Un nuovo C.I.E. a Verona
Ormai si attende solo l’annuncio ufficiale, ma il fatto che a Verona sorgerà un Centro di Identificazione ed espulsione per migranti è una certezza. Le indiscrezioni che trapelano parlano di una struttura grande, in grado di rinchiudere 350 persone, che verrà situata in uno dei numerosi edifici dismessi dal Ministero della Difesa. Costo di mantenimento per ogni detenuto, circa 60 euro al giorno.
Il luogo esatto in cui verrà costruirà la struttura non è stato ancora definito. Le voci che si rincorrono lasciano però intendere che grazie alla “dedizione” di Tosi, il Comune di Verona ha superato la concorrenza di altri Comuni della provincia e che il CIE nascerà in un quartiere periferico della città.
Del resto, dal sindaco Tosi (condannato per propaganda razzista) al neopresidente della regione Luca Zaia, tutta la Lega vuole fortemente esibirsi in un ennesimo atto di razzismo istituzionale e la realizzazione di un CIE in territorio veronese sembra essere diventata una tappa imprescindibile, a costo anche di creare malumori e tensioni all’interno della stessa amministrazione comunale. Come accusano senza mezzi termini ben otto assessori del PdL, la Lega che raccoglie i maggiori consensi in provincia si trova infatti a dover “tranquillizzare la sua base in fibrillazione” e quindi a puntare sulla città dove però è il PdL a dover tutelare i suoi elettori. Certamente entrambi i partiti concordano sulla necessità che “ogni regione si doti di un CIE”.
A fronte della drammatica lesione dei diritti e della dignità dei migranti che tale struttura rappresenta, risulta sconcertante la presa di posizione del Partito Democratico, impegnato con i suoi amministratori del nord Italia (con Parma e Padova in testa), in quell’abbraccio mortale con la Lega chiamato “patto per la sicurezza”. La contrarietà del PD, per bocca del suo segretario provinciale, si è infatti espressa a partire dal disagio che il CIE arrecherebbe ai cittadini, dai problemi di sicurezza che esso creerebbe e dalla svalutazione immobiliare che si registrerebbe nelle zone adiacenti, senza dimenticare il fatto che “tra gli ospiti dei Cie, solo un terzo viene espulso. Gli altri, dopo 6 mesi escono e la gran parte si stabilisce in zona”.
Le notizie che saltuariamente escono da questi centri di detenzione raccontano le violenze, gli abusi, gli atti di autolesionismo che certamente sono indegni di uno stato di diritto. E così, mentre la Federazione Sinistra non rinuncia a richiamare “i problemi di ordine pubblico” e la “devastazione” ulteriore che subirebbe il territorio, Sinistra Critica e Attac in una nota congiunta si chiedono provocatoriamente chi gestirà queste “prigioni etniche”, se qualche pia opera cattolica o qualche cooperativa rossa e propongono che le risorse che verranno spese per la costruzione ed il mantenimento del CIE, vengano impiegate per estendere gli ammortizzatori sociali e per evitare la chiusura delle aziende in crisi.
Di nuovo a Verona emerge la necessità di un forte impegno antirazzista e il movimento cittadino inizia ad organizzarsi.