Venezuela, chi ha vinto le elezioni?
Primo dato di fatto: il processo bolivariano ha una maggioranza in parlamento. Insufficiente a far passare altre modifiche alla Costituzione, certo, ma non è detto che questo rappresenti davvero un male. La Costituzione attuale è stata voluta dallo stesso Chávez, e da lui emendata. Cambiarla ancora a colpi di maggioranza poteva accrescere inutilmente le tensioni in un paese che, comunque, risulta sostanzialmente diviso in due parti quasi eguali.
Avevo segnalato da tempo analisi e opinioni che esprimevano timori per una possibile sconfitta elettorale del Psuv e quindi – di riflesso – dello stesso Hugo Chávez. La situazione era preoccupante, per un’inflazione senza paragone in questa fase nel continente, una forte criminalità, una corruzione diffusa anche ai vertici del partito di governo, ecc. Inoltre si era sempre verificato uno scarto netto tra le percentuali relativamente alte di votanti riscontrate nelle elezioni presidenziali (quando c’era di fatto un referendum su un leader indubbiamente amato) e quelle molto basse di quando si doveva scegliere tra i suoi uomini, molti dei quali fortemente contestati dalla base. Per questo può apparire sorprendente che nonostante tutti questi problemi, ci sia stata una conferma per la “rivoluzione bolivariana”.
Ma tutti i problemi restano e non si può sottovalutare che il risultato in seggi è il frutto di un meccanismo elettorale abbastanza complicato e discutibile, che è stato ulteriormente “ritoccato” alla vigilia delle elezioni modificando diversi collegi. Il risultato in voti, infatti, dà alla coalizione chavista 5.259.998 voti con 97 seggi, mentre la eterogenea coalizione Unidad Nacional ha riportato 5.448.864 con soli 65 seggi.
Inoltre il Ppt (Patria Para Todos) che faceva parte in origine della coalizione chavista ed è passato all’opposizione soprattutto perché non accettava l’imposizione del Psuv come partito unico della rivoluzione, ma non ha aderito a Un, ha avuto 320.260 voti e 3 seggi, non pochi in una situazione di fortissima polarizzazione.
La legge elettorale che combina collegi uninominali e rappresentanza paritetica delle regioni, e assegna lo stesso numero di seggi a quelle fortemente popolate (già passate in parte alle opposizioni nelle elezioni precedenti) e a quelle più povere e meno abitate, decisamente chaviste, non è stata inventata da Chávez , e non è certo un’esclusiva della cosiddetta “dittatura chavista”, dato che modifiche “tattiche” ai collegi sono abituali in tutte le democrazie parlamentari, a partire dalla Gran Bretagna (lasciamo perdere, per carità di patria; la legge “porcata” italiana…).
L’importante è non dimenticare che la maggioranza dei seggi non corrisponde a una maggioranza della popolazione, e quindi impone di non cedere a un inopportuno trionfalismo, o a liquidare qualsiasi dissenso come escualido, ponendosi invece il problema di recuperare almeno in parte i settori passati recentemente dal sostegno al bolivarismo all’opposizione.
È necessario tanto più perché l’opposizione è stata tenuta insieme solo da un rifiuto del chavismo, e avrà enormi difficoltà a trovare un programma e un candidato unico per le elezioni presidenziali del 2013. Una delle aspiranti a questo ruolo è la pessima Maria Corina Machado, che era stata a fianco di Pedro Carmona durante il golpe del 2002, è portavoce della associazione Súmate (considerata legata alla CIA), nonché consigliera di amministrazione nella grande impresa metallurgica di proprietà del padre, Vivenza. Questa volta è stata eletta con 230.000 preferenze, più o meno quanto ne esprimono due intere province amazzoniche, e ha subito detto di essere contenta per aver sventato il pericolo di una nuova Cuba. La pretesa di Maria Corina Machado di rappresentare l’intera coalizione di opposizione metterebbe a dura prova i transfughi del bolivarismo con cui è stata possibile una sia pur incoerente alleanza basata su una divisione dei seggi in questa scadenza.
Sono molti i dati su cui il Psuv deve riflettere: a partire dagli insuccessi di alcuni suoi esponenti di rilievo, come la presidente dell’Assemblea Nazionale Cilia Flores, che nella capitale ha perso la sfida con il giovane dirigente studentesco Stalin González ottenendo 484.103 voti contro i 484.844 dell’avversario. Ne riparleremo quando avremo più dati dettagliati con il numero di voti per tutto il territorio, e quando sarà più chiaro anche il dibattito aperto nel Psuv sui risultati.