Rossanda lascia il manifesto
L’addio di Marco D’Eramo era stato nascosto in poche righe nella pagina delle lettere. Quello di Rossana Rossanda, al momento, lo leggiamo sul sito di Micromega da cui lo prendiamo. La crisi del manifesto sembra essere verticale e storica. Ci torneremo nei prossimi giorni. Intanto crediamo sia utile conoscere il tenore di queste posizioni e soprattutto la lettera di addio della fondatrice del quotidiano “comunista”.
LA LETTERA DI ROSSANDA
Preso atto della indisponibilità al dialogo della direzione e della redazione del manifesto, non solo con me ma con molti redattori che se ne sono doluti pubblicamente e con i circoli del manifesto che ne hanno sempre sostenuto il finanziamento, ho smesso di collaborare al giornale cui nel 1969 abbiamo dato vita. A partire da oggi (ieri per il giornale), un mio commento settimanale sarà pubblicato, generalmente il venerdì, in collaborazione con Sbilanciamoci e sul suo sito www.sbilanciamoci.info.
Rossana Rossanda
La lettera di Halevi
Care compagne e cari compagni
Non so se avete visto l’andazzo del manifesto nelle ultime settimane. E’ peggiorato ulteriormente dopo il 4 novembre. Scandalose le linee di commiato a Marco D’Eramo, quelle della redazione non quelle di D’Eramo. Consiglierei di rompere, perché non si tratta più di un collettivo ma di un manipolo che per varie ragioni si è appropriato del giornale. Anch’io me ne vado, senza alcuna lettera. E’ inutile.
Un caro saluto,
Joseph Halevi
La lettera di Marco D’Eramo (la risposta e la controreplica)
Cari lettori,
vi scrivo per prendere commiato da voi dopo una frequentazione di più di 32 anni e svariate migliaia di articoli. Come in ogni rapporto così lungo che si conclude, le cause della separazione risalgono lontano nel tempo e profondo nei sentimenti, anche se poi basta una quisquilia a rompere un equilibrio che già pendeva quanto la torre di Pisa.
Per fare breve una vicenda lunga, la mia storia nel manifesto e col manifesto è conchiusa. Sento con dolore che questa esperienza umana e politica sta finendo male, come spesso accade in regime di scarsità e penuria: me lo provano la suicidaria rottamazione dei prepensionati, quasi tutti esclusi dalla progettazione del giornale, e me lo ha provato in modo definitivo il pessimo andamento dell’assemblea romana di domenica 4 novembre coi circoli (nonché il suo non rendiconto).
Non ne faccio una colpa specifica alla direzione, sia perché in un giornale come era un tempo il nostro, le responsabilità sono sempre collettive, cioè del collettivo (redazione, grafici, tecnici e amministrativi e quindi anche mie), sia perché, come ho detto, alcuni dissidi sono carsici e rimontano nel tempo. Di proposito non entro in questioni personali che mi trascinerebbero in un ping-pong di recriminazioni e controaccuse: vi sono già stati troppi livori. Spero di sbagliarmi, e auguro ogni fortuna al collettivo, per quel che ne resta, e per il tempo che riuscirà a sopravvivere come tale.
Il commento della redazione
È vero, le difficoltà materiali non aiutano. Ci dispiace per questo commiato, ma su una cosa siamo d’accordo: meglio evitare personalismi, «recriminazioni e controaccuse». Auguri di buona fortuna.
Risposta inviata per mail a tutta la redazione da Marco D’Eramo
Care compagne/i,vi ringrazio di cuore: la collocazione e la risposta che avete voluto dare al mio addio spiega le ragioni del mio commiato più di ogni mia parola.
La risposta di Norma Rangeri
Care compagne e cari compagni, care lettrici e cari lettori,
molti di voi già sanno della decisione presa da Rossana Rossanda. La decisione – di non scrivere più su queste pagine – ci colpisce e ci addolora. Per mille e una ragione. Perciò speriamo in un ripensamento, perché sappiamo che il suo contributo intellettuale è importante per noi, per la sinistra italiana, per il paese. Il tempo del confronto non è scaduto. Se abbiamo discusso poco sul domani del giornale, sul prodotto che facciamo, discutiamone ancora, impegniamoci ancora di più, nei prossimi giorni e settimane che restano.
La sua scelta piomba come un macigno sul presente di questa piccola-grande impresa collettiva, proprio in uno dei momenti più difficili della sua travagliata storia. E viene dopo mesi di discussioni, spesso laceranti, ampiamente raccontate. Chi ci segue e/o ci sostiene, ha potuto leggere interventi e opinioni molto diversi sul ruolo del giornale, sul presente e sul futuro del manifesto. Tutti hanno potuto esprimersi in totale libertà, senza censure, senza limiti di spazio, senza limiti di tempo. La direzione e la redazione – che solo qualche sciocco può definire «manipolo» – hanno mantenuto aperto il dialogo e il confronto dentro e fuori il manifesto, con decine di assemblee interne e anche con assemblee esterne. E al tempo stesso si sono fatte carico di pensare, scrivere, fare uscire queste pagine ogni giorno, nonostante le difficoltà, le avversità, l’amministrazione controllata.
Perciò non condividiamo la critica sull’indisponibilità al dialogo: è ingenerosa e ingiusta. La verità è un’altra, naturale come la vita: esistono idee diverse su cosa deve essere il manifesto. Noi ne abbiamo preso atto. Nella convinzione che le differenze potessero convivere, come è sempre stato, compresi gli ultimi tre anni di direzione. Ora che si sta per decidere il futuro del giornale, chi dovrà gestirlo, chi dovrà guidarlo, in una parola come dovrà essere il nuovo manifesto, ecco che le diversità di “linea” si trasformano in rottura delle relazioni, anche umane, in separazioni traumatiche.
Essendo queste vicende autodistruttive una costante della nostra storia, qualcuno dirà che interessano poco.
A noi invece interessano molto. E siamo convinti che interessano le lettrici, i lettori, i circoli, la redazione, i collaboratori vecchi e nuovi. Perciò non molliamo, non ci arrendiamo. Il dibattito, la libertà delle idee e la diversità di opinione, sono un patrimonio nostro, nel quale continuiamo a credere.
Lo ripeto: il tempo del confronto non è scaduto.
Ci rendiamo conto però che se le rotture non verranno ricomposte (non dipende solo da noi) peseranno molto sulle sorti del giornale e su chi da anni, da decenni, lavora al manifesto Comunque ogni lettrice, ogni lettore che ci ha seguito in questa ultima fase, ha la possibilità di dire ciò che pensa di questa situazione. Perché il giornale e il sito continuano a uscire. Fino alla scadenza prevista dall’amministrazione controllata. Poi sarà un’altra storia.