Gli imprenditori festeggiano il nuovo presidente “tupamaro”
In Uruguay l’ex guerrigliero tupamaro “Pepe” Mujica è diventato presidente, ma la borghesia non sembra molto preoccupata… Il vento cambia in America Latina non solo per i successi della destra e dei moderati in Cile, Honduras, Panama e Costarica, ma anche per l’ulteriore ammorbidimento di una parte della sinistra.
Il futuro presidente dell’Uruguay José Pepe Mujica (eletto il 29 novembre, ma entrerà in carica solo il 1°marzo) sembra decisamente bene accolto dagli imprenditori locali e stranieri. Forse per le garanzie che offre il suo vicepresidente Danilo Astori, che è stato responsabile della politica economica liberista del governo di Frente Amplio dal 2005 a oggi, e che è considerato l’uomo di fiducia del Banco Mondiale e del BID (Banco Interamericano de Desarrollo). Astori era stato sconfitto da Mujica nelle primarie di giugno, ma i due avevano stabilito subito un accordo di collaborazione che assicura una assoluta continuità con il precedente governo di Tabaré Vázquez, che nello scacchiere latinoamericano si collocava decisamente vicino ai governi del Cile e del Brasile.
Durante la campagna elettorale qualche dichiarazione imprudente di Mujica raccolta in un libro “Pepe Coloquios” curato da un giornalista, aveva suscitato una dura reazione del presidente in carica, che pure aveva avuto modo di conoscere bene l’ex tupamaro, che aveva rivestito l’incarico di ministro dell’agricoltura. Mujica si era impegnato a essere più cauto con le parole, e ha mantenuto l’impegno. D’altra parte le parole erano solo charlas, commenti poco diplomatici su paesi vicini, a partire dall’Argentina, non certo un programma rivoluzionario. Quanto ai fatti, aveva già dimostrato di non essere più un estremista, da quando era approdato a una carica ministeriale …
A meno di un mese dall’assunzione della presidenza, il 10 febbraio Mujica ha partecipato a un incontro-cena con imprenditori uruguayani e latinoamericani, organizzato nell’hotel Conrad-Hilton nella famosa località balneare di Punta del Este, preventivamente ripulita da mendicanti e immigrati in cerca di lavoro. I promotori erano la Camera di Commercio Argentino-uruguaya, l’Unione degli esportatori e altre organizzazioni padronali. Tra i 1480 invitati, oltre a nutrite rappresentanze brasiliane e statunitensi, tutti gli esponenti politici dei partiti che hanno governato (male) l’Uruguay prima dell’emergere della coalizione di Frente Amplio.
La maggior parte dei partecipanti hanno salutato l’evento come un segnale rassicurante: ad esempio Juan Carlos López Mena, il proprietario della catena di trasporti Buquebus, ha assicurato che dopo questo incontro si delinea un clima molto più favorevole che in passato per gli affari e per gli investimenti.
E in effetti Mujica non ha deluso i partecipanti al festoso banchetto, rassicurandoli che sarà il garante della stabilità politico-istituzionale, della prevedibilità economica, del rispetto delle “regole del gioco” del mercato e di un clima favorevole agli investimenti. Non ci saranno espropriazioni né imposte sugli investimenti, e al contrario saranno assicurati sgravi fiscali e incentivi per nuove attività.
L’ex guerrigliero rivestito con i panni del capo di Stato è apparso convincente, tanto che molti l’hanno paragonato a Lula. È piaciuto il suo richiamo alla sicurezza raggiunta dal paese grazie all’inserimento nel governo degli ex rivoluzionari (“oggi anche i ministri possono circolare senza scorta”), e soprattutto l’affermazione che i numerosi problemi del paese possono essere risolti grazie all’impegno comune: “Abbiamo bisogno di un clima che incoraggi gli investimenti”, ha detto. “Storicamente l’Uruguay è stato un disastro, preferivamo portare la moneta all’estero, metterla in qualche banca, invece di investirla qui. Oggi dobbiamo mobilitare tutte le forze nazionali, tutti devono collocare le loro risorse qua, con la garanzia che non te le esproprieranno, né ti piegheranno la schiena sotto un carico di tasse”. E tra gli applausi scroscianti ha concluso ancor più nettamente: “Abbiamo bisogno di aziende che prosperino, e che possano produrre ricchezza. Altrimenti restiamo solo con i sogni e con l’utopia”.
Inoltre ha ripetuto le banalità liberiste sul ruolo dello Stato, che non deve porre ostacoli alla crescita della ricchezza “se no, uccidiamo la gallina dalle uova d’oro”, e deve soprattutto limitarsi a creare infrastrutture: ad esempio lo Stato deve costruire i binari e poi… “appariranno i treni”, ovviamente con i capitali privati. Più che Lula, sembrava il suo predecessore Tabaré Vázquez, che aveva come slogan “più mercato e uno Stato migliore”. Una truffa: il risultato di cinque anni di governo del Frente Amplio, tra le felicitazioni degli organismi finanziari internazionali, è stata la crescita esplosiva del modello agroesportatore di carne, soja e legname, che ha fatto crescere il PIL da 25 miliardi a 32 miliardi di dollari, ma pessimamente distribuiti: i salariati ricevono oggi il 20% del reddito nazionale mentre dieci anni fa ricevevano il 30%, e sia pure in proporzione minore anche i pensionati sono arretrati dall’10% all’8%.
Non è mai andata così bene ai ricchi come ora, ha ammesso Eduardo Bonomi, braccio destro del nuovo presidente. E ancora più concreto è stato Danilo Astori, che ha al suo attivo la politica economica del governo ancora in carica, e ha garantito che in questo secondo mandato si cercherà “un equilibrio tra continuità e cambiamento”, che l’economia sarà “sempre più aperta al mondo”, che si aumenteranno gli incentivi, mentre la stabilità sociale sarà assicurata dalla concertazione tra corporazioni padronali e direzioni sindacali responsabili. Esattamente come è stato finora, ha commentato Ernesto Herrera.
Naturalmente il presidente di Petrobras in Uruguay, Irani Varela, era entusiasta: il discorso di Mujica è stato “quello che ogni imprenditore voleva ascoltare”, un discorso “moderno, sobrio, che punta sul futuro” e che “riconosce che gli imprenditori sono un motore essenziale per il paese”. Molti altri argentini o uruguayani si sono prodigati in lodi, e uno di essi, il presidente della Confindustria argentina, Héctor Méndez, ha detto addirittura che “se perdessimo le speranze in Argentina, dovremmo proprio venire a vivere in Uruguay”. Eppure in Argentina non sembra proprio che stia trionfando il bolscevismo…
Jorge Zabalza, che è stato un dirigente del Movimiento de Liberación Nacional-Tupamaros, ma non ne ha rinnegato le concezioni, ha osservato che la provenienza di Mujica da un movimento guerrigliero non è stato un ostacolo ma piuttosto una garanzia per il suo successo: per alcuni anni col suo prestigio egli può rappresentare un “ammortizzatore” sociale e politico, in grado di far accettare una politica di ulteriori sacrifici alle masse che l’hanno votato.
L’elezione di Mujica era stata presentata in Italia come una svolta importante in America Latina, che avrebbe portato l’Uruguay tra i paesi di punta della rivoluzione bolivariana, verso il “socialismo del XXI secolo”. Era un errore.
L’Uruguay è un paese piccolo per superficie, popolazione e risorse, e ha conosciuto una spietata dittatura militare che ha lasciato tracce profonde e ha ridotto ai minimi termini la sinistra rimasta tale. Due episodi durante l’ultima fase del governo “di sinistra” di Tabaré Vázquez sono illuminanti: in ottobre è fallito un referendum proposto per abrogare una legge infame che assicurava l’impunità ai militari responsabili di crimini (la cosiddetta Ley de caducidad), e in novembre il presidente uscente ha posto il veto a una moderatissima legge che prevedeva la legalizzazione dell’aborto in alcuni casi. Un presidente di sinistra”!
Quanto all’esercito, da sempre sottratto ad ogni possibile punizione dei tanti crimini compiuti durante la lunga dittatura, va detto che è considerato così affidabile dagli Stati Uniti, che gli è stato concesso il posto di secondo comandante nel corpo di occupazione di Haiti (il primo è riservato al Brasile). Da tempo gran parte dei settori chiave dell’economia dell’Uruguay sono controllati da imprese brasiliane, ora si consolida un rapporto privilegiato tra i due paesi anche sul piano militare. Non c’è da stare tranquilli…