Ragioni e illusioni di un piccolo partito
Democrazia Proletaria fu a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta “il piccolo partito delle grandi ragioni”, mai una volta che andò oltre l´1,7 per cento, anche se con il proporzionale senza sbarramento bastava per fare eleggere sei deputati. Ma più che un piccolo partito è stato un mondo al cui altare sacrificare tutto se stessi. Matteo Pucciarelli, a vent´anni dallo scioglimento, in un bel libro mette insieme i cocci di quella storia, impasto di ideali generosi e di illusioni svanite, la più grande delle quali andò in scena alle politiche del 1976 quando la sua coalizione elettorale, che comprendeva anche Lotta Continua, Pdup, Manifesto e Avanguardia Operaia, finì per sbattere duramente contro il muro della realtà. Giovanni Russo Spena, a lungo segretario, ricorda che a un certo punto il movimento dovette fare i conti con la droga, “quanti compagni morti”, famiglie che si sfasciavano, depressioni, suicidi. Era un militante anche Peppino Impastato, ucciso dalla mafia lo stesso giorno che ammazzarono Moro.