Descrizione
Le discussioni sul “politicamente corretto”, le “guerre culturali” e le “politiche delle identità” polarizzano il dibattito da una sponda all’altra dell’Atlantico. Il giovane filosofo afroamericano Táíwò, attingendo dalla tradizione del pensiero anticoloniale, mostra però quanto il concetto di identity politics oggi in voga sia molto distante da quello, unificante e non escludente, introdotto negli anni Settanta dal Collettivo femminista nero Combahee River.
Causa di questa degenerazione, per Táíwò, non è l’attivismo antirazzista di oggi ma le élite liberali dominanti. Con rigore filosofico e chiarezza politica spiega infatti come quel concetto sia divenuto preda della «cattura delle élite», che – come per altri contenuti politici radicali – spogliano le identità del loro potenziale di liberazione per utilizzarle a proprio vantaggio.
Di recente le identity politics sembrano rafforzare più che frenare la cattura delle élite, ma uscire dalla trappola è più complicato di quanto si possa pensare. Le élite usano infatti gli incentivi tipici delle società capitaliste, premiano i discorsi che permettono di individualizzare i problemi collettivi e cooptano alcuni selezionati “rappresentanti” delle soggettività oppresse per pacificare i movimenti, ribrandizzando le istituzioni esistenti senza modificare concretamente la società. Solo quando la cooptazione fallisce torna la repressione.
Serve allora una politica “costruttiva”, che non si accontenti di promuovere principi puramente morali o estetici. Ma occorre soprattutto capire come funziona la cattura per riconoscerla in tempo, e avere più possibilità di spezzare l’incantesimo dietro cui si celano le strutture materiali dell’oppressione.
«Táíwò è un pensatore vulcanico. Non si limita a denunciare il “pensiero magico” attraverso cui i potenti ci manipolano, ma mette in guardia tutti noi da questo stesso rischio. La cattura delle élite, del resto, consiste nel trasformare l’oppressione e la sua cura in una merce di scambio neoliberale in cui le identità diventano l’ultima moneta del capitalismo piuttosto che il terreno per una trasformazione rivoluzionaria».
Robin D. G. Kelley
«Con grande slancio morale e una prosa brillante, questo libro mostra come costruire la forza necessaria per vincere».
Naomi Klein
«Un libro che offre nuovi importanti modi di pensare alla politica in un mondo sempre più dominato dagli ultra-ricchi».
Amitav Ghosh