Lessici familiari
Le società cambiano nel tempo seguendo gli sviluppi delle dinamiche sociali, politiche, economiche che si susseguono, e pensare la famiglia (che delle società è da sempre ritenuto il nucleo fondamentale) come qualcosa di statico e di inamovibile, è semplicemente illogico.
Lo stesso termine “famiglia” rimanda a un’origine arcaica che non trova più riscontri, o quasi, nel nostro tessuto sociale: nella società romana indicava l’insieme dei domestici, e il Pater familias era colui che amministrava il patrimonium familiare; fino all’epoca dello sviluppo industriale è esistita la famiglia patriarcale nella quale convivevano varie generazioni e gradi di parentela (nonni, zii, genitori, figli, nuore, generi, ecc.); si è poi passati a quella
nucleare, composta esclusivamente da genitori e figli. La transizione da un’economia di tipo contadino a un’economia industriale, ha spazzato via, pur mantenendo l’insegna “famiglia”, la vecchia struttura, ridisegnandone naturalmente l’assetto in funzione delle variate esigenze (si pensi solo all’impatto che ebbe il fenomeno dell’emigrazione di massa). Ora, è impensabile che in società sempre più complesse, come sono quelle in cui viviamo, l’istituzione famiglia possa rimanere immutata, immutabile e continuare ad essere rappresentata in maniera quasi caricaturale dai media e dalla pubblicità: una nonna cui non resta che origliare da un muro per scoprire l’uso alternativo della sottiletta, non rimanda certo all’autorevole
ruolo di saggi e numi tutelari degli anziani nell’antico impianto famigliare. Continuare a credere a questo idillio anestetizzante di immagini e di messaggi vuol dire non tener conto dei mutamenti socio economici che con potenza devastante hanno invaso il nostro vivere quotidiano: massicce migrazioni dai paesi del cosiddetto terzo mondo (con annesse disgregazioni familiari e affettive, difficoltà di ricongiungimento), crisi economica mondiale con relativa disoccupazione, precarizzazione del lavoro (con conseguente maggior permanenza dei giovani nella famiglia d’origine, difficoltà di accedere al credito e quindi impossibilità di formarne una propria e di mettere al mondo dei figli), mobilità esasperata per chi un lavoro ce l’ha (con pesanti condizionamenti di tempo e di spazi nella vita privata e affettiva), emancipazione della donna che dopo millenni di subordinazione e marginalizzazione nel ruolo di nutrice e ancella (povera o ricca che fosse) ha conquistato, con dure lotte, un importante ruolo sociale, la nascita e l’espansione di nuove forme di convivenza, dalle coppie omosessuali a quelle di fatto.
Ma se questi fenomeni offrono e offriranno abbondante materiale d’analisi per sociologi, antropologi, psicologi, economisti e perfino teologi (la Chiesa da sempre è molto interessata all’argomento famiglia – spesso associandola in maniera del tutto impropria al termine “naturale” – per condizionare in senso conservatore le scelte politiche di quei Paesi dove più forte è la componente cattolica), in che modo hanno affrontato la spinosa questione gli scrittori? La letteratura non sta ai margini delle evoluzioni sociali spiando col monocolo da un balconcino teatrale, ma da “arte agile” qual è, intuisce a volte, svela e interpreta l’anima di un’umanità in cammino, intraducibile in statistiche sociologiche, micro e macro economiche.
In questo numero di Nuova Rivista Letteraria abbiamo cercato di raccontare la narrazione che dell’argomento famiglia è stato fatto, cercando di evitare il riduttivo “eurocentrismo” e allargando la visuale ad altri ambiti e altre culture.
Nella rivista che avete tra le mani si parla di famiglie somale, partendo dai libri di Nuruddin Farah, di letteratura Black British, di quella per i cosiddetti Young Adults e persino di fantascienza, di nuclei familiari immersi nel sogno infranto americano, si parla di adozioni e di diritti dei fanciulli, di rappresentazione della famiglia negli album fotografici, nei video amatoriali, nella pittura, si racconta di famiglie assenti o disintegrate dalla crisi economica e morale, di famiglie ritrovate, come nel caso dei Hijos argentini, strappati ai genitori dalla dittatura militare, e poi ancora di Stefano Tassinari (che del concetto di famiglia parla spesso nei suoi romanzi e racconti), di David Foster Wallace, di Cormac Mc Carthy, di Dickens e della famiglia vittoriana, di Aleksandr Vampilov e del poeta Federico Tavan.
Alla luce di tutte queste narrazioni, una domanda più che legittima si pone: ha ancora senso concepire la famiglia solo ed esclusivamente in senso tradizionale? Noi crediamo sia certamente più consono parlare di famiglie, al plurale, indiscutibile segno, questo, di un primo passo verso la civiltà e la libertà vera.