Manifesto per la Rete delle città in comune
Il 24 giugno scorso è accaduto a Messina qualcosa che, appena pochi mesi prima, sarebbe parso impossibile. È accaduto che una lista civica, davvero costruita “dal basso”, integrando cioè biografie e percorsi diversi, tutti caratterizzati dall’aver in vario modo resistito allo scempio politico e amministrativo che della città si era fatto negli ultimi anni, sia riuscita a portare il proprio candidato, Renato Accorinti, fino all’incarico di sindaco. Il voto messinese è evidentemente, insieme, l’esito dello svuotamento delle forme di rappresentanza politica, usurate dall’abuso, e di un senso democratico nuovo, di una gioia e di una forza dirompenti con cui riattraversare, insieme, la democrazia.
“Renato” entra infatti a Palazzo Zanca, il luogo del potere cittadino, il “Comune” inteso nel senso del luogo della rappresentanza istituzionale, a piedi scalzi e con una maglietta No Ponte,
accompagnato da una folla che ha realmente preso possesso del “suo” luogo politico. È il dispositivo stesso della “delega” politica, della possibilità che la nostra esistenza politica possa essere gestita “da altri”, che viene quindi, già con questi primi gesti, “rivoltato”, riscritto davvero.
La lista civica “Cambiamo Messina dal basso” ha raccolto esperienze e forze tra le più vive della città e costruito il suo programma elettorale attraverso assemblee partecipate e aperte, tenute tra l’altro in quelle stesse sale del Municipio che per troppi anni era stato avvertito come lontano dai bisogni della città: negli stessi mesi, candidati e sostenitori hanno accompagnato Renato nei quartieri “difficili” della città, gli stessi che per troppi anni hanno visto la politica come il terreno della rapina e dell’interesse personale. E non per fare, ancora, promesse, ma per chiedere, al contrario, una ribellione.
È nel conflitto dunque, in una promessa di ascolto di questo conflitto e in un impegno per tradurlo in una partecipazione democratica diretta, che occorre leggere la vittoria di Accorinti: leistituzioni vengono direttamente interessate dal protagonismo dei cittadini, e sono esse stesse che, partecipando direttamente ai nuovi bisogni di espressione democratica, collaborano a restituire, interpretando i suoi conflitti, vita e dignità ad una città.Sono pertanto desideri e istanze sociali diverse che hanno trovato, per un momento, coagulo in questa vittoria.
L’espressione “bene comune”, vero cuore del movimento che ha portato Renato a diventare sindaco, non è, e non può essere, intesa a Messina come una formula astratta e quieta della politica. Al contrario, al centro del progetto di “Cambiamo Messina dal basso” c’è una ridefinizione radicale del contenuto della parola “politica”. Perché è proprio da qui, dalla necessità di non avere più paura della “politica” che noi messinesi siamo ripartiti e che la stessa amministrazione Accorinti intende sviluppare il suo protagonismo attraverso la partecipazione degli abitanti del nostro orizzonte civico e la promozione di formule istituzionali anche innovatrici che promuovano sempre più, anche secondo le potenzialità espresse dallo Statuto dell’autonomia siciliana, il suo autogoverno.Di una cosa siamo certi e la stessa biografia di Renato, in cui tutti noi ci siamo riconosciuti, la rappresenta: la politica che è in grado di “vedere” e di “pensare” le esistenze di tutti noi, così come le nostre città, non si fa in un giorno e neanche in un “mandato”.
La democrazia, la sua forza, non si possono contenere ed esaurire il giorno delle elezioni. Come ha detto appunto Renato, al momento del suo insediamento, “se ci lasciate da soli, me e gli assessori, abbiamo perso”. Quanto accaduto a Messina non riguarda d’altra parte solo Messina, ma – noi crediamo – ogni città che vive sulla propria pelle il bisogno di nuove forme di partecipazione democratica diretta, di autogestione e mobilitazione dal basso, così come la necessità di un’amministrazione che partecipi direttamente a queste scelte, e se ne assuma la responsabilità.
Noi crediamo appunto che proprio nel tessuto delle città si giochi il rapporto futuro tra istituzioni e istanze democratiche: perché è nelle città, innanzitutto, che nuove forme di istituzioni possono essere sperimentate. È su questo orizzonte, quello dei tanti municipi che costituiscono l’ossatura storica e compiutamente repubblicana della nostra forma costituzionale, che bisogna appunto innovare con più coraggio.
I “beni comuni” sono quindi una pratica, costante e ininterrotta della democrazia e della condivisione delle scelte. L’appello ad una democrazia che si costruisce intanto nella difesa delle libertà e delle possibilità di tutti cittadini e di tutte le cittadine di esprimersi e di mettere “in comune” una visione del luogo in cui vivono.I “beni comuni”, per noi, si fanno “istituzioni partecipate”: diventano cioè vita politica sentita, vissuta, quando, con una doppia mossa, essi mobilitano l’autogestione e l’autogoverno e, insieme, si fanno orizzonte delle amministrazioni delle città e delle loro scelte. Ciò che a Messina tenteremo di fare è di riscrivere le istituzioni partecipative e le loro “regole”: a questa riscrittura intendiamo inoltre affiancare una ulteriore legittimazione ed estensione degli usi civici a spazi e beni sottratti alla collettività, al fine di dare loro appunto degli usi “in comune”.
È anche in questo modo che daremo nuove forme di rappresentanza al conflitto, anche silente, presente nella nostra comunità e alla distanza rispetto la partecipazione, facendo sì che possa prendere parola, finalmente, chi finora non ha neanche pensato di poterne avere il diritto.La lunga striscia di terra che si allunga dall’isola fin quasi ad abbracciare la Penisola vuole avere per noi oggi un altro significato simbolico. Ciò su cui ci sporgiamo, da Messina, è la ricostruzione di un orizzonte politico che quello che abbiamo fin qui inteso con la parola “sinistra” non è riuscita in questi anni a comprendere né a declinare.
Si tratta oggi di costruire nuove forme politiche in comune, dal basso. Di stare lì dove il conflitto, anche quello senza parola delle classi popolari meridionali ricattate, sino ad oggi, dallo scambio tra diritto e favore, chiede di esprimersi in nuove istituzioni. Cambiare le istituzioni dal basso, produrne di nuove, raccoglie per noi, e rende operativa, l’idea di una “democrazia insorgente”, che non solo si ribella, ma costruisce cantieri comuni, ponti: una “repubblica” che sorge dal basso e ridà voce, respiro, spazi e speranza a chi non ne ha più. Tutto questo ci dice che dobbiamo ripartire dalle città, dalla messa in comune dei luoghi, delle intelligenze, dei disagi e delle insorgenze, così come dalle solidarietà, dai legami tessuti nel silenzio che non diventano politica, dal volontarismo personale da vivere come partecipazione e non più solo come scelta individuale.
In questa pratica della democrazia dal basso, noi riscontriamo non solo una innovazione della rappresentanza istituzionale, ma una vera e propria innovazione delle forme organizzative attraverso cui radicalizzare e innovare i contenuti stessi delle nostre politiche.
Tutto questo non ci farà d’altra parte ancorare a un localismo identitario e comunitario. Le città sono di chi le abita e di chi le traversa, anche solo per un tratto della sua esistenza: sono le loro radici plurali, da sempre la vera ricchezza delle nostre città, e proprio per questo pensiamo che è innanzitutto in esse, in questa visione ampia e costitutivamente aperta delle “democrazie cittadine”, che si gioca oggi la grande partita di nuove forme d’uso delle istituzioni. Delle vere e proprie “forme di vita in comune”.
Per questo da “Messina”, intesa come nome di questa possibilità di “forma di vita in comune”, Intendiamo ora far partire un dialogo con tutte le realtà che intendano davvero ripensare dal basso, come stiamo provando a fare noi, le forme dell’autogestione e della partecipazione democratica alle scelte amministrative. Le ferite sociali e il conflitto, anche silenzioso, non possono essere “delegati”, anche fosse ad un Assessorato all’autogestione dei Beni Comuni, cui pure abbiamo deciso di dare vita: essi ci impongono oggi piuttosto una vera e propria “Costituente dei municipi”, l’invenzione e la sperimentazione di forme di istituzioni. Sono pertanto queste istituzioni “in comune” che vorremmo pensare nuovamente e riscrivere insieme a chi ha perfettamente chiara la sfida che ci aspetta, sfida ancora più difficile e terribile quando si incrocia con l’Amministrazione, così come sta accadendo a Messina: è un cammino che comporterà la riscrittura dello Statuto e dei Regolamenti comunali, la definizione di regole per l’autogestione dei luoghi e l’autogoverno delle forme di vita partecipata, la riflessione su nuove regole della partecipazione diretta, il riconoscimento delle forme di vita in comune che si danno nel territorio e nei luoghi e il ripensamento, anche digitale, delle istituzioni di incidenza partecipata alle scelte delle Amministrazioni.
È per questo che, con la gioia che attraversa Messina in queste settimane, invitiamo tutte e tutti, amministratori e cittadini di ogni realtà del Paese, ad organizzare con noi nei prossimi mesi, nella città dello Stretto, un appuntamento di riflessione collettiva che metta a verifica il percorso svolto e ne proponga di nuovi per le nostre comunità cittadine.
PROMOTORI:
Gino STURNIOLO, Consigliere comunale “Cambiamo Messina dal basso”, Comune di Messina, Gianfranco FERRARO, ricercatore e giornalista, Messina, Luciano MARABELLO, architetto, Messina, Emilio RAIMONDI, docente e giornalista, Messina
SOTTOSCRIVONO:
Ivana RISITANO, Consigliere Comunale “Cambiamo Messina dal basso” – Cinzia ARRUZZA, docente, New York – Daniele DAVID, sindacalista CGIL, Messina – Gerri GAMBINO, giornalista, Messina – Mario PEZZELLA, docente Scuola Normale Superiore, Pisa – Carmelo PICCIOTTO, avvocato, Messina – Pietro SAITTA, sociologo, Messina – Gigi SULLO, giornalista, Roma – Giampiero GIÁ, “Cambiamo Messina dal basso” – Santino BONFIGLIO, Consigliere di Circoscrizione “Cambiamo Messina dal basso” – Francesco MUCCIARDI, Consigliere di Circoscrizione “Cambiamo Messina dal Basso”, Tonino CAFEO, giornalista, Messina – Circobaleno Messina – Antonino RAMPULLA, “Cambiamo Messina dal basso” – Rosario PAONE,
docente, Messina – Maurizio TORRE – Dino COSTANTINI, docente, Venezia – Anna FAVA, “Asilo Filangeri”, Napoli – Nicola CAPONE, “Asilo Filangeri”, Napoli – Francesco BIAGI, “Municipio dei beni comuni”, Pisa – Clelia MARANO, Messina – Clelia STUPIA – Antonella MELIS, Messina – Valentina ROBERTO, operatrice olistica, Messina – Gianluca CAMUTI – Giuseppe MERRINO, impiegato di banca, Messina – Rosario SCANDURRA, politologo, Barcelona – Margherita PAGLIARO – Mariangela SCOTTO – Mariateresa ZAGONE – Grazia STURNIOLO – Cetti BIONDO – Caterina TRIMARCHI – Vittoria BARBARA – Margherita LO GIUDICE, neuropsichiatra infantile, Messina – Maria GERMANÁ – Eugenio VANFIORI, pittore, Messina – Luigi LAZZERINI, storico, Viareggio – Cristina SCIARRONE, Messina – Gaetano BORGOSANO, analista e sviluppatore software, Messina – Michele FUCICH, storico dell’arte, Siena – Giuseppe LO CASTRO, critico letterario e storico della letteratura, Messina – Luca INTELISANO – Giulia DE LUCA – Antonio MENTO – Dany FAZIO – Alessandra GIUITTA – Francesca GRASSO – Marco MORANDI – Alessandro USELLI, psicologo, Roma – Giovanna BOTTARI, Messina – Corrado SPEZIALE, giornalista, Messina – Daniela PERRONE – Giuseppe DI PRIMA – Federico BORROMETI – Antonella FIUMARA ABRAMO – Vito PELLEGRINI, geologo, Polignano a Mare (Bari) – Giovanni CARBONARA, economista solidale, Triggiano (Bari) – Roberta PALERMO, Presidente onorario Arcigay, Messina – Santina SCOLLO – Lucia DELLA VILLA, psichiatra e psicoanalista, Ospedale Papardo, Messina – Maurizio AMOS – Mariagrazia GUGLIOTTA – Maria GERMANA’ – Caterina CAPRI’, Funzionario P.A., Torino – Marco MORANDI, studente, Sesto Fiorentino – Barbara BISAZZA, architetto – Heriberto ZANGLA, Cancelliere Corte d’Appello di Messina –