Podemos, la sinistra spagnola oltre la sinistra
Oggi le homepage dei quotidiani spagnoli aprono raccontando il primo giorno dell’assemblea fondativa di Podemos, il movimento che si fa partito e che alle scorse elezioni europee ha conquistato l’8 per cento dei consensi. Il quale, secondo i sondaggi, è ad oggi la seconda forza politica, capace di scavalcare anche lo storico Psoe.
Da tre giorni a Madrid insieme all’amico e collega Giacomo Russo Spena, siamo qui un po’ a lavorare, un po’ a vedere, un po’ a capire e un po’ a farci domande. Verrebbe voglia di entusiasmarsi subito nell’assistere alla nascita di un progetto politico probabilmente unico al mondo, che riesce a coniugare l’impatto televisivo, la potenzialità del web e infine il vecchio legame con la piazza e i quartieri in un unico spazio che rifiuta l’etichetta “sinistra” ma che poi esprime un programma classico di sinistra radicale. Il fatto è che restano aperte diverse questioni, sul presente (e quindi eccole) e sul futuro (non abbiamo la palla di cristallo).
La sede nazionale di Podemos è una stanza di venti metri quadrati con una scrivania e scatoloni qua e là. Ai muri non c’è nessuna immagine sacra, nessun santino della sinistra, aria nuova insomma. Solo un manifesto in cui si ringraziano il milione e 200mila spagnoli che hanno votato quelli che sono considerati (semplificando molto) gli eredi degli indignados. I quali si sono presentati nel gennaio scorso come gli “anticasta” – cioè il blocco di potere che mette insieme popolari, socialisti e sindacati – che vogliono rimettere al centro della vita politica e sociale una reale democrazia popolare; la “gente”, ciò che vuole la gente, ciò che chiede la gente, la cui volontà – ragionano – è di volta in volta negata dal potere politico e finanziario, nazionale ed europeo. Siete di sinistra? “Oggi non ha alcun senso comune la parola sinistra, se ne è perso il significato. I simboli servono fin quando hanno un contenuto”, ci spiega Rita Maestre (26 anni, femminista). È la risposta classica che più o meno danno tutti gli attivisti.
Anche qui troviamo un leader, anzi il leader. Cioè Pablo Iglesias, giovane professore universitario diventato famoso per le sue performance televisive nei talk show, autentico e integerrimo castigatore dei rappresentanti di una classe politica screditata e che via via gli sono capitati a tiro. Si racconta che a maggio in parecchi si presentavano al seggio per votare “il codino”, non tanto Podemos. Non è una caso allora che nella scheda elettorale l’unico movimento che al posto del simbolo avesse una faccia (quella di Iglesias) era proprio Podemos. È stata una strategia comunicativa voluta, nel 21esimo secolo se non hai il trascinatore carismatico vai poco lontano. Qui perlomeno non lo nega nessuno: senza Iglesias, Podemos non ci sarebbe stata. “Ma adesso, comunque coscienti dell’importanza di Pablo, mettiamo le basi per far sì che la voce rappresentata da Podemos possa camminare da sola”, dice Pablo Echenique, europarlamentare che all’assemblea madrilena propone un documento alternativo a quello di Iglesias, in cui si parla di una guida a tre (e non a uno) per il movimento.
Poi c’è internet, e qui viene subito da pensare al M5S. La fondazione vera e propria sta seguendo un percorso misto tra web e assemblee dei circoli. I candidati alle europee furono votati online (e non era necessaria alcuna iscrizione, tutti potevano farlo). Ma rispetto ai grillini, i promotori di Podemos hanno affidato tutto a una società esterna che lavora con un programma open source, che a sua volta si fa controllare gli esiti delle varie votazioni su documenti e organizzazione da un’altra associazione ancora. La speranza – racconta David Rescuas, uno dei tre tecnici che lavora alla piattaforma, e che non ha alcun legame politico con Iglesias e company – è che presto sia possibile rendere aperto il controllo a chiunque lo voglia. Ma più Podemos diventa grande “e più il pericolo di subire attacchi esterni diventa alto, sono in molti a sperare che questo esperimento di democrazia partecipata salti in aria”.
Conquistare la maggioranza e governare, non ci sono vie di mezzo per il “partito della gente”. Che non è di destra ma pesca voti anche a destra, che non si definisce di sinistra ma che nei fatti lo è. Siete antisistema allora? “No, gli antisistema sono loro, sono loro – ancora Rita – che stanno distruggendo la scuola pubblica, la sanità pubblica, l’ambiente, che privano i cittadini dei loro diritti e di un futuro”. Sembra una risposta convincente, in fondo il loro merito è proprio questo: essere convincenti, essere riusciti ad entrare in sintonia con gli spagnoli che oggi vogliono punire la vecchia politica che non ha saputo prevedere la crisi né ha saputo gestirla senza aumentare le disuguaglianze. Ciò che si dice e come lo si dice sembra mirare ad un solo obiettivo: il consenso popolare. Il popolo ha sempre ragione? Chi lo sa, per ora da queste parti le contraddizioni sembrano un problema degli altri, costretti a giocare sulla difensiva, a screditare con argomentazioni assai deboli un movimento appena nato e per questo “lindo”, senza macchia.
Il palazzetto di Vistalegre è pieno di ragazzi, l’età media è bassa, sarà sui 35 anni. L’organizzazione è composta da volontari, fuori dalla metropolitana i ragazzi dello staff si offrono di accompagnare i disabili. Il palco ha quattro schermi dove si alternano foto, video e Twitter. Sugli spalti si fa la ola, si intona il coro “sí se puede” e fa una certa impressione, poi parte “el pueblo unido jamas será vencido” e cantano tutti anche lì. Per un attimo la modernità, la rincorsa alla sinistra del futuro che ha un altro nome ma che vorrebbe avere la stessa sostanza delle origini, può attendere. Preso da uno strano istinto vetero esco un minuto dalla sala stampa e vado al banchetto subito fuori, li avevo intravisti prima di entrare: due attivisti vendono la maglietta viola di Podemos, ma sotto al logo classico i nostri due nostalgici alle prese con questo animale strano ci hanno aggiunto la rassicurante dicitura “por el socialismo”. La compro, per ricordo.
Cosa ci volete fare, ognuno ha le sue turbe.
*Fonte articolo: http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2014/10/18/matteo-pucciarelli-podemos-la-sinistra-spagnola-oltre-la-sinistra/