Concatenamenti
«Tutta la sua vita è stata un concatenamento» scriveva Wu Ming 1 nel numero della rivista Letteraria interamente dedicato a Stefano subito dopo la sua morte.
Il nostro concatenamento è avvenuto alla fine di un’assemblea in cui si organizzava la battaglia politica interna contro la deriva governista di Rifondazione comunista che, temevamo, dopo l’entrata nel secondo governo Prodi e il voto al rifinanziamento della guerra in Afghanistan, avrebbe spinto la sinistra fino alla sua stessa scomparsa. Sono passati quindici anni da quell’incontro e dieci dalla morte di Stefano. Ciò che temevamo quindici anni fa oggi è la realtà di un paese senza sinistra.
Allora noi avevamo da pochi anni fondato Edizioni Alegre seguendo, sulla scia del movimento dei Social forum, l’esigenza di trasformare le sconfitte del Novecento in possibilità per il futuro e di rinnovare non solo le pratiche sociali ma anche le analisi e i linguaggi della politica. Il vocabolario del movimento operaio perdeva infatti sempre più velocemente forza e credibilità e i concetti marxiani rischiavano di essere aggirati con semplici giochi di parole.
Stefano era già uno scrittore conosciuto, pubblicato da un editore importante, con esperienza accumulata nell’organizzazione culturale militante, e legami con autrici e autori affermati. Con il suo stile incalzante e sempre concreto, ci fece un sacco di domande su come funzionava Alegre, quanti titoli l’anno pubblicava, chi prumuoveva e distribuiva la casa editrice, quanti e quali rapporti avevamo con librerie indipendenti e militanti.
Condividevamo l’idea che tra i «mezzi necessari» alla battaglia politica ci fosse, più urgente che mai, l’intervento culturale. «Però – sottolineava – si deve andare oltre la sola produzione saggistica». Per sfuggire all’incantesimo liberale serve un’efficace analisi della realtà ma anche un nuovo immaginario in grado di reincantare il mondo.
«Facciamo finta – gli chiedemmo – di poter pubblicare per la prima volta qualsiasi libro già uscito nel nostro paese: se dovessi aprire oggi una casa editrice quale sarebbe il primo testo che faresti uscire?».
«Vogliamo tutto di Nanni Balestrini», rispose secco. «Ciò che serve è la letteratura sociale».
Iniziò così la nostra riflessione e sperimentazione, mai esaurita, su cosa sia la letteratura sociale. Sociale perché affronta temi sociali, perché è strumento di battaglia politica di classe, perché si pone l’obiettivo di costruire esperienze collettive, di cooperazione, e non si adagia sull’individualità di chi scrive. «Dovresti scrivere una Storia della letteratura sociale», gli proponemmo. L’idea gli piaceva ma il tempo era poco e tante le iniziative culturali da mettere in pratica.
La discussione sfociò nella proposta di Stefano di fare una rivista in cui discutere di politica attraverso il confronto intorno alla letteratura sociale. In fondo è ciò a cui ambisce qualunque vero intellettuale militante: una rivista, un luogo di elaborazione collettiva che sia anche strumento di iniziativa politico-culturale.
La rivista Letteraria nacque un anno e mezzo dopo e fu l’esperienza in cui Stefano mise insieme gran parte dei concatenamenti politico-intellettuali costruiti nella sua vita. Esserne gli editori e allo stesso tempo parte attiva del collettivo redazionale ci ha messo in relazione tra gli altri e altre con Wu Ming 1, Pino Cacucci, Bruno Arpaia, Maria Rosa Cutrufelli, Angelo Ferracuti, Carlo Lucarelli, Milena Magnani, Giuseppe Ciarallo, Massimo Vaggi, Wolf Bukowski e Alberto Prunetti.
Dopo la rivista pensammo di dar vita anche a una collana di libri di letteratura sociale, che decidemmo di chiamare «Scritture resistenti». A inaugurare la collana fu la sua raccolta di racconti D’altri tempi, a cui seguirono altre due raccolte collettive animate da Stefano: Sorci verdi, che legò insieme dopo una mobilitazione comune una serie di autori italiani messi al bando dalle biblioteche di alcune amministrazioni leghiste; e Lavoro Vivo, pensato e prodotto in stretta collaborazione con i metalmeccanici della Fiom e poi presentato in tanti luoghi di lavoro.
Dalle nostre discussioni con Stefano nacque anche l’idea dei Festival di letteratura sociale, di cui lui fece in tempo solo a organizzare il primo, nel 2011 a Caldarola nelle sue amate Marche. Da allora non abbiamo più smesso: i nostri festival hanno girato più città e cambiato nome da «Letteraria» a «Contrattacco», ma sempre con la formula pensata insieme a Stefano: degli spazi in cui concatenare riflessioni e immaginario, chi scrive e chi fa militanza politica, suoni e parole, letteratura e società.
Molti di coloro che abbiamo conosciuto con l’esperienza di Letteraria sono diventati nostri autori e autrici; alcuni e alcune di loro sono protagonisti anche della rivista Jacobin Italia; insieme a Wu Ming 1 abbiamo dato vita alla collana Quinto Tipo, per ibridare narrativa e saggistica; con Alberto Prunetti abbiamo ideato la collana di narrativa working class, con l’obiettivo di far raccontare il sociale ai protagonisti stessi.
Gran parte del nostro percorso di produzione e battaglia politico-culturale è una libera evoluzione del concatenamento in cui Stefano ci aveva inserito. Nel paese senza sinistra in cui viviamo oggi è più urgente di dieci anni fa la ricerca di analisi e linguaggi per raccontare e immaginare il conflitto e la solidarietà. Il bisogno di risignificare le parole dell’emancipazione, togliendole dalle mani degli ipocriti che le sbandierano per farne strumenti in grado di ritracciare il campo di battaglia.
Siamo sempre alla ricerca del nostro Vogliamo tutto, ma ci piace pensare che Stefano sarebbe stato oggi orgoglioso di vederci diventare gli editori italiani di Angela Davis così come di pubblicare il libro del Collettivo di fabbrica della Gkn: Insorgiamo.
* Questo testo fa parte del libro “Nel filo del ricordo, La militanza politica, il lavoro culturale, le passioni di Stefano Tassinari raccontate dai compagni di strada” che uscirà nelle prossime settimane per Red Star Press.