Cambiare si può. No, si poteva
Cari tutti,
scusateci per il ritardo nell’informazione ma i contatti con Antonio Ingroia e con alcuni dei potenziali partner nella costruzione di una lista alternativa per le elezioni del 24 febbraio (Luigi Demagistris e Leoluca Orlando) hanno avuto tempi più lunghi del previsto e si sono conclusi solo questa mattina prima della conferenza stampa di Ingroia. Riferiamo, dunque, in estrema sintesi, all’esito della assemblea torinese che si è chiusa pochi minuti fa.
La verifica si è articolata essenzialmente su tre punti: il programma, l’esplicita alternatività della lista rispetto a quella del centrosinistra, la sua caratterizzazione in termini di visibile discontinuità con il recente passato (e le regole per la sua formazione). Sul primo punto c’è stata convergenza (con l’accettazione da parte di Ingroia dei nostri 10 punti programmatici e la condivisione della necessità di mettere al primo posto le scelte economiche per uscire dalla crisi e il tipo di sviluppo perseguito nel quadro europeo). Anche sulla seconda questione si è raggiunto un punto di equilibrio condiviso, pur nel permanere di diversità di valutazioni tattiche sulla opportunità di mantenere aperto un confronto con il Pd ovvero di chiuderlo (ferma la concorde esclusione di ogni ipotesi di accordo, del resto di evidente impossibilità). Sul terzo punto, invece, le posizioni si sono rivelate profondamente divaricate. La proposta di Ingroia è stata quella di demandare la formazione della lista a un comitato di garanti a partire dalle proposte nominative di tutti i soggetti coinvolti nell’impresa (“Cambiare si può”, Movimento arancione, “Su la testa”, partiti e lo stesso Ingroia). Per altro verso, la candidatura a premier di Ingroia è stata considerata non contendibile dagli altri soggetti interpellati che l’hanno ritenuta il punto fermo intorno a cui costruire la lista. Ogni approfondimento ulteriore è stato interrotto dalla mancata soluzione della questione relativa alla candidabilità dei segretari dei partiti potenzialmente coinvolti nell’impresa (Di Pietro, Diliberto, Ferreo e Bonelli), da noi esclusa in quanto ambigua (per alcuni degli interessati) quanto alla coerenza con il programma (pur a parole accettato) e, in ogni caso, indice di un progetto tutto interno al quadro politico attuale (e alla sua salvaguardia) anziché finalizzato a nuove modalità di partecipazione e di rappresentanza. A fronte di ciò Ingroia ha dichiarato di non essere in grado di assumere impegni, riservandosi un confronto con gli interessati (tutti, peraltro, indisponibili al passo indietro, all’infuori di Ferrero) con successiva ripresa del dialogo con noi e sono state avanzate alcune bizzarre proposte di mediazione come la candidatura dei segretari al secondo posto della lista dopo lo stesso Ingroia, capolista in tutte le circoscrizioni ( sic! ). Questa mattina, Ingroia, esplicitamente interpellato, ha confermato di non poter escludere quelle candidature (e, con esse, quelle delle burocrazie dei partiti).
A voi le valutazioni. A noi non resta che proporvi il quesito da discutere nelle assemblee territoriali e da sottoporre a consultazione telematica, secondo quanto previsto dalla assemblea nazionale del 22 dicembre (ricomprendendo in esso, data l’intervenuta modifica della situazione, quello sulla cosiddetta “contendibilità” della candidatura a premier proposto in tale assemblea da Daniele Pigoli ed altri).
Ritieni che, nella mutata situazione di fatto rispetto all’assemblea del 22 dicembre, si possa proseguire nell’iter di formazione di una lista comune , avente come candidato premier non contendibile Antonio Ingroia (che ha dichiarato la disponibilità ad accogliere nel programma i nostri dieci punti irrinunciabili), con attribuzione a un comitato di garanti della formazione delle liste, nelle quali è comunque previsto l’inserimento dei segretari politici di IDV, Comunisti italiani, Verdi e Rifondazione comunista?
SI NO
Livio, Marco e Chiara
Marco Revelli: “La rete ‘Cambiare si può’ delusa da Antonio Ingroia, di nuovo candidati i leader di partito. Potremmo rompere”
“La sensazione è che anche questa sia stata un’occasione perduta… Anche per i quattro segretari di partito sarebbe stata un’occasione buona di recupero della stima sociale, se solo avessero fatto il passo indietro che chiedevamo. Invece hanno risposto con arroganza…”.
Il polo di Antonio Ingroia nasce accompagnato da quella che Marco Revelli definisce “forte delusione”. Insieme a Luciano Gallino, al magistrato Livio Pepino, Chiara Sasso e tanti altri nomi della società civile, Revelli è promotore della rete ‘Cambiare si può’, il cuore sociale pulsante del polo guidato da Ingroia alle prossime elezioni. Ebbene, nel giorno dell’annuncio ufficiale della candidatura dell’ex pm antimafia, ‘Cambiare si può’ è in agitazione. Avevano chiesto che i segretari dei quattro partitini dell’alleanza – Di Pietro per l’Idv, Ferrero per il Prc, Diliberto per il Pdci, Bonelli per i Verdi – non si ricandidassero al Parlamento. “Per dare un segno di cambiamento, riavvicinare la gente alla politica, alla sinistra…”, dice Revelli. Ma lui e i suoi hanno perso. Ieri, con rammarico, lo stesso Ingroia ha loro confermato che i ‘quattro dell’apocalisse’ (come scherzosamente vengono chiamati nelle discussioni interne) non sono disposti al passo indietro. Rabbia e delusione.
Non mollano.
Devo dire che solo Ferrero aveva il mandato del partito a compiere il passo indietro qualora l’avessero fatto gli altri.
Ma questo non è avvenuto.
Assolutamente no. Noi avevamo chiesto un netto segno discontinuità rispetto alle esperienze della sinistra politica, dei partitini della sinistra negli ultimi anni, come condizione per poter riconquistare la fiducia di quella parte di elettorato che sappiamo ampia e che è disgustata dal modo di fare politica dei partiti, dalle modalità di scelta dei candidati, una situazione aggravata dal Porcellum.
Per non rifare la Sinistra arcobaleno, insomma, che nel 2008 non superò la soglia per entrare in Parlamento.
Sì. Abbiamo detto no alle candidature calate dall’alto, no alla scelta di mettere in posizioni di eleggibilità i segretari dei partiti. Su questo il confronto si è arenato perché Ingroia ci ha detto che c’è una resistenza dei segretari a fare il passo indietro, che il passo indietro annunciato all’iniziativa al Capranica riguardava i simboli e non le persone e che la società in prima fila e la politica in seconda non escludeva un posizionamento dei leader di partito in lista e per una certa elezione.
Dunque, ora i quattro saranno secondi al capolista Ingroia in regioni dove è più possibile che vengano eletti. E ora?
Abbiamo detto a Ingroia che avremmo interpellato gli aderenti a ‘Cambiare si può’, sottoponendo ogni decisione al voto. Entro il 31, con il voto telematico, prenderemo una decisione a maggioranza. Abbiamo spedito ai 13.500 aderenti una mail con il resoconto dell’incontro di ieri, due giorni per riflettere e votare ma mi sembra molto difficile che passi perché avere i capi in lista contraddice le esigenze di metodo che abbiamo posto in tutte le nostre affollate assemblee: quella con Ingroia il primo dicembre a Roma e poi il 22 e quelle di metà dicembre in tutt’Italia. Partecipazione: 15mila persone.
Cosa fa più male?
Volevamo la rottura di quell’invadenza, dell’arroganza degli apparati di partito. E’ un elemento che allontana la gente dalla politica, se vogliamo riconciliare, dobbiamo rompere questo stile. Ciò non è avvenuto, per questo aspettiamo l’esito del voto. Alla fine può essere anche che la lista prenda voti comunque, Ingroia ha citato candidature del sociale, da Gabriella Stramaccioni di Libera a Flavio Lotti della Tavola della Pace. Ma temo resti quella macchia: la candidatura dei segretari di quattro piccoli partiti che altrimenti non ce l’avrebbero fatta a entrare in Parlamento e che quindi ci si fanno portare. Cambiare forse si può, ma è un processo lungo.
Report di Chiara Sasso dell’incontro della delegazione di Cambiare si può con Ingroia
L’hotel Nazionale a due passi da Montecitorio ha davanti all’ingresso un gruppetto di persone vestite di scuro, tutti uomini, che parlano a voce bassa fra loro, sembrano in attesa, vegliano compiti, come se ci fosse da qualche parte un morto. E forse c’è.
L’hotel Nazionale ha dei bellissimi bagni puliti e accoglienti e questo è sicuramente un pregio per chi si trova viandante. Poi ha delle stanze adibite ad “incontri” ma per trovarle bisogna scendere le scale e scendere scendere finché il fuori diventa davvero lontano e la stanza/cantina si presenta senza finestra con un odore di stantio forte, un tavolo con sopra degli avanzi di un precedente incontro, l’aria è gravida di parole precedenti e abbastanza insopportabile. Posaceneri bicchieri. Leonluca Orlando si mette a sparecchiare e invece di apparire un gesto normale chissà perché ha del grottesco. Ci sediamo e già mi sento seduta in punta alla sedia. C’è qualche cosa di anormale in quel posto, forse l’aria viziata, la tappezzeria chissà? Sono lì con i miei due compagni di merende, tutti e due arrivano dalla provincia Granda da Cuneo e con me che arrivo dalla valsusa siamo abbastanza fuoriposto. Anche nei vestiti, mi sembra, nel modo di stare a quel tavolo. Non capisco se è un disagio o una forza. Ingroia comincia a parlare, parla parla di cose talmente ovvie che mi chiedo dove sta il trucco. Aspetto, come dal dentista, che arrivi il momento del trapano, perché è chiaro che deve arrivare. Percepisco comunque che la vicenda è già ben avanti, anche il simbolo c’è e verrà depositato. Penso al “nostro” che non abbiamo ancora votato ma che mi piace tanto: cancelletto. Percepisco che ci sono altre cose che non quadrano. Poi finalmente viene fuori: il famoso passo indietro non solo non è stato fatto, ma se l’hanno fatto (i partiti) è stato per prendere la rincorsa e farne due in avanti, azzannati alla gola. Eccolo là. Ingroia che pure non riesce a sembrare una cattiva persona cerca di convincerci che il famoso passo indietro significa…capisco che siamo nella stanza dei sortilegi. Le parole hanno altro significato, tutto ha altro significato e lo spiega bene Leonluca Orlando che si dichiara contro i partiti che sono morti ma proprio per questo sono in grado di far vivere altri morti. E la sua faccia è la più giusta che si potrebbe trovare per interpretare queste storie, una maschera tragica dirà Marco.
Poi parte Livio Pepino e finalmente le parole tornano ad avere un senso, toglie l’anestesia e il trapano comincia a far male, se dobbiamo toglierci sto dente. Poi parlo io (mi ero chiesta se sarei intervenuta), ma in quella situazione o muoio senz’aria oppure devo dirlo quello che ho sullo stomaco. Devo dirlo che sono dei sepolti vivi che sono lontani anni luce dalla gente che che che… Mai come in quel momento mi sento di appartenete ad una storia fatta di montagne, di provincia. Mi sento perfino un po’ grezza, ruvida, ma se perdo lo slancio ho paura che mi acchiappano e mi avvolgono nelle loro non parole- nei loro mancati significati, nelle loro paraculate analisi: Ma di cosa stiamo parlando? Poi parla Marco e affonda anche lui il coltello, senza sosta, senza pietà. E poi ancora Livio e poi ancora io e poi ancora Marco. Ingroia si toglie la giacca, suda, sbianca. E’ chiaro che non se lo aspettava. Non sa che pesci pigliare cerca di convincerci che i due passi indietro in realtà significavano…Ma siamo irremovibili, fieri di essere così irremovibili, di fatto gli abbiamo girato il tavolo. Siamo i –garanti- di un mare di rompicoglioni che abbiamo lasciato a casa in molte case di molte province e ormai sono nostri parenti, appunto insopportabili. Non si arretra di un solo passo anzi, si aumenta la dose perché nella mattinata abbiamo portato a casa un bel bottino gli amici di “Su la testa” e adesso abbiamo anche loro insieme. Il resto della storia è tutta da scrivere. Dovevamo rivederci e avere una risposta nel pomeriggio, ma si chiudono dentro, nella stanza senza finestre per decidere sul cosa fare. Intanto non c’è stato neppure il tempo di sentire il contraccolpo che cominciamo a fantasticare….a sentirci stranamente –leggeri- forse niente succede per caso. Forse abbiamo scampato un bel pericolo. Siamo scesi nell’oltretomba per renderci conto che siamo vivi. È una soddisfazione
Chiara Sasso sabato 29 Dicembre 2012
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