Storie di occupazione e mutuo soccorso
La riappropriazione di spazi pubblici in stato di abbandono è una pratica che si sta rapidamente diffondendo in tutto il paese. Una risposta alle politiche di austerity, ai tagli al welfare, alla sanità e all’istruzione pubblica, all’impoverimento generalizzato nel quale siamo costretti a vivere; che vogliamo ribaltare creando nuovi spazi di solidarietà e percorsi che nascano dal basso, dove poter discutere di come soddisfare i nostri bisogni effettivi, fuori dalla logica dei profitti.
Dall’autorecupero del Socrate…
Una esperienza esemplare in tal senso è quella dell’occupazione da parte di 120 rifugiati politici di un ex liceo qui Bari (Il Socrate), che dura ormai da più di 3 anni.
Per questi eritrei, etiopi e sudanesi, l’occupazione a scopo abitativo è stata una risposta alla totale incapacità da parte delle istituzioni locali di garantire una degna “seconda accoglienza” per tutti i rifugiati presenti sul nostro territorio.
A partire da maggio 2011 i migranti (organizzati in associazione), insieme ad alcuni attivisti e agli studenti di “Ingegneria senza frontiere – Bari”, hanno avviato una collaborazione per promuovere un progetto partecipato di “auto-recupero sociale” della struttura. Si tratta di un progetto pilota, che permetterà di poter realizzare il diritto ad un’abitazione dignitosa, a prezzi accessibili, ponendosi come valida soluzione per contrastare il disagio abitativo, riappropriandosi di un immobile della collettività. Infatti in assenza dell’occupazione, dell’esperienza di autogestione e del progetto di autorecupero dello stabile, l’ex liceo sarebbe stato probabilmente svenduto a qualche privato per fare cassa, a causa della trappola del debito, o sarebbe rimasto in stato di totale abbandono e degrado.
…all’autogestione Ri-maflow
“Vogliamo anche discutere insieme e mettere in campo una nuova idea di lavoro e di produzione, fuori dalle logiche dello sfruttamento delle donne e degli uomini, vicine a quelle del riutilizzo, del riciclaggio, puntando in primo luogo sul versante ecologico, nell’interesse dei cittadini e dell’ambiente. Ripartire, riutilizzare, riciclare, riappropriarsi”. Queste sono le parole d’ordine dei lavoratori della Maflow, ex multinazionale con sede a Trezzano sul Naviglio (Mi), messi in cassa integrazione nel 2010.
Dopo aver occupato una serie di terreni e capannoni, oggi si sono riorganizzati in una cooperativa, ma non in una cooperativa qualunque. I lavoratori della Ri-Maflow vogliono riprendere i fondamenti delle storiche ‘società operaie di mutuo soccorso’ dell‘800 basate su solidarietà, uguaglianza ed autogestione. Ma con una prospettiva tutta nuova: l’ispirazione non proviene solo dalle esperienze di mutuo soccorso storiche, ma anche dalle esperienze straordinarie figlie dell’attuale crisi e dei tradizionali squilibri del sistema economico-sociale: dalle fabricas recuperadas argentine, al movimento dei Sem Terra brasiliano, dalle esperienze di autogestione in Grecia e Spagna, paesi a cui l’Italia si sta rapidamente adeguando.
I lavoratori della Rimaflow ci consegnano un messaggio molto chiaro: “uniamo le forze perché le resistenze e le difficoltà sono tante per ottenere Lavoro, quindi Reddito e Dignità. Se la vostra crisi ci ha lasciati nel vuoto, nell’incertezza, nella precarietà, noi quel vuoto lo occupiamo, lo riempiamo e ricostruiamo a modo nostro!”
…passando per Communia
Il 7 aprile a Roma è nata Communia. Un progetto proposto dal locale collettivo di Rivolta il Debito e sviluppatosi come vero e proprio seme del percorso di ripubblicizzazione degli spazi abbandonati che era iniziato a novembre con l’occupazione del cinema America. Per tre settimane un capannone di proprietà comunale, gestito per 60 anni da un privato e ora in stato d’abbandono, è stato riaperto e riorganizzato come laboratorio per un nuovo mutuo soccorso. Grazie all’occupazione è finalmente emersa pubblicamente una situazione gravissima in cui tra pubblico e privato le colpe sono equamente divise: più di 700mq di amianto ricoprono infatti il capannone di via dei peligni, avvelenando da decenni gli inquilini delle case popolari e la scuola media limitrofa e rendendo impossibile la costruzione dei progetti di Communia.
l’impossibilità di proseguire nel percorso e l’entusiasmo raccolto nel quartiere hanno così convinto gli/le occupanti a rilanciare, sposando la causa della lotta alla speculazione dei comitati di quartiere. Il 24 aprile Communia ha occupato, riaprendo uno dei patrimoni di San Lorenzo maggiormente minacciati dalla speculazione, il complesso delle ex Fonderie Bastianelli, una struttura del 1908 che la proprietà con la tacita complicità delle istituzioni, voleva abbattere per completare un progetto speculativo complessivo che minaccia di stravolgere il volto di uno dei quartieri più autentici di Roma.
Adesso per Communia e per San Lorenzo si aprono prospettive nuove, non solo costruire dei progetti autogestiti (aula studio/biblioteca autogestita, scuola popolare e sportello legale gratuiti, progetti di sport e laboratori di riciclo) ma difendere pezzi della città dalla speculazione, ribadendo la necessità di costruire forme di autogoverno e partecipazione nella gestione dei territori.
Cinquecento anni fa, in una situazione tanto diversa quanto simile, il predicatore eretico ThomasMuntzer gridava: “Omnia sunt Communia”, tutte le cose sono comuni. “Nell’epoca delle sfrenate privatizzazioni che hanno distrutto la società e individualizzato i nostri lavori e le nostre vite, pensiamo che si debba iniziare di nuovo da qui”.