Nasce una rete nazionale studentesca?
A più di un anno dall’impressionante, quanto estemporanea, esplosione del movimento studentesco dell’Onda, abbiamo assistito ad un autunno tiepido sul fronte dell’opposizione del mondo della scuola e dell’università ai provvedimenti del governo. Le decine di migliaia di insegnanti precari, ribellatisi al licenziamento di massa e alla liquidazione del loro futuro, sono sembrati una goccia nell’oceano frammentato e rassegnato dell’opposizione sociale alla crisi e al governo Berlusconi.
Nonostante ciò, i tentativi di ricomposizione del soggetto studentesco per promuovere una rivolta generale e generalizzata alla crisi ci sono: in molti atenei studenti e studentesse provano ad opporsi alle riforme del governo e ai costi della crisi economica, mettendo in piedi percorsi collettivi di conflitto. Hanno ben chiaro che soltanto attraverso l’autorganizzazione e le alleanze sociali si può costituire un’efficace fronte di resistenza.
Partendo da queste considerazioni, il 27 e il 28 febbraio, nella facoltà di Psicologia della Sapienza, collettivi da numerose città d’Italia s’incontreranno per due giorni di assemblee e tavoli tematici del convegno “Percorsi d’autorganizzazione nell’università della crisi” organizzata da www.ateneinrivolta.org, sito nato dai collettivi universitari di Roma durante il movimento dell’Onda Anomala. Centro delle discussioni sarà proprio la ricerca di un linguaggio e un metodo comune, che permetta di superare l’atomizzazione dell’ultimo anno, facendo in modo che non si riparta più da zero ogni volta che ci si opporrà a riforme e tagli. Obbiettivo dichiarato sarà superare la frammentazione estrema fra i soggetti autorganizzati che nelle università si battono contro gli effetti di riforme e tagli, mettere in connessione analisi e percorsi, cercare alleanze sociali forti che non lascino più nessuno da solo a combattere contro gli effetti della crisi.
Per questo il convegno si propone di costruire una rete fra i collettivi, che metta in comune e arricchisca i percorsi autonomi condotti facoltà per facoltà. Nell’università dell’autonomia didattica e finanziaria, le modalità d’organizzazione e le forme di ogni singolo conflitto condotto dai collettivi tendono ad essere diversi in tempi e modi, ma non nello scopo: far pagare la crisi a chi l’ha causata, restituire all’università e alla scuola il ruolo centrale nella promozione di cultura e nella trasmissione di sapere che le spettano in questa società, trasformare ogni singola rivolta contro l’università fabbrica di precarietà in una vittoria per un’università sociale e accessibile realmente a tutti.
Appare evidente che l’avanzata di un conflitto condotto esclusivamente nell’università non è sufficiente e il movimento dell’Onda lo dimostra. Proprio per questo la ricerca di legami sociali sempre più stretti appare come una costante delle discussioni previste dal programma del convegno, innanzitutto con il mondo della scuola e gli studenti medi. Questi ultimi sono apparsi sempre più isolati politicamente e lasciati da soli a combattere il triste scenario di una scuola italiana inadeguata e purtroppo sempre più selettiva e razzista. Il filo che legherà i tavoli di discussione sarà quindi la ricerca della modalità con cui riaffermare il ruolo e la qualità dell’istruzione, partendo da tutti i soggetti che compongono il mondo della formazione.
Anche la data scelta per il convegno non è casuale. Nelle prossime settimane, probabilmente entro marzo, approderà alle camere il disegno di legge Gelmini sull’università. La logica di fondo e gli obbiettivi strategici del governo non sono purtroppo dissimili da quelli che hanno ispirato, negli ultimi 12 anni, altre 2 riforme e numerosi decreti. Ad esser stravolto non sarà soltanto il volto e l’organizzazione interna degli atenei italiani, ma il ruolo sociale e culturale dell’università. Per la prima volta nella storia di questo paese, i dati ISTAT (che evidenziano un calo nelle iscrizioni universitarie) mostrano il re nudo: l’università non è più un mezzo sicuro per la promozione sociale e culturale dell’individuo.
La laurea triennale vale quanto un diploma, solo che prenderla costa: Costa tasse universitarie, sempre più alte a causa dei tagli, costa un affitto da 400 o 500 euro (se si ambisce a studiare in una delle città universitarie italiane per eccellenza come Roma, Milano, Bologna o Firenze), costa tempo, altrimenti impiegabile nella ricerca di un lavoro – precario – ma che possa permettere ai giovani di costruirsi una vita in autonomia dalla propria famiglia.
L’università, lontana dal trasmettere un sapere e un metodo d’apprendimento e di riflessione critica, abitua e prepara lo studente ai tempi e ai modi dello sfruttamento precario. La riforma Gelmini spalancherà ai privati le porte della gestione di ogni singolo ateneo, porte che già la riforma Ruberti del ’90, la Zecchino e la Moratti avevano aperto. Mancava il colpo finale, quello di un governo impermeabile al conflitto sociale e ai movimenti, deciso a procedere nei suoi piani di dismissione dell’istruzione pubblica.
Introdurre la meritocrazia come principio base per l’erogazione di fondi e borse di studio, rappresenta infatti il salto di qualità rispetto al semplice definanziamento e alla privatizzazione già in atto di numerosi servizi agli studenti.
Non a caso la tematica di un nuovo diritto allo studio riaffiora ormai da tempo nelle discussioni e nelle piattaforme dei collettivi e sarà al centro dei dibattiti del 27 e 28 febbraio.
Trasformare ogni rivolta in vittoria. Questo lo slogan del convegno e non appare affatto scontata, in una fase simile di crisi, la consapevolezza mostrata dagli studenti a un anno dall’Onda: resistere e dire solo no a riforme e crisi non basta più, occorre ripensare l’università e le modalità d’organizzazione per farlo, il convegno di Roma sarà un primo passo in questa direzione.