L’Eta depone le armi e pensa alla soluzione “politica”
L’organizzazione armata basca Eta ha dichiarato ieri un cessate il fuoco unilaterale. In un video consegnato alla BBC e al quotidiano basco Gara, tre portavoce incappucciati di Eta fanno sapere che “già da alcuni mesi è stata presa la decisione di non intraprendere azioni armate offensive”. Questo significa che il silenzio delle loro armi, che dura ormai da un anno, è parte di una precisa strategia nella quale la loro lotta – per l’indipendenza e il socialismo nel Paese Basco- si avvia verso una prospettiva demilitarizzata.
Come i lettori de “Il Megafono Quotidiano” sanno da alcuni mesi la sinistra abertzale (indipendentista) basca dopo un intenso dibattito aveva rivendicato la necessità di avviare un processo di risoluzione del conflitto che superasse lo scontro armato. Di conseguenza, era ovvio attendere una reazione proprio da quella parte –Eta appunto- che del conflitto armato è parte fondamentale: tale reazione è arrivata, e nel video – esclusivamente in basco, di cui Gara fornisce la traduzione integrale in spagnolo- l’organizzazione fondata nel 1959 rivendica il suo percorso storico ma annuncia anche la sua decisione strategica, finalizzata a lasciare il campo libero alla lotta politica piuttosto che al confronto armi in pugno.
Il governo socialista spagnolo così come la destra del Partito Popolare e la stampa conservatrice di ogni ordine e grado fanno oggi a gara nello sminuire la portata dell’annuncio: i militanti di Eta – è l’accusa – non dichiarano nessuna tregua definitiva, non depongono le armi e -in ultima analisi – non annunciano il loro scioglimento. Ma nessun osservatore intellettualemente onesto poteva aspettarsi tanto.
La notizia sta piuttosto nel fatto che un’organizzazione come Eta, accusata spesso di tirare i fili della sinistra basca e di considerarla come mero “braccio politico” ha risposto alla richiesta pressante che arrivava dalla sua base e dalla leadership politica della stessa izquerda abertzale, che rivendica a sé la direzione della lotta e ritiene centrale la lotta politica e la mobilitazione sociale. In questo contesto va letta anche la creazione prima dell’estate del cosidetto “polo sovranista”, alleanza tra sinistra abertzale e la sinistra moderata di Eusko Alkartasuna come primo raggruppamento di forze che nella loro diversità rivendicano entrambi al Paese Basco il diritto di decidere sul proprio futuro.
Le premesse ci sono tutte: la sinistra abertzale e tutta la società basca sono pronte a intraprendere un cammino verso la fine del conflitto armato, ma la soluzione passa necessariamente per la legittimazione di tutte le opzioni politiche e per la legalizzazione dei partiti indipendentisti, così come non si può pensare di “disarmare” il conflitto senza una soluzione equa per I prigionieri politici e le vittime di tutte le parti.
Il portavoce abertzale Arnaldo Otegi – attualmente detenuto – ebbe a dire, citando Arafat, che la sinistra abertzale presentava la sua proposta di pace con un ramoscello d’olivo in mano. Adesso la palla passa al Governo, che da parte sua dovrà fare dei passi sostanziali verso la negoziazione politica: sarà in grado Zapatero di non far cadere quel ramoscello d’olivo?