“Spegni la Tv, accendi la radio”
Lunedì 31 maggio: alle 7 del mattino i telefoni sono già roventi, gli ascoltatori chiamano per sapere se ci sono aggiornamenti sull’assalto israeliano alla Freedom Flotilla. ‘Siete riusciti a parlare con gli italiani a bordo, come stanno?’. ‘A che ora è la manifestazione?’… La redazione si anima, si preparano le interviste. Mentre siamo in onda arrivano due troupe armate di telecamere, per riprendere una giornata febbrile. Altri media chiamano per telefono: agenzie di stampa, altre emittenti, qualche sito di controinformazione. Un riconoscimento esplicito del lavoro di inchiesta e di cronaca che RCA ha fatto in questi anni sulla Palestina e su tutto il Medio Oriente; una informazione dettagliata e al tempo stesso schierata dalla parte dei palestinesi e dei popoli dell’area da sessant’anni sottoposti al tallone israeliano. Una informazione non equidistante, per intenderci. Un riconoscimento che, paradossalmente, giunge nel bel mezzo di una crisi provocata dalla decisione del governo di colpire i media indipendenti, ed in particolare le radio comunitarie come la nostra, svincolate dal meccanismo della raccolta pubblicitaria che se da una parte rappresenta una risorsa dall’altra rischia di influenzare le scelte editoriali.
A febbraio abbiamo scoperto, dalla sera alla mattina, che l’ormai famigerato decreto «Mille proroghe» cancellava di netto i rimborsi fino a quel momento previsti alle radio e alle tv locali: rimborsi che servivano a pagare una parte delle spese per l’energia elettrica, il telefono, l’abbonamento alle agenzie di stampa. Si tagliano anche così le gambe all’informazione libera. Per una emittente che ogni anno fatica a pareggiare il bilancio il taglio di quel 7-8% rappresenta un colpo d’ascia alla possibilità di far sopravvivere una radio di qualità che, come la nostra, spazia dalle vertenze territoriali e ambientali ai temi del lavoro e della politica, alla cultura fino alle grandi questioni internazionali legate ai conflitti e ai grandi movimenti di massa. I nostri redattori raccontano le manifestazioni contro gli inceneritori o quelle del sindacalismo di base nei quartieri della metropoli ma anche i forum sociali da Porto Alegre o da Londra; le grandi manifestazioni contro la guerra da Strasburgo o da Praga; la rinascita dei popoli indigeni dal Chiapas e da La Paz; le mobilitazioni di massa contro la crisi da Bilbao o da Atene… Ed ecco che i tagli imposti dal governo al ‘diritto soggettivo’ e ai rimborsi pesano come un macigno. Anche con questi metodi apparentemente poco appariscenti si tagliano le gambe all’informazione indipendente. Niente chiusure per decreto, niente censura dall’alto, ma mille difficoltà che si sommano: l’aumento dei costi di gestione, la moltiplicazione degli adempimenti burocratici, i continui tagli ai pochi aiuti finora esistenti rischiano seriamente di mettere in discussione la continuità di un’esperienza di controinformazione che da 33 anni si ostina a navigare controcorrente all’interno di un contesto in pieno regresso sociale e culturale. Poter ascoltare ogni giorno i protagonisti delle lotte sociali, dei movimenti contro la guerra e contro il razzismo, del sindacalismo di base e di classe, dei movimenti ecologisti o studenteschi, è una possibilità messa sempre più a rischio. Per questo abbiamo fatto appello ai nostri ascoltatori e alle nostre ascoltatrici e abbiamo lanciato una campagna di sottoscrizione che abbiamo voluto intitolare ‘Spegni la Tv, accendi la radio’. Da più di un mese nella nostra redazione è un via vai di amici che ci portano il loro contributo economico e di idee: alcuni li conosciamo, altri sono degli anonimi ascoltatori che ci dicono: ‘da anni ascolto e uso la radio, è giusto dare qualcosa in cambio affinché sopravviva e migliori’. Anche le band emergenti e non che si sono messe a disposizione di RCA sottoscrivono: sanno che in Radio Città Aperta possono trovare sempre uno spazio a disposizione della musica, della cultura e dell’arte sganciati dall’asfissiante meccanismo prettamente commerciale.
Ci aspetta, per usare una metafora, una lunga traversata nel deserto. Per questo abbiamo chiesto ai nostri ascoltatori e alle nostre ascoltatrici di aiutarci a riempire le nostre borracce e le nostre bisacce, per poter continuare ad essere ancora, dopo quasi 33 anni di vita, una voce fuori dal coro.
Tutte le informazioni sulla campagna di sottoscrizione su www.radiocittaperta.it