivista uscì, sopravisse a una crisi editoriale, trovò un nuovo editore – Alegre, che ancora oggi continua a sostenere il progetto –, ed è giunta fino ad oggi (mentre un nuovo numero comincia il suo viaggio in tipografia per essere in libreria a metà novembre). Letteraria in questi anni ha parlato di Italia e del mondo, «come se, scriveva Stefano nel suo primo editoriale, dopo anni di percorsi individuali, in tanti fosse maturata l’esigenza di provare a ricreare una dimensione collettiva, dalla quale far nascere un piccolo progetto in grado di diventare un punto di riferimento per chi, malgrado tutto, ha ancora la necessità di confrontarsi con i “grandi temi” sociali, culturali e politici, magari a partire dallo specifico letterario». Questo significa letteratura impegnata, questo è il pensiero critico: non agitare tessere di appartenenza, o salvarsi la coscienza sottoscrivendo una petizione o un appello, ma impegnarsi in prima persona, impegnare gli strumenti del mestiere, per costruire e comunicare al lettore uno sguardo non miope, aperto, problematico sul mondo, quale che sia l’argomento di partenza. E farlo collettivamente: non a partire dal grande nome, dalla rock-and-roll-star della scrittura, ma da un gruppo disposto a mettere in comune e in discussione il proprio impegno materiale – tempo e scrittura a titolo gratuito, per capirci –, la propria scommessa sul progetto, la ricerca di un tema numero per numero. E un’attenzione alle immagini, alla ricerca fotografica, che da sola spiega il perché la carta e il grande formato della rivista.
È un compito complicato, in questi anni, per tutti. Lo è ancor di più per questa rivista, che l’8 maggio 2012 ha perso Stefano, dopo anni di lotta con quello che nel linguaggio comune si dice “un brutto male”. Era il momento di mettersi in gioco per davvero: perché solo un cervello collettivo poteva sostituire l’insostituibile Stefano Tassinari. Questo numero presentato sabato 12 ottobre, a Ferrara – il primo “davvero” senza Stefano, dopo quello dedicato, nell’autunno 2012, alla sua memoria – è la prova che si può fare. Non per caso, è dedicato all’arte dell’incontro: «l’incrocio inatteso dei tragitti, l’imprevedibile convergenza degli sguardi e dei corpi, la miscela eterogenea che riempie contenitori in teoria destinati ad altro uso», scrive Wu Ming 1 nell’editoriale. «Incontro è la creolizzazione delle culture, incontro è l’alleanza in una lotta tra soggetti che non avrebbero mai pensato di trovarsi insieme, incontro è una comunità di lettori che “adotta” un libro e ne prolunga e fa vivere le parole e le storie». Da cosa nasce cosa, si dice: l’arte dell’incontro è la capacità di far nascere davvero qualcosa mettendo in relazione, in consonanza, o anche in conflitto identità, storie, eventi. Con una sola certezza, scritta da un gruppo di studenti-lettori in ricordo dell’amico e compagno Stefano: sempre e per sempre, dalla stessa parte ci troverai.