Turigliatto, il «finiano di sinistra»: mai pentito di aver affossato il Professore
di Monica Guerzoni
ROMA – Coltiva sempre i pomodori, le melanzane e le sue amate rose inglesi di inizio ‘ 800. Come nei giorni in cui, stufo di «ingoiare rospi» grandi quanto la guerra in Afghanistan, contribuì ad affossare il governo Prodi. Era il 24 gennaio del 2008 e l’ ex senatore trotzkista Franco Turigliatto, 63 anni portati alla grande «grazie all’ attività fisica nell’ orto», non si è pentito. Risponde al telefono dalla sua casa di Rivara in Piemonte, dove è nato il 13 dicembre 1946, e ride di gusto al paragone con i finiani che tengono in pugno la maggioranza: «Se le sorti della democrazia e del movimento operaio sono affidate a Fini… Il livello dello scontro a destra è rivoltante». Quando a Palazzo Chigi c’ era Prodi, Turigliatto aveva nelle sue mani il destino politico del Paese: «Anche quello era un governo debole, perché non ha saputo rispondere alle attese dei lavoratori». Dispensare premonizioni è un suo pallino, un po’ come le rose. Nel marzo del 2007, cacciato dal Prc perché si ostinava a votare secondo coscienza sulle missioni militari, consegnò ai giornalisti una previsione che per metà è diventata storia: «Il governo cadrà e non so se, tra due anni, Rifondazione ci sarà ancora». Il governo Prodi è caduto e il suo ex partito c’ è ancora, mutilato però da una dolorosa scissione. Lui ha fondato Sinistra critica, un movimento che vale lo 0,5 per cento. Abita sempre a Torino e non si è stancato di farsi trovare, ogni venerdì al cambio turno, ai cancelli della Fiat. «Vado a parlare, ad ascoltare, a distribuire volantini – racconta al telefono -. Uno che non accetta questa società si dà da fare perché esploda un altro 68. La lotta di classe può tornare e io non perdo la speranza, perché la storia ha spesso mostrato cambiamenti improvvisi. Solo un movimento di massa può battere la destra e non è escluso che anche i qualunquisti prendano coscienza». Dopo una vita da precario, nel 2005 ha firmato il suo primo contratto al consiglio regionale del Piemonte, dove si guadagna il pane come funzionario del settore Studi e documentazione. Sul suo tavolo sono passate le Finanziarie degli ultimi due anni, dossier sul federalismo fiscale e su quello demaniale. «Tremonti? – ride amaro Turigliatto -. La sua politica è filopadronale, disastrosa, un’ aggressione sociale al mondo del lavoro». Le cronache ricordano una memorabile uscita di scena dal salotto tv di Porta a Porta, con Bruno Vespa viola in viso che gli gridava «senatore, questa sceneggiata non le fa onore!». E lui che, in punta dei piedi, lasciava lo studio in diretta, perché sulla poltroncina bianca si era accomodato Roberto Fiore, il leader della neofascista Forza nuova. A colpi di voti contro Prodi era diventato una celebrità. Insulti ne ha ricevuti tanti, ma anche complimenti. E ancora oggi, racconta, qualcuno lo riconosce e si ferma a dirgliene quattro, oppure a stringergli la mano: «Se ho retto agli attacchi è perché familiari e amici hanno capito e mi hanno sostenuto». E ora che è tornato nell’ ombra, il bolscevico «mite» non rinnega i suoi giorni da parlamentare: «Un’ esperienza importante. Sono stato coerente e mi sento a posto con la coscienza e con la politica».