The protester
In Nord Africa, Medio Oriente, Europa, Stati Uniti e Russia, il protagonista del 2011 è stato «Il manifestante», che ha contribuito a «cambiare il mondo». Così scrive il Time magazine, che pertanto questa settimana gli dedica la sua prestigiosa copertina con la dicitura: «persona dell’anno», in una tradizione che si ripete dal 1927 e che, di volta in volta, ha visto ‘incoronatì per lo più capi di Stato e leader della politica o della finanza. Nel 2011 ci sono state ovunque proteste per il fallimento di vecchie leadership e irresponsabili istituzioni, e i manifestanti hanno «letteralmente incarnato l’idea che l’azione individuale può portare un cambiamento collettivo, colossale», scrive nel suo editoriale il direttore del settimanale, Rick Stengel, sottolineando che, «anche se compresa in maniera diversa in posti diversi, l’idea di democrazia è stata presente in ogni manifestazione». Secondo l’analisi di Stengel, «nessuno avrebbe potuto sapere che quando un venditore ambulante tunisino si è dato fuoco in una piazza di una cittadina appena segnata sulle carte geografiche, avrebbe innescato proteste che hanno rovesciato dittatori in Tunisia, Egitto e Libia e scuotono regimi in Siria, Yemen e Bahrein». E anche che lo «spirito del dissenso» avrebbe spinto i messicani «a sollevarsi contro il terrore dei cartelli della droga, i greci a marciare contro leader irresponsabili, gli americani ad occupare spazi pubblici per protestare contro l’iniquità delle retribuzioni e i russi a schierarsi contro un’autocrazia corrotta» come hanno fatto di recente, in maniera massiccia, per la prima volta da tanto tempo. E allora, il protagonista è stato certamente quel venditore tunisino, Mohamed Bouazizi, o gli egiziani Khaled Said o Wael Ghonim, che hanno innescato «l’effetto domino», ma anche i milioni di altri che hanno seguito il loro esempio. Insomma, di fatto, si tratta del «Manifestante globale», e quindi impersonale, secondo una scelta che non è nuova per Time, che già aveva incoronato, ad esempio nel 1982, «il computer», oppure «la terra in pericolo», nel 1988. Nel 2006 persino un «Tu», ovvero tutti noi, in quanto controllori dell’era dell’informazione e della comunicazione; un’era che l’anno scorso ha portato sul trono di Time Mark Elliot Zuckerberg, il creatore di Facebook. Una scelta fatta peraltro in contrasto con quella dei lettori, che invece avevano scelto a grande maggioranza il fondatore di Wikileaks, Julian Assange, altro grande protagonista del web. Quest’anno però non c’è stata discussione, ha affermato Stengel, perchè la nomina ha avuto «il consenso dei nostri giornalisti e corrispondenti. Tutti pensano che sia la scelta giusta». Si tratta di una scelta che premia soprattutto i giovani, perchè «le manifestazioni hanno segnato l’ascesa di una nuova generazione», che ora guarda verso la Russia, in attesa delle prossima grande protesta di piazza prevista per il 24 dicembre. All’appuntamento, i manifestanti arriveranno con nella mente le parole che gli ha rivolto uno di loro, il blogger Alexey Navalny, arrestato il 5 dicembre: «È impossibile sconfiggere e arrestare centinaia di migliaia, milioni» di persone, ha scritto da dietro le sbarre rivendicando che «noi non siamo bestiame o schiavi. Noi siamo voci e voti».