Vuoi vedere che avevamo ragione noi?
Vuoi vedere che a a furia di morti si rendono conto che la missione in Afghanistan è un suicidio e che con un cinismo ineguagliabile mettono in agenda il ritiro? Dopo il cordoglio di prammatica – passano le giornate appresso ai dossier del Giornale, alle case di Montecarlo, ad affari e interessi privati e poi, quando i militari ci lasciano le penne scoprono “l’amore per la patria” e l’orgoglio nazionale – dalla politica arrivano segnali di ripensamento sulla missione militare.
«Siamo assolutamente impegnati affinché‚ a partire dal prossimo Vertice Nato a Lisbona, a novembre, si possa definire la nuova fase di transizione della strategia internazionale in Afghanistan – ha commentato il ministro degli Esteri, Franco Frattini – e venga accelerata, provincia per provincia, l’assunzione delle responsabilità di sicurezza e controllo del territorio da parte dalle forze afgane». «L’attentato contro i militari italian – ha aggiunto – è un altro esempio dell’ altissimo costo umano che siamo costretti a pagare per una missione fondamentale per la nostra sicurezza nazionale».
Il segretario del Partito democratico Pierluigi Bersani ha sottolineato invece che «è ora che l’Italia chieda una vera puntualizzazione della strategia. Bisogna vedere quali sono le prospettive reali in una situazione del genere, una situazione sul campo molto difficile e dalle prospettive incerte». «Bisogna riflettere assieme con gli alleati – ha continuato – su cosa voglia dire questa famosa nuova fase, essendo chiaro che non si può agire fuori dal contesto delle alleanze».
Il presidente del gruppo dell’Idv al Senato, Felice Belisario, è tornato invece a parlare dell’esigenza di una exit strategy: «In questi particolari momenti – ha detto – , senza alcuna ipocrisia, esprimo tutta la mia rabbia per le giovani vite spezzate dalla mancanza di iniziativa internazionale del nostro governo che, nonostante le richieste e le pressioni dell’Idv, non si è attivato per prevedere una strategia d’uscita da quegli scenari che sono di guerra. Al ministro degli Esteri e a quello della Difesa voglio rivolgere solo una domanda: chi e cosa difendiamo in Afghanistan se nel Paese sono in corso trattative tra governo e talebani?». Un riferimento alle rivelazioni del Washington Post secondo cui il presidente afghano Karzai avrebbe avviato un confronto con i leader della guerriglia.
Per interpretare meglio queste voci può essere utile leggere questo articolo del Corriere.it in cui si dice che «il cambio della guardia al Consiglio di sicurezza nazionale della Casa bianca annunciato ieri dal presidente Obama – Tom Donilon, un pilastro del Partito democratico, sostituisce Jim Jones, un eroe del Pentagono – segna una svolta cruciale nella politica afgana degli Stati Uniti. Sancisce infatti la vittoria dei civili, le colombe, sui militari, i falchi, nel braccio di ferro sulla guerra dell’Afghanistan. E apre a Obama la strada del «disimpegno con onore».
Abbiamo proposto il ritiro dall’Afghanistan fin da quando è stata avviata la folle, e imperiale, missione Enduring Freedom. Su questo punto si è rotta un’idea della sinistra in Italia e si sono lastricate le strade di morti. Ognuno può fare i suoi bilanci. Forse si potrebbe anche pensare di tornare a manifestare per il ritiro delle truppe italiane e per una nuova politica di pace.