Milano, la Palestina che non ti aspetti
In questi giorni a Milano si sta svolgendo l’evento «Israele che non ti aspetti», una kermesse propagandistica organizzata dall’Ambasciata israeliana in collaborazione con gli enti locali lombardi, per raccontare «un Israele diverso da quello di Stato interessato da un conflitto».
Questa operazione – la prima del suo genere e che viene osservata con interesse dai siti filo-israeliani di tutto il mondo – ha un duplice significato: simbolico, affermando la «legittimità» dello Stato d’Israele di installarsi nel centro di Milano con i suoi moderni mezzi di propaganda, ma soprattutto concreto, perché il centro della kermesse è stato il Forum economico Italia-Israele che si è tenuto martedì scorso in piazza Affari a Milano, il giorno dopo il vertice Berlusconi-Netanyahu.
Con questa Kermesse il governo israeliano si è proposto l’obiettivo di prevenire qualsiasi isolamento politico internazionale, passando attraverso un paese il cui governo e quasi tutte le forze politiche sono zelantemente schierate a difesa delle sue scelte e di rilanciare la collaborazione economica, commerciale, scientifica e militare, in particolare nei settori della tecnologia per la «sicurezza», la gestione delle risorse idriche – di cui Israele è maestro, grazie all’acqua sottratta ai palestinesi -, le risorse energetiche rinnovabili, la sanità e il welfare e così via.
Un’operazione di propaganda che ovviamente è fondata sulla negazione: la negazione dell’esistenza dei palestinesi, delle responsabilità israeliane nel conflitto, per cancellare la memoria stessa della pulizia etnica che ha dato origine alla nascita dello stato di Israele e che perdura tuttora, della cacciata violenta degli abitanti della Palestina nel 1948-49, dell’espropriazione della loro terra, della soppressione dei loro diritti civili e dei più fondamentali diritti umani, della negazione del diritto dei profughi palestinesi al ritorno nella
propria terra.
Ma anche la negazione dell’esistenza di un’«altra Israele», quella dei movimenti contro l’occupazione, dei giovani che manifestano contro il muro dell’Apartheid, dei refusnik, e naturalmente dei palestinesi che vivono in Israele, cittadini di serie B nella loro terra. Per fortuna a Milano si sono levati voci di dissenso e malgrado i tentativi di forze politiche di centrodestra e centrosinistra di ridurre le contestazioni alla Kermesse israeliana a violenze e distruzioni – a cui è seguito il silenzio dei molti per i quali senza violenze e scontri non c’è notizia – diverse sono state le iniziative del comitato «No all’occupazione israeliana di Milano» che si è formato nei mesi scorsi. E così le bandiere palestinesi attraversano il centro di Milano: sabato scorso con un presidio di grande forza pacifica e simbolica con un «memoriale ai bambini di Gaza» e poi azioni dirette non violente di contestazione e controinformazione che hanno portato i colori palestinesi di fronte alla desolante e triste installazione dei totem di piazza Duomo, poco frequentati e costretti a vivere dietro transenne e blindati, perché la verità non trovi spazio all’interno.
Sabato 18 giugno – concentramento alle ore 15.00 in largo Cairoli a Milano – sarà il giorno di una manifestazione nazionale, a cui invitiamo tutte/i quelle/i che non vogliono farsi prendere in giro dalle «eccellenze» israeliane, che vogliono contestare la «legittimità» della negazione dei palestinesi, che vogliono contribuire alla campagna di boicottaggio dell’economia israeliana lanciata dalla società civile palestinese contro l’apartheid israeliano – come fecero i neri del Sudafrica 30 anni fa. In fondo, voi avreste accettato un evento «il Sudafrica che non ti aspetti» mentre Mandela era ancora in carcere?