Se l’Internazionale ridiventa una prospettiva
Si potrebbe cominciare dalla ricostituzione di una sezione russa della IV Internazionale, una specie di ritorno là dove dove tutto era cominciato – la IV Internazionale fu fondata da Trotsky nel 1938 anche sulla scia della battaglia, e della sconfitta, della sua Opposizione di sinistra allo stalinismo, sterminata in Russia tra gli anni Venti e Trenta. Si potrebbe proseguire con la presenza di numerose organizzazioni latinoamericane, a cominciare dalla corrente Marea Socialista che è interna al Partito socialista venezuelano di Chavez e che ha rilanciato la proposta di una maggiore unità politica e di azione tra correnti internazionali anche per rispondere collettivamente alla proposta di V Internazionale lanciata dal presidente venezuelano. Si potrebbe andare ancora più sul sicuro sottolineando l’importanza della nascita del Nuovo partito anticapitalista in Francia che, pure tra contraddizioni e difficoltà di assestamento, costituisce la principale novità della politica europea accanto alle dinamiche che su altre latitudini politiche, attraversano la sinistra tedesca. Eppure, per dare il senso del successo che ha rappresentato il 16° congresso della IV Internazionale – che si è chiuso domenica a Ostenda, in Belgio, sul Mare del Nord – preferiamo citare altri tre elementi. Innanzitutto la partecipazione: oltre duecento delegati di una trentina di paesi, più gli invitati e gli osservatori speciali hanno permesso di sviluppare un dibattito alimentato da presenze di tutti i continenti, dall’Australia al Canada, dall’Argentina alla Russia, dalla Cina alla Gran Bretagna, dal Congo agli Stati Uniti. Riuscire a riunire, per cinque giorni, nello stesso luogo, in forma totalmente autofinanziata e senza alcun supporto istituzionale una tale quantità di organizzazioni non è cosa facile né scontata. Il secondo elemento è che per la prima volta il nuovo Comitato internazionale eletto dal congresso conta al suo interno una presenza di donne superiore al 40%. E tra esse le giovani sono moltissime. Ora, il Comitato internazionale è un organismo “federale” nel senso che ogni realtà nazionale elegge i propri rappresentanti che rispondono solo alla situazione di appartenenza. Non ci sono “riequilibri” né organi centrali superiori – la storia ha insegnato a questa corrente internazionale che non esiste alcuna linea politica che possa essere imposta dall’alto o, peggio, da un partito-guida – e dunque il fatto testimonia di un rinnovamento generazionale, di un cambio di mentalità e di una diversa realtà politica e sociale. Il terzo elemento ha ricadute politiche e organizzative maggiori e guarda al futuro. E’ stato, infatti, il congresso che ha rivolto lo sguardo a est, verso l’Asia con un ruolo fondamentale dell’organizzazione filippina, la presenza dei russi, come già detto, (l’organizzazione Vperiod), la richiesta di diventare membri dell’Internazionale da parte del gruppo di Hong Kong in Cina e della nuova organizzazione giapponese. Ma soprattutto con la presenza importante e decisiva del Labour Pakistan Party, un’organizzazione rilevante che solo nel mese di gennaio ha tenuto il suo congresso nazionale con una manifestazione conclusiva a cui hanno partecipato diecimila tra contadini, lavoratori e soprattutto donne.
Per la IV Internazionale si è trattato di un passaggio di svolta dopo le difficoltà degli anni 90 e della prima decade degli anni 2000. Dopo una serie di defezioni o scissioni e di perdita di prospettiva, la discussione intorno alla possibilità, o quanto meno, alla volontà di puntare a una “nuova Internazionale” frutto di un possibile processo politico innescato anche da scelte come quella della Francia, da presenze come quella pakistana o del dibattito che si sta svolgendo in America latina, ha fornito nuovo carburante e nuova linfa al dibattito interno. Il processo politico a cui si guarda con attenzione è quello della costruzione di “nuovi partiti anticapitalisti” ampi e con influenza di massa, intesi come “la risposta attuale alla crisi del movimento operaio e alla necessità della sua ricostruzione”. Una prospettiva che ha una sua organicità internazionale anche se non si traduce automaticamente in una linea da seguire pedissequamente ovunque. Una prospettiva, va detto, che coincide con la voglia e il progetto di rafforzare questa corrente politica che ormai ha più di settant’anni ma che dimostra di avere ancora una certa giovinezza. Come dimostra la capacità di dedicare una sessione, con tanto di nuova risoluzione approvata, sul cambiamento climatico indicato come una delle principali emergenze del secolo che si apre e quindi come un terreno di battaglia decisivo al pari del conflitto “capitale-lavoro”. Del resto, questa attenzione alle nuove tematiche e ai nuovi soggetti del conflitto, era stata rivelata già allo scorso congresso con l’approvazione di una risoluzione sul movimento e sui soggetti Lgbt. E non esistono molte organizzazioni marxiste-rivoluzionarie che nel proprio programma siano in grado, o vogliano, integrare questioni storicamente così diverse dal movimento operaio. Anzi, non ne esiste nessun altra. Ovviamente va mantenuto il senso delle proporzioni: stiamo parlando in diverse parti del mondo di piccole organizzazioni politiche, a volte di piccoli gruppi, anche se generalmente si tratta di collettivi militanti inseriti nella propria realtà nazionale, sociale e politica. Ma il fatto di appartenere a un quadro internazionale ha permesso finora una certa vitalità o comunque la capacità di mantenere il filo e la discussione comune. E quindi di presentarsi in regola agli appuntamenti. Come la possibile convocazione da parte del governo venezuelano di un dibattito per la V Internazionale. A nessuno è sfuggito anche il lato propagandistico di questa proposta o la complicazione di un invito promosso da un capo di governo. Ma allo stesso tempo, è stato più volte sottolineato, l’ipotesi conferisce nuova credibilità e visibilità alla concezione di Internazionale, al fatto che questa dimensione sia decisiva per affrontare la globalizzazione e la sua crisi. Non a caso, accanto alla proposta di Chavez, ne esiste un’altra promossa dagli americani di Znet e che tra i suoi primi firmatari vede Noam Chomsky, Michael Albert, Vandana Shiva, Michael Lowy, John Pilger e altri. Il congresso ha deciso quindi che di partecipare a questo dibattito, mantenendo intatta la propria concezione di Internazionale, cioè un organismo con un programma condiviso, una prospettiva – il superamento del capitalismo – comune, una democrazia interna, una efficacia sociale e l’assoluta indipendenza dai governi. Intanto l’appello di Marea Socialista di tenere un incontro internazionale il prossimo giugno a Caracas è stato accolto positivamente. Così come positivamente è stato posto al centro della discussione la questione dei movimenti sociali con l’assunzione in pieno del “vertice” di Cochabamba sul riscaldamento climatico, convocato dal presidente boliviano Morales, dei vari Forum sociali – delle Americhe, ad Asunciòn, europeo a Instambul e mondiale, nel 2011, a Dakar – del vertice eurolatinoamericano a Madrid il prossimo maggio e di quello antiNato a Lisbona il prossimo novembre. Così come è stato dato un nuovo impulso all’Istituto di Formazione e Ricerca di Amsterdam che si avvarrà di due nuovi centri “regionali”, dall’evidente importanza simbolica: quello di Manila e quello di Islamabad. Dall’Italia ha partecipato al congresso una delegazione di Sinistra Critica che alla propria conferenza nazionale dello scorso novembre ha deciso di avere un rapporto di “solidarietà politica” con la IV Internazionale, portando il proprio contributo e la propria storia. E che in particolare si è impegnata affinché sul piano europea si dia particolarmente importanza al vertice di Madrid e a quello di Lisbona e si rimetta in moto un processo di convergenza della sinistra anticapitalista che, al di là di formule e forme, permetta di avanzare in una riflessione comune e, sprattutto, in comuni campagne politiche. A questo proposito, il congresso ha deciso di imboccare la strada di conferenze tematiche in cui discutere si singole questioni e di iniziative comuni. Il primo appuntamento sarà dedicato alla crisi economica e in particolare a tre suoi aspetti: i licenziamenti, l’attacco alle pensioni e quelli ai servizi pubblici.