Ritorno a Manduria
Dopo la manifestazione di sabato scorso, con i migranti tunisini usciti dal campo al grido di “libertè, liberté”, siamo tornati a Manduria. Grazie alla protesta, che ha permesso ai migranti di sostare davanti al campo senza filtri della polizia, trascorrere qualche ora lì ti permette di incontrare e conoscere i tunisini, parlare con loro e rendersi conto in prima persona di come stanno vivendo questi giorni.
Le loro condizioni non sono per nulla buone, il cibo puzza ed è poco; non vengono trattati come persone ma si sentono guardati e giudicati dall’alto verso il basso soprattutto dalle forze dell’ordine. Sono tutti (nessuna donna è presente al campo) costretti a farsi identificare rilasciando nome, cognome ed impronte digitali scegliendo di firmare il C3, un permesso di soggiorno temporaneo della durata di tre mesi, che permetterebbe loro di circolare in Europa, oppure la richiesta di asilo politico che può essere rilasciato per un tempo di 1, 3 o 5 anni. Il paradosso, di cui ormai tutti si stanno accorgendo, è che facendo richiesta di asilo (molto meno precario del permesso di soggiorno.), a causa dell’Accordo di Dublino, una volta riconosciuto (e se riconosciuto!), sono costretti a rimanere nel paese in cui hanno fatto richiesta, cioè in Italia. Dato che la maggiorparte di loro non vuole rimanerci (parlano francese, hanno parenti altrove) si ritrovano di fronte a un dilemma: scegliere il permesso temporaneo di appena tre mesi, vivere alla giornata e poter viaggiare per l’Europa oppure avere una minima stabilità e certezza di permanenza con l’asilo, ma essere costretti contro la propria volontà a rimanere in Italia.
Alle condizioni al limite dell’umano in cui vivono nella tendopoli, oltre al fatto che sono soli, senza punti di riferimento famigliari, lavorativi, ecc. sono costretti anche a sopportare uno stress psicologico non da poco.
Nessuno di loro è stato informato su cosa abbiano firmato. Sabato 9 aprile si terrà un’assemblea davanti al campo che, a questo punto, diventa un’occasione per supportarli ed informarli sui loro diritti in modo da favorire maggiore consapevolezza rispetto alle decisioni che dovranno prendere. Daltronde hanno già dimostrato la capacità di ribellarsi per rivedicare libertà ed asilo.
La sera, se cercano di allontanarsiper provare a proseguire il viaggio per il nord, nei paesi vicini o nelle stazioni, vengono caricati nei bus con forza e riportati nel centro. Mentre eravamo al campo ne è arrivato uno con 50-60 migranti a bordo.
Ci sono volontari, e non ronde!, che quotidianamente portano vestiti, scarpe, sapone, cibo e tutto ciò che occorre. Ancora una volta semplici cittadine e cittadini (spesso sono le stesse persone, autorganizzate in comitati, che fanno battaglie contro discariche ed inceneritori in zona) che si stanno sostituendo alle istituzioni e allo Stato, anche se la ditta per la gestione della tendopoli percepisce per ogni migrante 35 euro al giorno! Si tratta della “Connecting people”, che non ha vinto nessuna gara d’appalto, ma ha ricevuto un incarico diretto per sei mesi, prolungabile per un anno! Questo confermerebbe che la tendopoli è destinata a perdurare nel tempo e non a chiudere entro un mese. D’altronde è di oggi la notizia dei primi sbarchi a Lampedusa di persone libiche.