A proposito di Sorci Verdi e Lega Nord
Un collettivo più o meno militante di scrittori. Nomi anche di livello, che si sono ritrovati insieme per scrivere una raccolta di racconti. Contro la Lega Nord. E contro il leghismo inteso come fenomeno non solo politico, ma soprattutto culturale. Giulia Blasi, Annalisa Bruni, Giuseppe Ciarallo, Giovanna Cracco, Alessandra Daniele, Girolamo De Michele, Valerio Evangelisti, Angelo Ferracuti, Fabrizio Lorusso, Davide Malesi, Stefania Nardini, Valeria Parrella, Walter G. Pozzi, Alberto Prunetti, Stefano Tassinari, Massimo Vaggi, Lello Voce sono gli autori di “Sorci Verdi. Storie di ordinario leghismo” (Edizioni Alegre).
Gli scrittori si erano ritrovati insieme quando le amministrazioni del nord-est rette dal Carroccio cercarono di mettere al bando i libri di diversi autori italiani, colpevoli di aver firmato un appello nel quale si chiedeva al governo francese di non revocare il diritto d’asilo a Cesare Battisti. Nacque allora “Scrittori contro il rogo”, all’interno della quale è scaturita l’idea del libro. “Gli eventuali utili di questo lavoro saranno destinati a sostenere la biblioteca del carcere di Padova”, dice l’editore. Valerio Evangelisti, classe 1952, non ha bisogno di presentazioni. Pubblica con Mondadori da una vita, ma non è un problema l’aver preso parte al collettivo.
Perché questo libro “militante”? E quali sono gli aspetti che, a te scrittore, più incuriosiscono e fanno pensare del fenomeno leghista?
Nel mio piccolo, sono anch’io uno scrittore “militante”, pur senza aderire ad aree di partito. La Lega mi incuriosisce quale microfenomeno: pur insignificante, riesce a tenere in ostaggio la politica italiana. Lo deve a comportamenti di tipo leninista. In sé poco significativa, riesce a conquistare potere e ad acquistare consensi grazie a un uso accorto delle leve giuste, sulla base di strategie intelligenti e del forte centralismo interno. Vi si aggiunge una bella dose di spregiudicatezza. E’ il solo partito effettivamente “bolscevico” nato in anni recenti.
“Popolo” era una parola di sinistra, fino a qualche decennio fa. Adesso ha cambiato radicalmente significato e “padrone”. Come si fa a riappropriarci di quella parola senza però dare sfogo alla pancia di una parte del Paese?
Bisognerebbe tornare a parlare di classi sociali. L’idea stessa pare una bestemmia, a sinistra. Il linguaggio è mutato, e “popolo” non vuole dire nulla. Guai, poi, a rievocare termini quali “capitalisti”, “proletariato”, “classe operaia”, “borghesia” ecc. Invece la Lega ha puntato su uno strato sociale preciso – piccola borghesia, parte della media – e in ragione di questa chiarezza ha edificato la sua forza, finché è durata.
La Lega negli ultimi anni era riuscita a sfondare anche nelle regioni rosse. Nel tuo racconto ricordi la frase di D’Alema sul Carroccio “costola della sinistra”. A parte le idealità di fondo completamente diverse, si può dire che la forma partito old-style, ancorato al territorio, sia ancora un modello attuale e vincente per la sinistra di oggi?
Io penso di sì. Non parlerei però di un partito, bensì di un movimento. La Lega è stata un po’ entrambe le cose, con una forte militanza quale raccordo tra le due forme, e un discorso compatto in cui ogni sua componente si riconosceva. Pensiamo invece alle “primarie” care soprattutto al Pd. Sono la negazione stessa sia del partito che del movimento. Io posso andare a votare, da estraneo, per chi reggerà il partito e per chi candiderà alle elezioni, a prescindere dall’esperienza dei militanti e dalla loro ideologia. Non può risultarne che una formazione incerta, divisa, senza punti di riferimento chiari e discussi collettivamente.
Come vedi il futuro della Lega dopo l’attuale e fallimentare esperienza di governo?
Penso che la Lega abbia perduto in parte gli strati sociali di riferimento, duramente penalizzati dalle scelte governative, e anche quelli conquistati grazie alla durezza del linguaggio, e all’indicazione di facili bersagli tipo i meridionali e gli immigrati.
Credo che sia l’inizio di un declino, con approdi sempre più decisamente neofascisti.
Se ti dico “Padania”, tu cosa mi rispondi?
Non rispondo nulla, perché è pura invenzione. Io, che sono nato a Bologna e qui vivo, devo ancora capire dove si collochi la mia città. Secondo i primi teorici leghisti, in Emilia avrebbero dominato i latini, mentre la Romagna sarebbe stata celtica. La storia direbbe il contrario, almeno per Bologna. Ma cosa sanno di storia, quelli della Lega? La cambiano secondo le convenienze. Morto Miglio, la loro intelligenza collettiva si riduce a qualche farmacista o droghiere di paese.