Migliaia di firme contro la “malapolizia”
Quasi quindicimila accessi in poche ore e oltre settemila firme già cerrtificate: l’appello lanciato dal comitato Verità per Aldro sta volando sul web, ben oltre le aspettative dei suoi promotori, gli amici e i familiari del diciottenne ucciso il 25 settembre del 2005 durante un feroce “controllo” di polizia. Così recitano tre sentenze senza che l’amministrazione del Viminale si sia sognata di rimuovere i quattro colpevoli mettendoli in condizioni di non nuocere ancora. Da 24 ore, Leo Fiorentini, il webmaster non riesce a mollare la postazione per timore che il server crolli per la mole di accessi: «Mi raccomando di seguire la procedura, prima si firma poi si conferma rispondendo a una mail».
La petizione chiede che vengano modificate le norme in modo che i condannati in via definitiva, anche a meno di 4 anni, vengano automaticamente allontanate dalle forze dell’ordine, a cominciare dai quattro poliziotti che intervennero quella notte all’Ippodromo di Ferrara. Inoltre viene richiesto che vengano determinati urgentemente modalità di riconoscimento degli appartenenti delle forze dell’ordine in servizio, come avviene peraltro in molti paesi europei. Infine, si chiede il rispetto della Convenzione delle Nazioni Unite del 1984 contro la tortura e le altre pene o trattamenti inumani, crudeli o degradanti, ratificata dall’Italia nel 1988, introducendo anche nell’ordinamento italiano il reato di tortura.
«Assieme a noi ci sono i tanti e le tante che fin dall’inizio hanno partecipato alla richiesta di verità e giustizia – spiega Pietro Pinna dell’Arci ferrarese – perché da questa vicenda possano almeno essere affermate alcune elementari norme di cività. Dell’inadeguatezza delle norme sulla tortura hanno parlato anche i giudici del processo d’appello. Noi non abbiamo mai nutrito pregiudizi sulle forze dell’ordine, né chiediamo pene più severe ma solo norme di civiltà». Che non sia alcun intento giustizialista lo spiega anche Elisa Corridoni, “guida indiana” per i primi giornalisti che giunserò nella città estense e ora impegnata tra i campi per i terremotati del modenese: «Decideremo insieme cosa fare di tutte queste firme. Per adesso continuiamo la campagna. Poi le stamperemo tutte e potremmo consegnarle al governo e al Quirinale perché si rendano conto di cosa ha smosso quest’ansia di verità e giustizia».
Fra le prime adesioni, oltre a quelle dei genitori di Federico, Patrizia Moretti e Lino Aldrovandi, troviamo quelle di Haidi e Giuliano Giuliani, Ilaria Cucchi, Lucia Uva, Rudra Bianzino e Domenica Ferulli, Don Andrea Gallo, il presidente nazionale dell’Arci Paolo Beni, il segretario nazionale di Rifondazione Comunista ed ex ministro Paolo Ferrero e gli ex Sottosegretari alla Giustizia Luigi Manconi e Franco Corleone, il vignettista Vauro, l’attore Valerio Mastrandrea, Piero Maestri, portavoce di Sinistra critiva e scrittori come Erri De Luca, i Wu Ming, Valerio Evangelisti, Adriano Chiarelli e Girolamo De Michele, i giornalisti grazie ai quali la notizia venne portata sulla stampa nazionale (Checchino Antonini di “Liberazione”, Cinzia Gubbini de “Il Manifesto” e Dean Buletti di “Chi l’ha visto?”) e l’autore del documentario “E’ stato morto un ragazzo” Filippo Vendemmiati, nonché esponenti di movimenti contro la repressione come Nicoletta Dosio dei NoTav, Lorenzo Guadagnucci, giornalista che subì le violenze della Diaz, Monica Pepe del Comitato “10×100″ (sono i 10 manifestanti del G8 2001 condannati a un secolo di galera per devastazione e saccheggio. Il 13 luglio ci sarà la Cassazione anche sulla loro vicenda), Italo di Sabato dell'”Osservatorio sulla Repressione”.