Massimo Solani sull'”Unità”
“Questo mondo non è capace di fare pulizia al suo interno”
Di Massimo Solani (Dall’Unità del 13/06/2012)
«SONOPASSATISEIANNIDALLAVICENDAEINMEZZOCI SONO DUE SENTENZE PENALI. Probabilmente questo è proprio il momento migliore per tornare a parlare di Calciopoli e per rimettere insieme i pezzi di quella vicenda. Ripartendo dai fatti. Una operazione opportuna, a mio avviso, in un Paese che dimentica in fretta e metabolizza tutto». Giuseppe Narducci oggi
è assessore alla Sicurezza del Comune di Napoli ma nella vita precedente, con la toga addosso, è stato protagonista dell’inchiesta Calciopoli che ha portato alla condanna a 5 anni e 4 mesi di carcere per «associazione a delinquere» di Luciano Moggi e a quelle a carico degli ex designatori Bergamo (3 anni e 8 mesi) e Pairetto (1 anni e 4 mesi) e dell’arbitro De Santis (1 anno e 11 mesi).
Il suo libro esce proprio all’indomani del tricolore juventino, della polemica sui 28-30 scudetti e in pieno scandalo calcioscommesse. «Una coincidenza è sintomatica del fatto che il calcio non riesce a liberarsi dei propri mali e a fare i
conti con i suoi difetti strutturali», commenta amaramente. Sim card segrete, omertà, accordi fra società,
dalle carte dell’inchiesta cremonese saltano fuori dettagli che somigliano a un déjàvu della vicenda Calciopoli. È come se il calcio non fosse proprio in grado di imparare dai propri errori. Ma è un problema del calcio o dell’Italia? «Il calcio è una parte di questa società, della sua economia e dei suoi costumi – prosegue Narducci – Il problema, ahimé, riguarda impietosamente il Paese, i suoi difetti e i livelli pericolosamente bassi della sua etica individuale e collettiva».
Resta la vicenda di una inchiesta che ha spaccato l’Italia, scomodato la politica e fatto tremare il calcio prima della sbornia mondiale di Germania 2006. E la notorietà improvvisa di un magistrato rimasto senza nome dopo anni in prima linea nella lotta alla Camorra. Un preoccupante ribaltamento di valori, si direbbe. «In un certo senso sì, ma è anche
il senso di quanto il calcio sia in cima alla lista dei pensieri e delle preoccupazioni degli italiani – commenta Narducci – È un limite culturale e civile del Paese, con il risultato che finisce per essere qualcosa di completamente diverso da quello che normalmente dovrebbe essere uno sport». E forse è proprio per questo se Calciopoli gli ha procurato insulti, polemiche e fango come nessuna inchiesta prima. «In passato mi sono occupato di vicende rilevanti
e delicatissime, anche sul terreno dei rapporti fra la politica e la criminalità organizzata, eppure non ho mai assistito a un simile scatenarsi di passioni e istinti primordiali come ai tempi dell’inchiesta Calciopoli – ammette – Dobbiamo prendere atto che né la politica, né l’economia o la cultura riescono a smuovere le passioni degli italiani quanto il calcio.
È una storia, forse non sono italiana, fotografata bene dalla famosa frase di Bill Shankly, allenatore del Liverpool: “il calcio non è solo questione di vita o di morte. È qualcosa di più, di molto di più”».